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Etanolo e Biofuel

Etanolo e Biofuel

Dopo aver letto questo interessante articolo di Marcolino sulle reali difficoltà del riciclaggio della plastica (che non devono essere però motivo per non effettuare la raccolta differenziata), ho pensato che sarebbe stato interessante discutere anche di un altro tema che di recente sembra andare molto di moda, ossia i biofuel, e in particolare il bioetanolo.

 

 

biofuel

Innanzitutto per biofuel intendiamo combustibili ottenuti da fonti rinnovabili e vorrei parlare del bioetanolo essenzialmente perché ad oggi è il più diffuso (ed inoltre è quello che conosco meglio).

L’etanolo, o alcol etilico, è lo stesso alcol presente nella birra, nel vino, etc ed è lo stesso alcol denaturato usato anche per le pulizie di casa o come disinfettante (a tal proposito si veda questo interessante articolo).

 

 

Un combustibile verde?

Sugar CaneSe si analizzano le emissioni di gas serra prodotti dalla combustione di etanolo, queste sono solo di poco inferiori a quelle emesse dai combustibili fossili. Inoltre ha una bassa densità energetica (quantità di energia per unità di volume), di conseguenza serve bruciare più etanolo per percorrere gli stessi km che percorreremmo con la benzina.

Un fattore però di estrema importanza è che il bioetanolo è un combustible teoricamente carbon neutral, essendo tutta l’anidride carbonica emessa durante la combustione bilanciata a priori dall’assorbimento di carbonio in atmosfera durante la crescita delle colture vegetali, materia prima di questo prodotto.

Scrivo teoricamente perché il processo produttivo comporta comunque emissioni in grandi quantità di CO2 in atmosfera (semina, irrigazione, raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamenti pre-fermentazione, fermentazione, purificazione, etc. etc.).

 

 

Materie prime

Per ottenere etanolo serve una fonte di carbonio (zuccheri) e un microrganismo in grado di produrlo (principalmente lieviti o batteri) attraverso la fermentazione alcolica.

Queste materie prime sono principalmente di tre tipi: zuccheri semplici (derivati ad esempio dalla canna da zucchero), amidi (ad esempio mais) o materie ligneo-cellulosiche (scarti dell’industria agricola).

Queste differenti materie prime necessitano differenti processi di trattamento (fisici, chimici ed enzimatici) per rendere gli zuccheri accessibili ai microrganismi. Questi zuccheri infatti sono stoccati sotto forma di polimeri, come amido, cellulosa, emicellulosa etc.

Una volta ottenuti questi zuccheri semplici, la fermentazione può iniziare, e una volta conclusa l’etanolo va purificato (distillazione).

 

 

Un problema di costi

Il problema principale è quindi riuscire a mantenere i costi di produzione bassi.

Il problema principale è quindi riuscire a mantenere i costi di produzione bassi, al fine di ottenere un prodotto finale che possa essere competitivo con l’alternativa dei combustibili fossili, tenendo conto soprattutto che l’industria petrolifera è saldamente affermata da molto tempo.

I principali costi sono legati innanzitutto alle materie prime e come devono essere trattate affinché possano essere convertite in qualcosa di fermentabile. Ad esempio produrre un litro di etanolo da canna da zucchero in Brasile costa circa 0.16-0.22$, mentre per produrre la stessa quantità da mais in USA costa 0.25–0.40$.

Questo perché il mais ha bisogno di un processo di pre-trattamento prima di poter essere fermentato, e questi processi possono essere relativamente economici (trattamenti ad alte temperature o con acidi) oppure più costosi (trattamenti con enzimi).

Inoltre una volta conclusa la fermentazione è necessario purificare l’etanolo (costi di downstream), oltre ai costi di stoccaggio, trasporto, etc. Inoltre ci sono da considerare i problemi legati allo scale-up: i test fermentativi effettuati in laboratorio sono condotti in beute o bioreattori con volumi operativi al massimo di pochi litri.

Una volta che viene trovata una metodica con risultati soddisfacenti, questa va trasportata su scala industriale, e passare da un fermentatore da 1 litro a uno da 10000 litri può non essere così semplice, e purtroppo non basta solo moltiplicare le quantità, esistono infatti un sacco di altri problemi (basti pensare all’ossigenazione della coltura, se prevista, o all’agitazione della stessa, che deve essere uniforme, etc).

 

 

Il caso del Brasile

Più dell’80% delle autovetture che circolano in Brasile sono dotate di motori a etanolo.

Il Brasile è uno dei paesi pionieri per quanto riguarda l’utilizzo dell’etanolo come combustibile per le autovetture, e più dell’80% delle autovetture che circolano in questo paese sono dotate di motori flex-fuel, in grado cioè di usare etanolo o miscele a base di etanolo (la miscela E85, 85% etanolo e 15% benzina, è la maggiormente utilizzata nelle autovetture).

.Il mercato dell’etanolo in Brasile fiorisce negli anni ’70 quando, per ragioni economiche dovute sia al sempre maggiore prezzo del petrolio che il Brasile era costretto a importare e sia a problemi di over produzione nell’industria dello zucchero, viene fondato il Programma Nazionale Alcool (ProAlcool), il quale prevedeva (e prevede tutt’ora) interventi economici mirati da parte del governo sia per quanto riguarda la produzione di alcol e sia la commercializzazione di auto flex-fuel.

 

 

Il futuro dell’etanolo

Diverse case automobilistiche hanno investito molto sull’etanolo.

Diverse case automobilistiche hanno investito molto sull’etanolo, ad esempio circa 15000 versioni flex-fuel della Ford Focus sono state vendute durante il primo anno di commercializzazione (2007) in Svezia, dove ci sono poco più di 200 stazioni di servizio in grado di erogare combustibile E85.

Un dato davvero significativo è però quello relativo agli investimenti in ricera su biofuel effettuati delle principali compagnie energetiche (e petrolifere) mondiali: tra il 2007 e il 2011 la Chevron Corporation ha investito 40 milioni di USD, la BP plc (ex British Petroleum, nota per il famoso disastro della Deepwater Horizon) ne ha investiti 500 milioni di USD (diluiti su 10 anni), la ConocoPhillips Company 22,5 milioni di USD (diluiti su 8 anni) e la Exxon Mobil Corporation ben 600 milioni di USD.

La situazione quindi è abbastanza complessa, e probabilmente il vero sostituto del petrolio potrebbe anche non essere l’etanolo, ma magari il biodisel.

Senza ombra di dubbio però, tutto il lavoro di ricerca che è stato fatto e continua ad essere effettuato sull’etanolo e su altri biofuel è di fondamentale importanza per studiare le possibilità di sviluppo di carburanti ottenuti da fonti rinnovabili.

 

 

 

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