In the Flesh

In the Flesh

Qualche settimana fa, in un piovoso e inutile pomeriggio domenicale, ero intento a scartabellare il web per trovare una qualche forma di entertainment in grado di colmare il vuoto di noia che spesso si palesa nel “giorno del signore”.

Ed ecco che la mia attenzione è stata carpita da questa miniserie prodotta dalla BBC.

Complice l’insoddisfazione lasciatami in eredità dall’insipida terza stagione di The Walking Dead e del suo (degno) finale, ma anche , perchè non ammetterlo, plagiato dalla moda del momento, appena ho visto nella descrizione la dicitura Horror/Drama con Zombie ho gioito.

 

 

Zombie!

Già, Zombie. Con il rischio di far storcere il naso a qualche spocchioso hipster, dico viva il mainstream!

 

Finita (malamente) la terza stagione sulle disavventure di Rick e compagni, e in attesa del colossal World War Z, avevo bisogno di materiale per colmare il vuoto da astinenza da non morti, vuoto colmato per 5 minuti dal film Warm Bodies (il tempo di capire che si trattasse di una cagata pazzesca).

 

 

La trama

Fatta  questa doverosa premessa, mi accingo a descrivere le caratteristiche di questa miniserie, che presenta diversi elementi interessanti, e anche parecchio innovativi nel genere.

In the Flesh

La storia si svolge in un’Inghilterra post-apocalittica, reduce ,guarda un po’, dall’epidemia di un virus che ha provocato la rianimazione di cadaveri.

Particolare non da poco però, è che questa pandemia è ormai giunta al termine, e che, grazie alla scoperta di una cura, il governo sta cercando di ripristinare l’ordine precedente al contagio.

Particolare non da poco però, è che questa pandemia è ormai giunta al termine, e che, grazie alla scoperta di una cura, il governo sta cercando di ripristinare l’ordine precedente al contagio.

In questo scenario emerge una nuova categoria sociale, di cui fa parte il nostro protagonista, Kieren: gli individui affetti dalla Sindrome di parzialmente Deceduto (PDS), ovvero ex zombie curati, che però non riescono a ritornare ad un aspetto del tutto umano.

Questi per mantenere il proprio stato di salute sono costretti a somministrarsi cure ogni giorno,e sono alle prese coi terribili ricordi del periodo vissuto da non-morti che riaffiorano nella loro mente.

A causa della loro diversità, sono osteggiati dalla popolazione dei vivi, nella quale hanno luogo movimenti ultraconservatori,sostenuti e fomentati dai reduci della guardia anti-zombie, che si oppongono fortemente al loro reinserimento nella società.

Attorno a questo background, si sviluppa il filo della narrazione, che coinvolge il rapporto familiare, passando per il tema amoroso e, ovviamente, il tema della diversità, allontanandosi di molto dal genere horror.

Essendo questo questa una miniserie di sole tre puntate, non vorrei addentrarmi oltre nella descrizione della trama, in quanto la storia è relativamente breve, e ho paura di rovinare la visione attraverso spoilers.

 

 

Conclusione

Facendo un bilancio generale, posso dire che questa miniserie si discosta notevolmente dalle premesse: si può chiamare horror praticamente solo la prima sequenza, mentre il resto della trama è più inquadrabile nel genere drammatico.

Non che sia un male, ma per chi cerca cervelli spappolati i primi 5 minuti sono uno specchietto per le allodole, in quanto poi l’attenzione si sposta su argomenti totalmente differenti.

Quando si parla di zombie, non si parla mai in realtà degli zombie.[…] The Walking Dead mostra la brutalità dell’uomo, mica dei morti viventi

Questa frase(che vorrei fosse frutto del mio pensiero, ma ahimè non lo è) riassume bene la sostanza di In the Flesh, dove gli elementi horror sono però quasi totalmente messi da parte, per far spazio ad una storia delicata, che racconta sentimenti, e che ruota soprattutto attorno al tema di diversità e dell’ odio.

Detto questo non è una serie priva di difetti, soprattutto per il fatto che la sua brevità lascia inespressi e non approfonditi diversi spunti interessanti, e la narrazione si concentra spesso solo su un filone centrale della trama, risultando a mio avviso frettolosa e spesso superficiale.

Nonostante ciò è comunque godibile e, almeno per quel che mi riguarda, sono riuscito ad apprezzarla, soprattutto perchè ci fornisce un elemento inflazionato come gli zombie con una rilettura innovativa e un’interessante analisi psicologica dei personaggi.

 

La citazione proviene dal blog di cinema pensiericannibali.blogspot.it

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