Revolutionary road

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Mi potete succhiare il fottuto cazzo, signori della corte.

Sorride Bill Bradford, ripensando al giorno in cui tutto ebbe inizio.

“Mi potete succhiare il fottuto cazzo”. Così aveva risposto Bradford all’invito del suo avvocato d’ufficio, uno stronzetto di trent’anni che lo invitava a impietosire i giurati con qualche dichiarazione strappalacrime: un’infanzia disagiata, una madre troia, qualche sorella stuprata e/o scuoiata da un balordo.  Ma lui, niente.

“Mi potete succhiare il fottuto cazzo, se pensate che starò qui a elemosinare la vostra benevolenza nei confronti di quello che è stato un gesto patriottico. La più fiera proclamazione d’amore per gli Stati Uniti d’America dai tempi della dichiarazione d’indipendenza. Sì, ho sparato al presidente Barack Obama. Gli ho trafitto quella testa di cazzo con una palla calibro 7.62, e sono orgoglioso di averlo fatto.

L’ho fatto perché uno Stato che preleva reddito per finanziare guerre inutili in luoghi che la maggior parte dei miei concittadini non saprebbe trovare su un atlante; che indebita fino al collo questa e le prossime generazioni per compiacere la lobby degli armamenti, per giunta mettendo le palle nelle mani dei cinesi, che governano il loro paese nel disprezzo e nel rifiuto dei valori fondanti della nostra costituzione; che salva dalla meritata bancarotta banche e finanzieri con valanghe di denaro pubblico; che sacrifica altre risorse della collettività per prolungare artificialmente la vita di costruttori di automobili obsolete ed inefficienti, è uno stato che ha perso qualsiasi legittimazione democratica, ed impone scelte impopolari e nocive solo grazie al monopolio della forza.

Forza che io, William Bradford, ultimo discendente dell’omonimo pellegrino che a bordo del Mayflower attraversò l’Oceano Atlantico per inseguire un sogno di libertà ed eguaglianza, ho rivolto contro il primo rappresentante di questo arrogante e insaziabile leviatano.

Potete condannarmi, elettrificarmi, appendermi, soffocarmi o fucilarmi, e insieme a me condannare, elettrificare, appendere, soffocare e fucilare tutti gli ideali che hanno reso gli Stati Uniti d’America la più grande, rispettata ed ammirata democrazia di questo mondo.

Oppure potete fare una scelta diversa”.

Il resto è storia, ricorda Bill: uno smartphone abusivamente introdotto nel tribunale, il suo monologo caricato su YouTube che esonda nei social network, le strade delle città americane inondate di manifestanti, gli scioperi, le violenze, la repressione.

Infine, dopo giorni di estenuanti discussioni fra i giurati, l’assoluzione per legittima difesa.

E le nuove elezioni presidenziali, nel corso delle quali i candidati facevano a gara a chi prometteva i più incisivi ridimensionamenti della spesa pubblica.

L’ascesa del primo presidente donna, che diede vita al Nuovo rinascimento americano: flat tax  al minimo necessario per garantire difesa, ordine pubblico e amministrazione della giustizia; restituzione integrale del debito; ritiro da tutti i teatri di guerra; abolizione del Federal reserve system e di qualsiasi legge provvedimento o ordinanza lesivo delle libertà individuali.

Il boom economico, l’ondata di benessere e libertà che investiva progressivamente tutte le nazioni sul pianeta; le genti che si ribellavano ai regimi più o meno fintamente democratici; la dissoluzione delle frontiere imposte con gli eserciti e la riorganizzazione dei popoli all’interno di confini reciprocamente riconosciuti; le merci, il denaro, la conoscenza, le persone che fluivano liberi da dazi e gabelle.

Sì: se oggi il mondo è un posto migliore, non si può negare che il merito vada a William Bradford detto Bill.  Al coraggio e all’incoscienza che un mattino di primavera armarono il suo Heckler&Koch e guidarono un proiettile fino alla tempia di Barack Obama.  Una violenza atroce e premeditata, oscena ed insensata, che pose fine a una violenza subdola e mimetizzata sotto le spoglie di ciò che gli uomini chiamavano stato di diritto.

E oggi che me lo trovo di fronte, fiaccato dagli anni e dalle malattie, curvo sotto il peso del proprio mito, non posso non chiedergli quale fu il suo ultimo pensiero prima di tirare il grilletto.  La patria, i suoi avi, un amore -forse.

Bill sorride ancora, e il sorriso si tramuta in un ghigno, e il ghigno in una risata irrefrenabile.

“Muori, negro di merda!”

 

[…] #Distopia [1]

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