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Jackson Pollock: Il pinnacolo dell’arte pura

Jackson Pollock

Una tela coperta di colore ancora fresco occupava tutto il pavimento… Il silenzio era assoluto… Pollock guardò il quadro, quindi, all’improvviso, prese un barattolo di colore e un pennello e iniziò a muoversi attorno al quadro stesso.

Fu come se avesse capito di colpo che il lavoro non era ancora finito. I suoi movimenti, lenti all’inizio, diventarono via via più veloci e sempre più simili ad una danza mentre gettava sulla tela i colori.

Questa è la descrizione che Hans Namuth, fotografo americano di origine tedesca, dà della tecnica di pittura di Pollock, c’è qualcosa di tribale e atavico nelle movenze compiute dal pittore ed ecco perché lo definisco “puro” utilizzando il senso più generale del termine, puro perché incontaminato.

Aveva forse uno stile casuale allora? Quando nel 1949 il magazine americano Life chiese se Pollock fosse il miglior pittore vivente, molti storsero il naso probabilmente come sfogo della frustrazione dell’opinione pubblica nei confronti dell’arte moderna.

Il distacco snob che certi artisti e critici d’arte spesso mantengono rispetto all’opinione pubblica di certo non aiuta.

Tutt’oggi se si parla di arte moderna gli addetti al settore partiranno in uno sproloquio del tipo:

Dopo l’olocausto, il nostro senso artistico ha subito una radicale trasformazione, non si può più definire bello esclusivamente un dipinto rinascimentale, ma l’arte è anche creata dalla contestualizzazione di un’opera dallo sconvolgimento dei punti di vista e dallo status intrinseco dell’artista.

Questo mi rispose il mio professore di storia dell’arte. Sembra una supercazzola vero?

Alla vista di parecchie opere moderne la risposta popolare é “Vabbè potevo farlo anch’io”

Alla vista di parecchie opere moderne la risposta popolare é “Vabbè potevo farlo anch’io” Ma siete proprio sicuri che riuscireste a riprodurre un pollock con sufficiente precisione? C’è qualcosa che distingue il “Caos” dei dipinti di pollock da un comunissimo schizzo fatto da qualcuno?

 

 

 

Il mito di Jack The Dripper

Quando pensate ad un pittore all’opera ve lo immaginate con la tavolozza in una mano, pennello nell’altra ed un cavalletto di fronte, magari con una bella donna ignuda come modella giusto? Beh Jack Te Dripper (Soprannome dato al pittore dalla rivista TIME nel 1956) lancia dalla finestra questa descrizione e stende la tela sul pavimento.

Continuo ad allontanarmi dai tradizionali strumenti del pittore come cavalletto, tavolozza, pennelli ecc. Preferisco bastoncini, cazzuole, coltelli e lasciar colare il colore oppure un impasto fatto anche con sabbia, frammenti di vetro o altri materiali.

Jackson Pollock 2

Pollock tornerà ad uno stile più classico di pittura più tardi nella sua vita ma di questo parleremo dopo, dove si ispirò Pollock per la sua tecnica di pittura chiamata “Dripping”? Il dripping nella forma utilizzata dal pittore consiste nel lasciare sgocciolare il colore, non a base d’olio ma smalti opachi e vernici industriali sulla tela, appositamente messa sul pavimento. Questa tecnica fu una delle principali che caratterizzarono l’Action Painting, o Espressionismo astratto, infatti il termine “Action”, indica movimento o comunque un’azione e la pittura “fisica” di Pollock servì a coniare il termine.

Ho definito lo stile di “Jack The Dripper” tribale non a caso, infatti fin da bambino girò col padre per numerose terre dei Nativi Americani e poté sperimentare a fondo la cultura d’Indiana, Pollock ne rimarrà affascinato per tutta la vità, infatti è noto che andasse a vedere dimostrazioni di “pittura con la sabbia” abbastanza regolarmente.

Ma le affinità tra il pittore e i nativi americani non si fermano qui, nelle cerimonie di SandPainting i Nativi credevano di trarre ispirazione direttamente dal mondo degli spiriti e utilizzavano droghe per indurre questa sorta di trance in cui l’opera finale non era frutto di un disegno particolare dell’artista ma degli spiriti.

 Nelle cerimonie di SandPainting i Nativi credevano di trarre ispirazione direttamente dal mondo degli spiriti e utilizzavano droghe per indurre questa sorta di trance.

Vi ripropongo una citazione dello stesso Pollock sull’argomento “Sul pavimento mi trovo più a mio agio. Mi sento più vicino al dipinto, quasi come fossi parte di lui, perché in questo modo posso camminarci attorno, lavorarci da tutti e quattro i lati ed essere letteralmente “dentro” al dipinto. Questo modo di procedere è simile a quello dei “Sand painters” Indiani dell’ovest.

Arte Pura, arte incontaminata, insomma arte che trae ispirazione direttamente dalla natura, ma cosa avrebbero in comune un dipinto di Pollock con la natura? Ammiriamo la natura perché ci ritroviamo alcune armonie a livello di subconscio? Ora lo so che abbinare l’estetica alla scienza è quasi una bestemmia, ma è noto che tendiamo a definire le cose aventi un’armonia di fondo “belle”. Che armonia ci sarebbe dunque in dipinto di Pollock? La risposta sta nei frattali.

 

 

 

I Frattali di Pollock

 

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Qui sopra “numero 11” del 1952. Sotto un blocco acrilico fulminato da 2,5 Milioni di Volt

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Cos’è un frattale? Chiediamo a mamma Wikipedia:

Un frattale è un oggetto geometrico dotato di omotetia interna: si ripete nella sua forma allo stesso modo su scale diverse, ovvero non cambia aspetto anche se visto con una lente d’ingrandimento.

Armonia dunque, che ritroviamo nelle coste frastagliate, nella ramificazione di alberi e fiumi oppure in un cristallo di ghiaccio.

So bene che l’argomento dei frattali è ben più ampio e prometto di ampliarlo in un articolo appena avrò più tempo ma per ora ve ne darò una trattazione minimale che serve per i miei scopi.

Dunque, uno dei metodi per classificare le Dimensioni frattali di una determinata cosa, ossia la quantità di iterazioni della sua forma in se stessa è la Dimensione di Minkowski-Bouligand, anche nota come Dimensione del Box-Counting (Conteggio delle Celle)

In sintesi si applica un reticolo ad una certa figura, nel nostro caso al dipinto e si contano quanti quadrati contengono una forma rimpicciolita della figura, i quadrati che costituiscono la griglia vengono rimpiccioliti, e si ripete l’operazione, si procede così finche non si guarda la relazione esistente tra il numero di quadrati contenenti un’iterazione della figura e la dimensione stessa dei quadrati.

Utilzzando questo metodo un professore dell’Università dell’Oregon, Richard Taylor è riuscito a stabilire un legame tra la dimensione frattale dei dipinti di Pollock e la sua maturazione artistica, arrivando persino a pubblicare nella nota rivista scientifica Nature, il suo studio.
Taylor dimostrò che negli anni dal 1943 al  1952 la dimensione frattale dei quadri da lui esaminati passa da un valore di circa 1,1 fino a un estremo di 1,9, quasi a dimostrare la ricerca di frattali più complessi e in corrispondenza, l’aumentare della complessità delle trame.

Molti dipinti datati intorno agli anni ’50 ha dimensione frattale compresa tra 1,5 e 1,7, una dimensione evidentemente più congeniale a Pollock che non quella dei suoi quadri troppo scarni di frattali o troppo ricchi di essi. Taylor prosegue poi dicendo che una configurazione frattale potrebbe forse risultare piacevole in modo inconscio per la sua somiglianza con i meccanismi secondo cui la natura traccia i suoi profili.

Taylor è certo di poter datare qualsiasi Pollock gli venga sottoposto con estrema precisione e di poter autenticare con certezza ogni dipinto dell’autore. 

E fin qui è ok, poi passa ad affermare che è certo di poter datare qualsiasi Pollock gli venga sottoposto con estrema precisione e di poter autenticare con certezza ogni dipinto dell’autore.

E qui iniziano i problemi.

Non solo Taylor pretende di risolvere la questione dei falsi Pollock che come per ogni artista noto avevano iniziato a circolare col suo metodo, vuole stabilire una relazione inconfutabile tra bellezza e scienza attraverso i frattali. Si sollevano prima i critici dell’arte, scettici riguardo al fatto che una cosa asettica come un numero possa racchiudere l’estro di un pittore e in seguito i fisici, che giudicano il metodo di Taylor come antiscientifico.

Nello specifico viene pubblicato un contro-studio su Nature di due fisici, Katherine Jones-Smith and Harsh Mathur, che dimostrano quanto sia facile creare un frattale utilizzando i parametri di Taylor e che persino una figura alla quale Katherine Jones-Smith da sarcasticamente il nome di Untitled 5 rientra nei parametri di “Frattale” di Taylor. Pensando alla vicenda mi è venuto in mente un’altro argomento a sfavore di Taylor, “Correlation is not Causation” anche noto col nome di Cum hoc, ergo propter hoc. per i non anglofoni e non latinisti significa “Con questo, dunque a causa di questo” è una fallacia per la quale si prende una cosa come causa di una determinata cosa soltanto perché tale cosa si trova associata ad essa.

Eh?

In sintesi se tu mi trovi in una stanza con un cadavere e un coltello sanguinante in mano non necessariamente sono l’omicida, anche se il Rasoio di Occam ti dice il contrario.

Cosa possiamo trarre dalla vicenda? Se anche voi avete una cosa che sembra altamente plausibile e supportata da prove circostanziali tentate la fortuna e cercate di venire pubblicati da Nature, potrebbe essere il vostro giorno fortunato.

O più seriamente Taylor potrebbe aver inavvertitamente dimostrato che il metodo del conteggio a celle non è tra i più precisi per individuare un frattale e che anche se una figura secondo alcuni parametri ha parvenza di frattale non necessariamente lo è.

Torniamo al nostro Pollock.

 

 

 

Il lato oscuro di un genio artistico

Come il topos dell’artista maledetto comanda, Pollock ebbe parecchi problemi, combatté per tutta la vita contro l’alcolismo, che fu anche cause della sua morte nel 1956, quando guidando la sua Oldsmobile andò a schiantarsi contro un palo uccidendo nell’impatto anche l’amica dell’amante, amante che sopravviverà all’incidente.

 

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Non fossero bastati i problemi con l’alcool Pollock fece intense cure con psicoterapeuti junghiani e in un caso venne persino ricoverato in ospedale per un crollo nervoso e per depressione.

Essendo a contatto con psicoterapeuti che ponevano un grande accento sul suo inconscio egli prese a dipingere per le sue sedute, e questa tecnica di farsi guidare dall’istinto e di far fluire il dipinto da quello che aveva dentro caratterizzerà il suo periodo più fertile. Egli affermava che ciò che rappresentava era frutto dei sentimenti che immagazzinava dentro, per questo il suo stile quasi frenetico e ancestrale gli permetteva di “entrare” nei dipinto e di sentirsi in tutt’uno con esso.

L’alcool inoltre rendeva Pollock violento nei confronti della moglie e il pittore le fu ripetutamente infedele. Alcuni storici hanno avanzato l’ipotesi che fosse affetto da disturbo bipolare per le sue frequenti fasi depressive e i suoi sbalzi d’umore.

I suoi quadri hanno sempre avuto un grande fascino nell’immaginario culturale, il suo dipinto “No.5” risalente al 1948 fu venduto nel 2006 per la cifra di 140 Milioni di Dollari  che ne fece il quadro più costoso mai venduto fino al 2011 quando vene poi superato da “I giocatori di Carte” di Paul Cézanne venduto per la modica cifra di 250 milioni d Dollari.

Ora non so dirvi chi è il miglior artista, e non sto qui a stabilire se l’arte moderna sia arte o di cosa fa di un opera, una grande opera e quant’altro. Basta che scriviate nei commenti il vostro quadro/artista preferito e noterete quante opinioni diverse saltano fuori.

Il mio è Banksy. Si scusatemi sono alternativo :D

 

 

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