Ritrovate le copie di E.T. seppellite da Atari nel 1983

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La leggenda è vera: E.T. l’extraterrestre ha riposato, negli ultimi 31 anni, nella discarica di Alamogordo in New Mexico.

Ogni ambito della vita umana ha i suoi miti: per i gamer, uno dei principali è da sempre l’esistenza della mitica “Discarica di E.T.”.

 

 

La grande crisi dei videogiochi

Un po’ di storia per quei pochi che non sanno di cosa sto parlando: siamo nel 1982, esce il Commodore 64, la gente inizia a pensare che cotonarsi i capelli sia effettivamente una buona idea, i Duran Duran fanno conoscere al mondo il loro sciatto pop.

Proprio in questo magico periodo l’Atari, al tempo leader incontrastato nel nascente e caotico mondo dei videogiochi, decide di sfruttare il successo del film di Steven Spielberg E.T. l’extraterrestre per trarne un Tie-In (gioco su licenza).

Rarissime eccezioni a parte, i Tie-In sono tra i peggiori aborti che si possano trovare in campo videoludico.

Ora, tutti i gamer di ogni età sanno benissimo che, rarissime eccezioni a parte (Riddick) i Tie-In sono tra i peggiori aborti che si possano trovare in campo videoludico; nel 1982 però il mercato era giovane e sfruttare un brand di successo sembrava davvero una buona idea.

L’Atari volle dunque che il gioco uscisse il prima possibile, in modo da sfruttare l’ondata di successo cinematografica e racimolare più $ possibili.

Incaricò quindi un suo programmatore, tal Howard Scott Warshaw, di creare il titolo.

Ad alcuni di voi il concetto potrebbe già sembrare strano: una sola persona a lavoro su di una licenza così importante? Il mercato del 1982 non era però esigente ed un solo programmatore poteva eccellentemente adempiere il suo dovere davanti ad un computer nel suo garage (leggi Richard Garriot e Roberta Williams per esempi illustri).

Warshaw, oltretutto, non era nuovo alle licenze su Spielberg, avendo precedentemente creato Raiders of the Lost Ark sempre per Atari 2600, con risultati decisamente eccellenti.

Giusto per rendere le cose un pò più difficili l’Atari decise che la finestra di lancio del titolo sarebbe dovuta essere Natale 1982.

5 Settimane dopo la consegna.

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Un gioco da 25 milioni di dollari fu programmato da una sola persona in 5 settimane.

Warshaw non voleva un’ennesimo Pacman Clone reskinnato, e decise di rendere il suo prodotto nuovo ed originale.

Questo portò ovviamente ad un prodotto non finito, non testato, e definitivamente troppo ambizioso per il tempo concesso al programmatore.

Il resto è storia: dopo un buon inizio, le lamentele per la pessima qualità del gioco portarono Atari alla decisione di risarcire 40$ ad ogni acquirente del malaugurato software.

Atari perse, nell’anno successivo, più di 500 milioni di dollari, cadendo definitivamente dalla poltrona di leader del campo videoludico.

I videogiochi furono quasi totalmente annientati nel 1983 e si risollevarono successivamente solo grazie ad una fortunata console (e alle politiche rigide che l’accompagnavano) dagli occhi a mandorla: Famicon, o NES, se preferite (ma questa è un’altra storia).

 

 

 

Fu tutta colpa di E.T?

Breve parentesi personale: E.T. è un gioco pessimo, ma è solo l’ovvia conclusione di una visione corrotta del mondo videoludico che imperversava ad inizio ’80.

L’ovvia conclusione di una visione corrotta del mondo videoludico.

Tonnellate di console e cloni di prodotti famosi realizzati male e velocemente al solo scopo di racimolare qualche dollaro con la milionesima versione di Pac-Man o di Asteroids.

Complici i bassissimi costi di sviluppo del periodo, il rischio nella pubblicazione di videogames era praticamente zero e qualsiasi oscenità avesse almeno 100 righe di codice veniva pubblicata su Atari 2600.

Il grandissimo peso avuto da E.T. in questa storia è dovuto più che altro al danno d’immagine subito da Atari, piuttosto che alla qualità del gioco che era, seppur infima, comunque non molto sotto alla media del genere.

 

 

 

L’inizio del mito

Finora abbiamo solo parlato di un prodotto scadente; dove sta il mito?

Siamo nel 1983, Atari sta perdendo palate di dollari, la sua immagine è sfigurata irreparabilmente, cartucce di E.T. l’extraterrestre giacciono a milioni nei magazzini.

Mantenere un magazzino pieno costa e le speranze che il gioco si risollevi sono praticamente zero.

I camion dell’Atari partono di notte, arrivano in New Mexico, ad Alamogordo e lì seppelliscono le prove dell’efferato omicidio elettronico.

Nessuno sente più parlare di E.T. l’extraterrestre.

 

 

 

Nerds e Microsoft

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Salto avanti nel tempo: siamo nel 2010.

James Rolfe, noto su internet come Angry Video Game Nerd, decide di fare un film.

James è divenuto famoso facendo video su giochi pessimi dell’era arcaica del gaming, ma nella vita si dedica al cinema ed il suo sogno è girare un film tutto suo.

Due fattori lo aiutano: la fama raggiunta ed il crowdfunding.

James riesce, grazie ai suoi fan, a raccimolare abbastanza denaro per iniziare le riprese di un film sul suo personaggio, il Nerd, in un’avventura ad Alamogordo per ritrovare le mitiche cartucce.

La polvere sul caso si rialza, giovani scoprono il mito, chi lo conosceva e l’aveva dimenticato reinizia a parlarne.

Salto ancora più avanti: siamo nel 2013, Microsoft ha lanciato Xbox One, ma, seppur con ottime vendite, non riesce a raggiungere la rivale Sony.

Decide quindi di finanziare un’impresa al limite tra becera pubblicità e spirito d’avventura: riesumare E.T.

Un anno di permessi e tonnellate di rifiuti dopo:

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Le cartucce sono davvero nel deserto del New Mexico

È ufficialmente confermato: le cartucce sono davvero nel deserto del New Mexico, sepolte da 30 anni di spazzatura americana (luogo più che appropriato).

Miscrosoft ha già annunciato l’arrivo di un documentario sul caso, previsto per l’estate, ovvero praticamente in contemporanea con il famoso film di James Rolfe.

 

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Da oggi ne sappiamo un pò di più, ma come sempre accade in questi frangenti, il colorato ed incredibile mito lascia spazio all’evidenza della storia.

 

 

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