Hideo Kojima a Milano

Ho pensato di pubblicare anche qui il report che ho scritto per Cinecittà News, sull’incontro tra Hideo Kojima e Enrico Ghezzi a Milano (con la partecipazione del grande Yoji Shinkawa, che però ha solo presenziato senza intervenire), avvenuto lo scorso 21 febbraio.

Enjoy!

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MILANOHideo Kojima, uno dei creatori di videogiochi per il quale il titolo di “director” (che in inglese vale per i videogame e il cinema) calza a pennello, arriva in Italia per presentare la sua ultima fatica (in condominio con i PlatinumGames di Osaka), Metal Gear Rising: Revengeance.

Spin-off di Metal Gear Solid, la sua serie da più di 30 milioni di copie al mondo, Rising questa volta lascia il gameplay più “ragionato” rispetto alla serie ufficiale, per un nuovo titolo tutto azione, adrenalina e affettamenti. Ma ovviamente il marchio di fabbrica del creatore della saga non manca. Storia complessa, sequenze d’intermezzo con regie raffinate, personaggi tridimensionali prima ancora che nella grafica, nella caratterizzazione. Si legge sul profilo Twitter di Kojima: “il 70% del mio corpo è composto da film”. E allora, per un designer che fa della continua commistione tra linguaggio cinematografico e videoludico uno stile inconfondibile, chi meglio della voce di quella cinematograficamente onnisciente – e idealmente in perenne fuori-sync – di Enrico Ghezzi avrebbe potuto condurre l’incontro? La scelta dell’autore di “Fuori Orario” non è dettata solamente dalla sua competenza però. Ghezzi infatti rivela di seguire Kojima da anni e di averlo invitato in Italia già sul finire degli anni ’90 in occasione del Festival di Procida.

La conversazione all’inizio verte su argomenti ortodossi come la differenza tra i vari stili di montaggio usati nei videogame. Secondo la visione di Kojima “spesso è il piano sequenza a prevalere rispetto a un montaggio forsennato, semplicemente perché nei videogiochi tutto avviene in tempo reale. Ma dipende da quale sensazione si vuole trasmettere al giocatore”. 

Il “giocatore” quindi, avrebbe sempre una parte attiva nella narrazione. Anche se durante le cut-scene non gli viene chiesto altro se non assistere, il solo fatto di poter “interpretare” il personaggio in questione, genera un’empatia che difficilmente si instaura con altri media più “puri” come il cinema.

Ghezzi affronta poi la “questione 3D”, domandando quale peso possa avere in prospettiva futura. Secondo il director di Tokyo, nei videogiochi il 3D è di fondamentale importanza, più che nei film. Il 3D è ciò che rende interattivo un oggetto, e quindi a livello cerebrale permette di comprenderne la profondità anche senza dover usare gli occhialini come al cinema.

E, parlando sempre di emozioni provate dallo spettatore/giocatore scaturite da sensi che non siano i canonici vista e udito, Ghezzi sembra suggerire il percorso dato da sensazioni “fisiche” che in futuro, con l’avvento della tecnologia, potrebbero essere portate da frame-rate vertiginosi e veri e propri sintetizzatori odorosi. La risposta di Kojima in merito verte su un aspetto più “artistico”: così come Kurosawa in “Anatomia di un Rapimento” dava la sensazione della puzza soffermandosi con la telecamera sui volti degli attori che storcevano il naso, lui cerca con le possibilità offertegli da video e sonoro, di restituire al giocatore esperienze non direttamente esplorabili dal media. Non solo odore, freddo, tatto (quest’ultimo con l’ausilio della funzione “rumble” dei pad), ma anche altri piccoli espedienti come quello in Metal Gear Solid 4, quando una bomba scoppia vicino al personaggio: musica ed effetti sonori scompaiono e lasciano spazio a un fastidioso sibilo, come a simulare una temporanea sordità data dall’esplosione ravvicinata. Varie trovate che unite aiutano a far dimenticare all’utente di essere “solamente” di fronte a un videogioco.

E “solamente” di fronte a un videogioco, saranno contenti di trovarcisi ancora una volta tutti gli appassionati della saga di Metal Gear, con questo nuovo “Rising”. Forse la “sinestesia” totale nei videogiochi, così come nel cinema, è ancora lontana; ma con titoli come questo, capaci di soddisfare non solo 2 sensi, ma anche una sete di narrazioni e trame di prima qualità, c’è davvero bisogno di altro?
Per rispondere basti citare Ghezzi nella sua chiusura dell’incontro: “per ora siamo ancora ai livelli di Hitchcock, mancano i 5 sensi, ma tutto il cinema è una sorta di sesto senso che ci attende”.

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