Fuga dal Paradiso

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«Ovviamente ho dovuto rifiutare. Erano dispiaciuti, è chiaro, ma sanno benissimo che il mondo non può rinunciare a quello che faccio. Per non parlare della povera Keria! Non oso immaginare cosa farebbe senza di me. »

L’uomo che aveva parlato si rigirò sul triclinio, afferrando la coppa in bronzo posata in terra accanto a lui e scolandosi con un risucchio non esattamente delicato l’ultimo sorso di quello che doveva essere stato un vino decisamente buono. Almeno, rifletté, stando a quanto lo aveva pagato.

Il prezzo era peraltro l’unico indicatore che l’uomo potesse usare per misurare la qualità del vino che beveva, essendo del tutto ignorante in materia. Cosa che non gli impediva comunque di bere vini estremamente costosi, quando le sue tasche o l’ingenuità di chi aveva davanti glielo permettevano.

Accanto a lui una donna dalla pelle scura gli passò le unghie sulle schiena, avvinghiandosi con il corpo nudo al suo.

« Quindi, ricapitolando: dopo aver esorcizzato una manifestazione del Nemico che stava attentando alla vita del Triumviro, ti è stato offerto un posto nella cerchia più stretta dei collaboratori del Regno (cerchia della quale non puoi dirmi nulla per questioni di segretezza). »

« Esattamente. »

« E tu l’hai rifiutato per poterti continuare a scopare l’elfetta che ti fa da segretaria. »

Scoppiarono entrambi a ridere, rotolando giù dal triclinio sul morbido tappeto in pelle di tigre.

« Mia cara Lethe, sei più tagliente di un foglio di carta maledetto da uno stregone frustrato. » disse l’uomo, alzandosi e dirigendosi con passo barcollante verso una credenza. Era decisamente ubriaco, ma la caraffa ricolma di vino che gli stava davanti mormorava una promessa troppo invitante per potervi resistere.

Mentre beveva direttamente dalla brocca si rimirò allo specchio, compiaciuto di ciò che vedeva: ok, un filo di pancia c’era, ma provava solo la sua capacità di approcciare la vita dalla giusta angolazione. Per il resto, i muscoli erano pochi e magri, ma definiti e tesi a sufficienza da essergli utili (e a breve avrebbe scoperto quanto gli sarebbero serviti).

Dopo essersi bevuto gran parte del vino si pulì la bocca con un mormorio soddisfatto. Una parte della sua mente, quella più ubriaca, apprezzò la rinnovata carica di euforia che già gli appannava il cervello; una seconda parte della sua mente, su un binario parallelo, calcolò che quella brocca era l’ultima che potesse permettersi. E la Donna Scarlatta, la maîtresse del luogo in cui si trovava, non apparteneva alla categoria dei facilmente imbrogliabili. Al Paradiso le promesse erano apprezzate quanto un eunuco.

Una terza parte della sua mente si collegò per puro caso alle orecchie, quindi – perplessa – si consultò con le altre due per un parere su ciò che aveva udito. Al termine di quella riunione l’immaginaria trinità venne ricondotta ad un unicuum, che costrinse l’uomo a prendere consapevolezza dei suoni provenienti dal piano inferiore.

« BALTHASAR! SPORCO FIGLIO DI PUTTANA, VIENI FUORI! »

Sentì la donna dietro di lui muoversi: si voltò e con un gesto fluido afferrò i pantaloni che lei gli aveva gettato.

« Di chi si tratta, questa volta? » disse lei con un tono di finto rimprovero da cui trapelava un evidente divertimento.

« Sicuramente un increscioso caso di omonimia, o forse qualche povero contadino sotto gli effetti di un Incantesimo Ammaliante: i malvagi che mi odiano sono così tanti! »

« A giudicare dal timbro della voce è un Orco, e pure parecchio incazzato. »

Infilatosi i pantaloni, Balthasar scattò in avanti e le scoccò un bacio, per poi fiondarsi alla finestra ed aprirla.

« Motivo di più perché tu ti metta in un angolo e ti nasconda, magari sotto un bel lenzuolo. »

La donna sbuffò, estraendo da dietro al letto due lunghi pugnali dal manico in avorio. Balthasar non sapeva quanto fosse in grado di usarli, ma qualcosa nel sorriso di lei gli suggerì di rivedere le sue valutazioni iniziali.

« Stai tranquillo e preoccupati di andare, eroe. Io spero solo di non doverli sporcare. »

« Lethe, sei in assoluto la donna più sorprendente che io abbia mai incontrato. » disse solennemente Balthasar, salendo sul bordo della finestra. Sotto di lui, almeno tre metri di caduta libera: nulla di paragonabile ad un Orco violento.

« Balthasar? »

« Si cara? » fece lui voltandosi. La punta di uno dei pugnali era a pochi centimetri dalla sua faccia.

« Non hai pagato. »

In quel momento la porta alle loro spalle decise di trascendere la materia, o meglio: fu disintegrata dalla spallata di quello che sembrava essere un armadio verde, zannuto e decisamente di pessimo umore. Sufficientemente scenico da distrarre la donna per un attimo, e a Balthasar tanto bastava: uno scatto in avanti, e sparì oltre la finestra. Alle sue spalle, l’ululare feroce dell’Orco si mescolò alle parole della donna (nelle quali però fu certo di udire un “Buona fortuna, idiota”).

[Riuscirà Balthasar a fuggire dall’orco? O saranno gli esattori del Paradiso a metterlo all’angolo? Siamo sicuri che Lethe non fosse un uomo? Ma soprattutto, dov’è finita Carmen Sandiego? Le risposte a queste ed altre domande le trovate qui]

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