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Perché la scuola è passata di moda

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Per i greci era scholé, tempo libero; per i latini era ludus, divertimento,  per noi è tutt’altro.

perché, al giorno d’oggi, la scuola è “passata di moda”?

Il punto è: Chi ha deciso che la scuola debba funzionare così? Ci sono altri modi più validi per imparare? Ma soprattutto, perché, al giorno d’oggi, la scuola è “passata di moda”?

Tutti noi andiamo o siamo andati a scuola. Tutti ricordiamo quel periodo con piacere (credo), ma quando eravamo ragazzi era un inferno: compiti in classe, interrogazioni, e poi studiare, studiare e ancora studiare.
Alzi la mano chi fra di voi non era per niente stressato da queste cose, anzi ne era felice.
Credo che nessuno di voi l’abbia alzata, o per lo meno per me era il contrario.
Il continuo stress mi rendeva irritabile, ed acido; fino a quando non ho deciso che non mi interessava niente dei voti ed ho smesso di studiare.

 

 

 

 

Un po’ di Tanta storia

Tralasciando la lunghissima storia dell’insegnamento a partire dall’Egitto fino ad arrivare al XIX secolo, vorrei soffermarmi sulla scuola contemporanea.

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L’idea di “scuola” organizzata così come la conosciamo noi fu sviluppata in Prussia intorno al XVIII secolo.

 

 

N.B. Quando dico “come la conosciamo noi” intendo dire una scuola obbligatoria finanziata dallo stato, dove i ragazzi sono suddivisi in classi per età e dove tutti studiano le stesse materie, insegnate dagli stessi docenti

 

 

Lo scopo di questa istruzione

non era di formare  pensatori indipendenti, ma di produrre in serie cittadini docili e fedeli che imparassero il valore della sottomissione all’autorità dei genitori, degli insegnanti, della chiesa e, infine, del sovrano

Infatti, il così detto metodo della “lezione frontale” offriva grandissime opportunità per il “plagio mentale” e l’indottrinamento politico, etico e religioso.

Tutti gli studenti imparavano le stesse cose senza poter approfondire o discutere le proprie idee.

Tutti gli studenti imparavano le stesse cose senza poter approfondire o discutere le proprie idee, e alla fine dell’ora, al suono della campanella, via i libri di matematica e fuori i libri di fisica: l’intero insegnamento era (ed è) suddiviso in stretti compartimenti chiamati “materie”, che gli studenti imparavano singolarmente, come se in realtà non ci fossero collegamenti tra loro.

In quel tempo la curiosità personale era volutamente soffocata dal rigido ordine: gli interessi del singolo sottostavano agli interessi della classe dirigente. Ogni riferimento a cose, persone o eventi è puramente casuale.

 

In realtà, quello che adesso sembra un sistema mal costruito e forse anche “cattivo” allora era innovativo ed egualitario.

In quell’epoca l’istruzione era per chi poteva permettersi un maestro privato.

Le classi più povere erano destinate a rimanere nell’ignoranza per sempre e il potere era tutto in mano all’esigua borghesia.

La creazione di un sistema scolastico pubblico ed aperto a tutti (obbligatorio, tra l’altro) costituì una delle più grandi rivoluzioni a livello culturale del tempo e giocò un ruolo non indifferente nella crescita della Germania come una potenza industriale.

Il modo più economico ed efficiente per attuare tutto ciò era proprio il sistema scolastico sopra descritto, e forse  l’indifferenza per le passioni individuali, la curiosità e la rigida divisione in compartimenti erano “effetti collaterali” e non scelte volute.

 

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Verso la metà dell’ottocento questo sistema venne adottato anche negli Stati Uniti, ed anche qui, questa scelta svolse un ruolo importantissimo nel creare una solida classe “media” in grado di sostenere la rivoluzione industriale del tempo.

Inoltre, in quegli anni l’America doveva affrontare il problema dell’immigrazione: numerosissimi gruppi di immigranti provenienti da stati diversi si riversavano negli USA.

Sfruttando questo sistema scolastico che, come già detto, favoriva l’indottrinamento,  diveniva più facile “americanizzare” gli stranieri.

Tuttavia, come loro solito, Gli Stati Uniti apportarono delle modifiche al modello prussiano.

Nel 1892 la National Education Association costituì il “Commitee of ten”
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Nel 1892 la National Education Association costituì il “Commitee of ten”: un gruppo di pedagogisti e professori universitari che avevano il compito di stabilire quali materie erano effettivamente utili da studiare, quanto sarebbe dovuto durare l’insegnamento e quali sarebbero dovuti essere i metodi di valutazione.

Senza entrare nel dettaglio, la commissione stabilì che la scuola sarebbe stata obbligatoria dai 6 ai 16 anni, che l’inglese, la matematica e la letteratura dovevano essere obbligatorie in qualsiasi scuola e che le scuole superiori dovessero essere divise in “scuole di avviamento al lavoro” e “scuole di avviamento all’università”.

Per di più, si espressero sul metodo di insegnamento di alcune materie, che ancora oggi potremmo definire innovativo e rivoluzionario: ecco un esempio riguardo la geometria.

 

 

Appena lo studente ha acquisito l’arte della dimostrazione rigorosa, il suo lavoro dovrebbe smettere di essere meramente ricettivo.

Lo studente dovrebbe invece cominciare a elaborare strutture e dimostrazioni da solo.

La padronanza della geometria non si può ottenere leggendo le dimostrazioni su un libro di testo; se da una parte non esiste una branca della matematica elementare in  cui il lavoro puramente passivo, se perseguito troppo a lungo, potrebbe far perdere l’interesse in modo più completo, dall’altra non ve n’è nessuna in cui l’attività indipendente può essere più attraente e stimolante.

In altre parole, gli insegnanti dovrebbero lasciare liberi gli studenti di sperimentare, di provare da soli, di soddisfare finché possono la propria curiosità, perché una cosa che si scopre da soli rimane più impressa di una cosa che si impara a memoria da un libro.

 

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Gli insegnanti dovrebbero lasciare liberi gli studenti di sperimentare, di provare da soli, di soddisfare finché possono la propria curiosità, perché una cosa che si scopre da soli rimane più impressa di una cosa che si impara a memoria da un libro.

Ciò, infatti, che il mondo del lavoro attuale richiede, sono persone creative, curiose, in grado di adattarsi alle situazioni, di inventare e sfruttare ciò che c’è intorno a proprio vantaggio, proprio il tipo di persona che la scuola esistente tende a reprimere.

 

 

 

 

 

 

 

 

La Scuola in Italia

Fino ad ora abbiamo visto come è nata la scuola moderna e come si è sviluppata nel corso del tempo, ma come è arrivata in Italia?

La prima forma di scuola nel senso moderno del termine si ebbe nel 1802.
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Tralasciando medioevo e rinascimento dove l’insegnamento era solo privato e a carico della Chiesa o di liberi professionisti ma solo per quanto riguardava l’arte, la prima forma di scuola nel senso moderno del termine si ebbe nel 1802.

Questo tipo di scuola è detto “modello francese” ed è una rivisitazione in chiave illuministica (infatti si sviluppò in Francia nel 1700, ma arrivò da noi solo un secolo dopo) del modello prussiano.

Il modello francese fu inizialmente sviluppato da Condorcet nel Rapport et project de décret sur l’organisation génerale de l’Instruction publique ed in poche parole ecco in cosa consiste:

L’istruzione primaria vi è concepita come pubblica, obbligatoria e gratuita: tutti i cittadini, sia maschi che femmine, devono accedervi.

Per i livelli superiori non deve esservi invece uguaglianza dell’istruzione, che deve valorizzare i talenti, ma uguaglianza di opportunità.

La scuola, bandendo qualsiasi insegnamento religioso, deve essere laica, basata da una parte sulla trasmissione di capacità professionali utili, contenuti verificabili e metodi razionali e dall’altra sulla formazione civile.

La direzione indicata da Condorcet rimase a lungo un punto di riferimento, anche se non tutti i punti del suo progetto furono realizzati; in particolare l’ostilità verso la religione prima si attenuò e poi venne meno nei periodi termidoriano e napoleonico, che videro nascere quattro livelli di istruzione nettamente distinti: elementare, medio-inferiore, medio-superiore e universitario.

Al livello medio-superiore, accanto alle scuole normali per la preparazione dei maestri e all’istruzione professionale, nacquero i licei.

 

 

Nonostante tutte queste belle parole però, in Italia la scuola rimase aperta praticamente solo alle persone di alta estrazione sociale poiché nel 1859, con la legge Casati, le scuole superiori divennero a pagamento.

Tralasciando tutte le varie ed inutili riforme avvenute da quell’anno fino agli inizi del ‘900, la più grande scossa alla scuola fu data dalla riforma Gentile (Se non sapete cos’è vi consiglio di informarvi bene, poiché in quest’articolo non verrà trattata approfonditamente).

 

 

 

La riforma Gentile

Durante il primo governo di Mussolini (1922-1924), Giovanni Gentile è Ministro della Pubblica Istruzione.

La sua riforma della scuola viene definita dallo stesso Mussolini la più fascista delle riforme.

Giovanni GentileEssa prevedeva cinque anni di scuola elementare uguale per tutti, frequentata da tutti gli aventi diritto con iscrizioni in base all’anno di nascita.

La scuola elementare aveva scansione 3+2, preceduta da un grado preparatorio di tre anni (scuola materna), e seguita da un grado successivo chiamato scuola media inferiore, con diversi sbocchi, seguito a sua volta dalla scuola media superiore, di tre anni per il liceo classico, di quattro per il liceo scientifico, di tre o quattro anni per i corsi superiori dell’istituto tecnico, dell’istituto magistrale e dei conservatori.

Le scuole medie acquisivano un sistema a “doppio canale”: da un lato un canale che consentiva, o meglio impegnava il giovane al proseguimento degli studi alle scuole superiori per ottenere un titolo di studi valido (per accedere a questo canale lo studente doveva superare uno specifico esame di cultura generale), dall’altro un canale che immetteva direttamente lo studente, al termine dei tre anni, nel mondo del lavoro senza consentire un proseguimento degli studi.

La riforma Gentile portava comunque l’obbligo dello studio a 14 anni di età.

Al che voi vi starete chiedendo, ma tutto ciò non è stato fatto nel 1963?
Wikipedia dice che l’obbligo scolastico a 14 anni è stato istituito nel 1963. (Wat?)

Questo perché le famiglie, per motivi economico-lavorativi (ma anche per ignoranza) comunque non mandarono i figli a scuola, o facevano lasciargliela intorno ai 10 anni, appena finite le elementari.

È solo verso l’inizio degli anni 60 che effettivamente si inizia a rispettare l’obbligo di frequenza.

I programmi delle elementari ripristinavano l’insegnamento della religione cattolica, salvo richiesta di esonero, e valorizzavano il canto, il disegno, le tradizioni popolari.

 

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La struttura del sistema scolastico italiano resterà sostanzialmente improntata al modello del 1923 anche dopo la fine del fascismo.

La struttura del sistema scolastico italiano resterà sostanzialmente improntata al modello del 1923 anche dopo la fine del fascismo, ed i programmi della scuola non subiranno variazioni a tutt’oggi, a parte qualche tentativo di trasformazione molto recente.

Poiché non sono qui per parlare di politica eviterò di scrivere e commentare tutte le riforme avvenute dalla fine degli anni ’70 ad oggi, poiché esse, per la maggior parte, non prevedono un cambiamento del sistema scolastico, ma solo una modificazione della gestione di esso (quanti soldi usare per l’istruzione ecc.)

Quello che dirò è che da quel momento la scuola media è stata unificata, è stato creato il “nido d’infanzia” e la “scuola dell’infanzia” (l’asilo per capirci), e le scuole superiori sono state diversificate in Istituti Tecnici, Istituti Professionali e Licei, e sono stati creati vari indirizzi per ognuna di questo tipo di scuola.

 

 

 

La scuola è
passata di moda

Dopo tutta questa lunga introduzione, quello che salta subito all’ occhio è che la scuola moderna… tanto “moderna”  non è.

Lo stesso sistema è infatti rimasto invariato per circa 300 anni incurante dei cambiamenti politici, tecnologici e sociali che sono avvenuti nel frattempo.

Magari nella Prussia e nella Francia del 1700 quello era veramente il modo migliore di impartire l’educazione ai ragazzi, ma non lo è sicuramente adesso.

Pensiamo soltanto a quante migliaia di professori ogni mattina entrano e spiegano la stessa cosa, senza preoccuparsi se i ragazzi stiano effettivamente capendo, anzi a volte senza preoccuparsi per nulla di spiegare.

Il tipico professore che si è trovato a fare l’insegnante per sbaglio, perché non è riuscito nella ricerca o in qualunque altro campo, ormai frustrato e “nemico” degli studenti; o al professore che ci crede, motivato e volenteroso, comunque costretto a spiegare per un’ora sempre alla stessa maniera, poiché la scuola non può mettergli a disposizione strumenti come laboratori, computer, ecc, per dar modo ai ragazzi di sperimentare da loro, di provare.

Pensate che, quando questo modello di scuola è stato sviluppato, non era ancora stata inventata la pila, mentre oggi abbiamo internet e computer.

Le lezioni da un’ora non funzionano perché al giorno d’oggi i ragazzi hanno un picco d’attenzione che dura al massimo tre minuti, e si trova dopo circa venti minuti dall’inizio della lezione; dopodiché l’attenzione svanisce. Come può un insegnante solo con la parola concentrare tutto in quel brevissimo tempo?

Forse è anche per questo che la “parola” è diventata obsoleta: l’interattività, immagini, video, presentazioni multimediali, oggi suscitano una risposta emotiva molto più forte di un tizio qualunque che parla per un’ora; ma alle scuole questo non interessa.

Le materie divise per rigidi compartimenti non funzionano perché gli studenti non riescono a capire i collegamenti che ci sono tra loro.

Le materie divise per rigidi compartimenti non funzionano perché gli studenti non riescono a capire i collegamenti che ci sono tra loro: matematica, fisica, chimica, biologia non sono modi diversi per studiare la stessa cosa? Filosofia, letteratura, storia, arte, non sono espressioni diverse di uno stesso contesto sociale? Ma anche materie umanistiche e scientifiche insieme possono collegarsi.

Certo, non sto dicendo che le materie dovrebbero essere eliminate completamente, ma secondo me la scuola dovrebbe rendere lo studente più partecipe di quello che fa, non farlo stare seduto cercando di fargli assorbire la “conoscenza” per osmosi.

 

Nell’era dell’interattività stare seduti ad ascoltare passivamente nozioni da imparare a memoria è una perdita di tempo

Nell’era dell’interattività stare seduti ad ascoltare passivamente nozioni da imparare a memoria è una perdita di tempo, secondo me, rispetto ad essere stimolati a scoprire da sé ciò che realmente interessa, a soddisfare la curiosità e ad imparare per il piacere di imparare.

 

Come disse Harold Edgerton:

The trick in education is to teach in such a way that people only find out they’re learning when it’s too late.

Tuttavia non credo che la scuola possa cambiare, soprattutto con la crisi che c’è al momento, ma più in particolare perché sarebbe un cambiamento talmente drastico che sconvolgerebbe tutti; e tutto sommato le persone credono che la scuola, allo stato attuale delle cose, funzioni ancora.

Io non ci credo.

 

 

Questo era il mio pensiero, voi cosa pensate riguardo quest’argomento? Ditecelo nei commenti qui sotto.

 

 

 

Salman KhanSe siete interessati vi consiglio di leggere questi libri:

 

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