Young-Adult al Cinema: Top e Flop in 10 Titoli

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In principio fu Harry Potter. Il maghetto ha dato il “la”, forte del suo successo letterario, all’assalto dello young-adult al cinema.

Certo, lo young-adult esisteva anche prima, forse è sempre esistito.

Ma con Harry abbiamo assistito ad una rinascita e alla conquista del podio da parte dei film che si rivolgono agli adolescenti, ma sono fruibili anche ai bambini e pure agli adulti.

Un equilibrio precario, quello della narrativa y-a, che non sempre è perfetto sulla pagina né tantomeno lo è sul grande schermo.

Per ogni blockbuster c’è un flop, per ogni film accettabile ce n’è uno indifendibile.

Il fervore con cui, però, i ragazzini difendono questo o quel titolo dimostra quanto ogni micro-universo generi il proprio “culto”.

Se poi la sfiga vuole che al cinema la materia appassionante della pagina diventi un pastrocchio inenarrabile, beh, poco male.

Uno può sperare in un reboot o magari in una serie televisiva.

“Non citerò più la sigla dei Simpson… non citerò più la sigla dei Simpson…”

Dato che le classifiche mi piacciono tanto, e so che piacciono anche a te, ecco allora che vorrei dire la mia su quali siano gli y-a che meglio sono stati tradotti sullo schermo… e quelli che era meglio se non avessero neppure tentato il salto.

Premetto che lascio fuori, considerandoli migliori ad honorem, Harry Potter (i cui capitoli 4-7 sono i più interessanti) e la saga di Hunger Games, che piaccia o meno ha un valore indiscutibile e ha ulteriormente affermato la potenza dei film young-adult.

Avanti con i migliori!

 

 

Maze Runner

Il secondo film arriva a brevissimo nelle sale italiane, mentre in America ha fatto mangiare la polvere al gangster Johnny Depp di Black Mass.

Poco da dire, i libri e il primo film sono un divertissement fantascientifico ben realizzato, un mischione di libri classici come Il Signore delle Mosche, di thriller sci-fi come Cube e l’atmosfera misteriosa che piace tanto di derivazione Lost.

Uno dei pochi film che punta davvero tutto sull’azione e il mistero, senza perdersi troppo in discorsi e fronzoli: vedremo se al prossima pellicola riuscirà a bissare il successo anche senza l’elemento centrale del labirinto… o forse ce ne sarà un altro?

 

 

Noi Siamo Infinito

Niente fantasy, niente fantascienza, niente magia: solo la forza di un racconto di formazione sentimentale e del superamento di un trauma.

Il libro di Stephen Chbosky, che (in)credibilmente sceneggia e dirige anche il film, è uno dei più belli degli ultimi anni, ed è pure in forma epistolare.

Un tema delicato e un coming of age scritto benissimo, per un’opera commovente ed esaltante nel senso migliore della parola.

Non c’è niente di ricattatorio (per intenderci: bambini morenti et similia), ma soltanto la potenza di una storia ben raccontata in cui molti potranno ritrovarsi, svolta drammatica finale a parte.

Amo questa sequenza:

Visione consigliatissima se ancora non lo avete fatto.

 

 

Hugo Cabret

Brian Selznick è l’autore del libro illustrato, Martin Scorsese il regista del film: solo una maledizione millenaria avrebbe potuto rovinare questo connubio.

La fiaba steampunk diventa un vero e proprio saggio sul potere del cinema e delle immagini, forse un po’ sbilanciato nel ritmo ma ricchissimo di fascino e dettagli.

Asa Butterfield è una rivelazione, Chloe Moretz una talentuosa conferma, mentre Sir Ben Kingsley trova il ruolo della vita post-Gandhi dando corpo e voce al visionario per eccellenza degli albori della Settima Arte: Georges Méliès.

Un film che parla di cinema facendo grande cinema e, naturalmente, rendendo pienamente giustizia ad una spettacolare opera cartacea.

 

 

Un Ponte per Terabithia

Film poco apprezzato e forse oggi anche un po’ dimenticato, invece tutto da riscoprire e da far vedere a bambini e ragazzi.

Dal toccante libro di Katherine Paterson, fedelmente trasposto dal regista Gabor Csupo, una storia su due piccoli umani diversi ma destinati a diventare anime gemelle – nel senso più alto del termine: il ragazzino introverso e la ragazzina piena di fantasia.

Un gioiellino letterario sul potere dell’immaginazione che tutto sommato riesce a non diventare il “solito” film buonista per bambini, vista anche l’età dei sue protagonisti.

https://www.youtube.com/watch?v=9KRowTBfV0A

Ti avverto, verso la fine si sprecano i fazzoletti…

 

 

Le Cronache di Narnia: il Leone, la Strega e L’armadio

Ok, magari si può non avere molta simpatia per l’esagerata & fervente messaggistica cristiana intrisa nei libri di C.S. Lewis, ma ciò non toglie che sia le pagine scritte che almeno il primo film siano delle opere perfettamente riuscite.

Per quanto riguarda le trasposizioni cinematografiche, la vita del franchise è stata travagliata, con i sequel che hanno visto gli incassi assottigliarsi – sebbene non siano disprezzabili – fino a veder “congelare” il quarto capitolo che forse è in fase di pre-produzione ma ancora non si è ben capito se sarà La Sedia D’Argento oppure Il Nipote del Mago.

La cosa non è particolarmente determinante, dato che la cronologia dei libri è stata comunque scombinata ed è oggetto di dibattito tra eredi di Lewis, editori e fan da oltre cinquant’anni…

 

 

Menzioni speciali

Coraline (2009) dal libro di Neil Gaiman, diretto da Henry Selick
The Spectacular Now (2013) dal libro di Tim Tharo, diretto da James Ponsoldt

E adesso… la walk of shame.

 

 

Ember – Il Mistero della città della Luce

Chi si ricorda questo film? Probabilmente nessuno.

Peccato, perché il disastroso flop a cui è andato incontro in USA e nel mondo lo ha condannato all’oblio nonostante sia abbastanza fedele al bel romanzo di Jeanne DuPrau.

Il vero problema di questo film che conta sulla bravura di interpreti quali Soairse Ronan, Bill Murray, Tim Robbin e Martin Landau (!!) è la regia di Gil Kenan ela sceneggiatura che non riesce a dare il minimo senso dell’azione e della magia di una storia comunque spettacolare.

Ci si annoia a morte, mentre si attende che succeda qualcosa in quello che al momento è stato il set più grande mai costruito nella storia: la città di Ember è stata infatti realizzata in studio in scala 1:1.

 

 

Yawn.

 

 

Lemony Snicket, Una Serie di Sfortunati Eventi

Sì, c’è Jim Carrey che fa le sue facce, fa il matto, fa il cattivaccio. E poi? Rimane altro?

Boh, forse delle scene visivamente fantastiche e ben realizzate…

ma c’è davvero qualcosa di memorabile nel taglia e cuci in meno di due ore di TRE LIBRI firmati dalla mente di Lemony Snicket, al secolo lo scrittore Daniel Handler? No.

 

 

Bof.

 

 

Ender’s Game

Cosa può andare storto nella trasposizione di un classico della fantascienza che ha vinto il premio Nebula, di un autore di grande prestigio come Orson Scott Card, con tante giovani promesse come protagonisti tipo Asa Butterfield (Hugo Cabret, ancora lui!) e due vecchi leoni dello schermo come Harrison Ford e Ben Kingsley?

Risposta: tutto.

Orson Scott Card che litiga prima dell’uscita con l’intera popolazione gay degli Stati Uniti.

Il marketing debole e i trailer per niente epici che dovrebbero comunque sostenere un franchise nascente basato su una serie di libri “vecchi” di 30 anni e non troppo conosciuti al di fuori del settore sci-fi.

I ruoli dei “vecchi” che sono dei cameo stiracchiati, una storia che stenta a decollare e anche quando lo fa rimane troppo parlata ed entro i confini del “weird” che non riesce ad appassionare il grande pubblico.

 

 

Flop meritato e saga stroncata sul nascere.

 

 

Inkheart

Quando si è troppo “young” e poco “adult”, finendo per appiattire qualcosa che in partenza dovrebbe essere una storia capace di calamitare attenzione e fantasia di grandi e piccoli… si fa un buco nell’acqua.

Eccolo lì, il delicato equilibrio di cui parlavo: nel libro di Cornelia Funke è decisamente presente, nel film diretto da Iain Softley e prodotto dalla New Line, invece, si cade nel facile tranello di fare la “storiellina della buonanotte”.

E dire che la sceneggiatura porta la firma di un Premio Pulitzer, quella di David Lindsay-Abaire.

 

 

Purtroppo non ci siamo: tutto rimane in superficie, il comparto visivo sa di svendita ai grandi magazzini (tranne la nostra Liguria, dove è in parte girato), la storia non coinvolge a dovere e non ha mordente.

Un filmetto da sabato mattina su Italia Uno, in definitiva.

 

 

Eragon

AHAHAHAHAHAH! Risata sguaiata da parte mia, che qui divento sadico e magari mi attirerò le ire dei Paolini-fanz.

Eragon, opera di un giovanissimo scrittore (Christopher Paolini appunto) in erba che ha saputo costruire bene il suo personal branding e il marketing in epoca pre-social media, è stato l’abbaglio letterario fantasy forse più clamoroso della storia recente.

Ok, una serie di libri carucci e scorrevoli da leggere quando hai 12 anni, ma che impallidisce e scompare se messa accanto non dico a Tolkien eh, ma anche all’onesto (non voletemene, tolkieniani) ciclo di Shannara… serve però a farti capire quanta differenza c’è tra scrittori e bambini che li sciommiottano.

Quindi, data la già non irresistibile materia di partenza, per Eragon cosa c’è di meglio di cambiare praticamente TUTTO e tagliare le cose ESSENZIALI nella trasposizione sul grande schermo, facendo incazzare pure l’intero fanbase?

Il regista Stefen Fangmeier, poveraccio, è un ottimo tecnico della computer grafica ed è tornato a far quello, dopo aver rischiato il linciaggio.

 

Per la versione italiana si segnala oltretutto la sciagurata idea di far doppiare la dragonessa Saphira, con la suadente voce originale di Rachel Weisz, a Ilaria D’Amico.

Un minuto di silenzio.

E tu hai altri titoli da suggerire?
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