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La congiura dei Pazzi

Santa Maria del Fiore

Firenze, 26 Aprile 1478. La città si riunisce in Santa Maria del Fiore, totalmente ignara verso ciò che sarebbe successo di lì a poco. Quel giorno, infatti, passò alla storia come uno dei più cruenti che la Storia Rinascimentale ricordi, il giorno in cui si consumò la Congiura dei Pazzi.

Il nome deriva dall’omonima famiglia, antagonista dei Medici, di cui alcuni esponenti furono esecutori materiali dell’attacco, che vide vittima Giuliano de’ Medici, fratello di Lorenzo il Magnifico. Ma facciamo un passo indietro.

 

Una stirpe scomoda

Molte generazioni dei Medici hanno subito spesso delle congiure

Molte generazioni dei Medici hanno subito spesso delle congiure, testimonianza di una costante opposizione verso una delle famiglie più conosciute della storia europea. Una sola andò in porto, anche se non del tutto.

La famiglia Medici fu una famosa stirpe di banchieri, con filiali in tutta Europa e legami con le varie dinastie regnanti dell’epoca. Fin dall’epoca di Cosimo, nonno di Lorenzo, i Medici erano riusciti, attraverso alcuni stratagemmi, a diventare de facto i signori della Repubblica di Firenze. Il tutto avvenne attraverso l’introduzione di uomini di estrema fiducia nei ruoli decisivi della politica fiorentina, senza che l’effettivo signore assumesse alcun titolo.

Un sistema simile per certi versi a quello usato dal princeps Ottaviano Augusto: egli accentrò sì il potere nelle proprie mani, ma evitò sempre di utilizzare epiteti o titoli in grado di far trasparire un qualsiasi tipo di tirannia o dispotismo.

Lorenzo de' MediciCome Signori di Firenze, si distinsero per un appassionato mecenatismo, che portò Firenze a diventare una delle maggiori città culturali d’Europa, un prezioso retaggio che ancora oggi rende Firenze meta di importanti flussi turistici. Per questo la storiografia si è sempre divisa nel dare un giudizio sulla stirpe medicea: da un lato tiranni, causa della morte della Repubblica, dall’altro mecenati e fautori dell’arte in tutte le sue forme.

 

Invidie e Rancori

Abbiamo dunque compreso come i Medici potessero risultare malvisti a molti: banchieri, mecenati, per alcuni tiranni.

Da ciò si evince come fosse facile trovare in Firenze personaggi disposti a contrastare la famiglia nei peggiori modi. Nel complesso intreccio che fra poco andremo a delineare ecco dunque scorgere un’altra famiglia di banchieri fiorentini, la famiglia dei Pazzi.

Rivali da tempo, le due famiglie si erano imparentate nel 1469 con il matrimonio fra Guglielmo de’ Pazzi e Bianca de’ Medici, ma nonostante ciò, l’elezione del papa Sisto IV della Rovere portò con sé nuovi motivi di attrito fra i Medici e i Pazzi.

Il papa decise infatti di esautorare i Medici dalla gestione delle miniere di allume di Tolfa (una preziosa tintura a quel tempo disponibile solo sui monti laziali), affidandone l’amministrazione ai Pazzi.

Iniziarono così le prime rotture, divenute definitive qualche anno dopo: Lorenzo, grazie al suo comando sulla magistratura, evitò che una facoltosa eredità finisse nelle casse dei Pazzi, visti ormai come pericolosi avversari.

Dal canto loro i Pazzi finanziarono, contrariamente agli ordini del Magnifico, la guerra del nipote del papa, Girolamo Riario, contro Imola, un territorio strategico nei confronti della Repubblica di Firenze e che poneva la stessa in uno stato di allarme.

Ma tutte queste vicende altro non furono che la punta di un iceberg che coinvolse i potenti d’Italia.

 

Chi tesse i fili?

Ma fuori Firenze? Chi partecipa in questo gioco fatto di ambiguità?

Sisto IV della RovereSisto IV della Rovere fu uno degli attori principali che agirono sulla scena. I rapporti con i medici non furono buoni, come già abbiamo avuto modo di analizzare, al contrario del rapporto della corte papale con il Banco de’ Pazzi. Il vescovo di Roma aveva quindi tutto l’interesse a spodestare i Medici, così potenti e influenti, sperando così di inserire al governo della città quei banchieri così utili e all’apparenza fedeli. Le cronache raccontano però che Sisto non volesse spargimenti di sangue, bensì sperasse in una rivolta di Firenze. I Pazzi al contrario furono categorici: i Medici andavano eliminati fisicamente, per evitare qualsiasi restaurazione della dinastia.

Si unirono così alla congiura altri potenti d’Italia: l’arcivescovo di Pisa, Francesco Salviati, il re di Napoli, la Repubblica di Siena e altri signorotti locali delle terre pontificie.

Recentemente il ritrovamento di una lettera cifrata pone in dubbio un eventuale coinvolgimento di Federico da Montefeltro, duca di Urbino, mai citato da alcun cronista medioevale su questa vicenda.

 

 

L’occasione

Lorenzo e suo fratello minore Giuliano erano all’oscuro di ciò che si muoveva intorno a loro in quel periodo.

Non restava ai congiurati che trovare l’occasione ideale per colpire i Medici. Lorenzo e suo fratello minore Giuliano erano all’oscuro di ciò che si muoveva intorno a loro in quel periodo.

Troppo giovani loro o troppo precisa la macchinazione? Il 25 Aprile fu il giorno designato. Era il sabato prima della domenica di Pasqua, e l’occasione fu donata da un banchetto organizzato dai Medici per l’elezione a cardinale di Raffaele Riario, all’epoca di diciotto anni.

I cronisti sono discordi sulla consapevolezza o meno del ragazzo: alcuni credono nella sua totale innocenza, altri credono che fosse stato avvisato dal papa. Nel frattempo i congiurati avevano assunto un sicario di notevole fama e precisione, Giovan Battista Montesecco.

Truppe pontificie e di altri stati italiani stazionavano fuori Firenze, in attesa di ribaltare il governo dei Medici. Ma qualcosa andò storto: Giuliano, in preda a forti malori, non presenziò al banchetto.

Un’occasione sfumata per i congiurati, che non si diedero certo per vinti. Si era arrivati troppo avanti per tornare indietro. Ma quando colpire? Quando si sarebbe ripresentata un’occasione simile?

 

Sangue sul sagrato

Santa Maria del Fiore

Durante la messa la scorta diminuiva e durante alcuni momenti della funzione era facile trovare il bersaglio indifeso

Durante il Medioevo e il Rinascimento i luoghi sacri divennero spesso luoghi privilegiati per congiure e omicidi. Questo perché durante la messa la scorta diminuiva e durante alcuni momenti della funzione era facile trovare il bersaglio indifeso nella folla oppure in posizioni particolari (basti pensare all’inginocchiarsi durante il compimento dell’Eucarestia da parte del sacerdote).

I congiurati decisero così di agire in chiesa il giorno dopo, durante la messa che sarebbe stata officiata in Santa Maria del Fiore proprio dal giovane Raffaele, ufficialmente come ringraziamento per il banchetto della sera prima. Qui nacquero nuovi problemi per i congiurati, poiché Gian Battista si rifiutò di agire in un luogo consacrato. I Pazzi ripiegarono così su due sacerdoti senza esperienza in questo particolare “campo”, e per assicurarsi la presenza di Giuliano andarono a prenderlo personalmente, nella persona di Francesco de’ Pazzi e di un altro sicario. I cronisti raccontano di come i due toccarono spesso Giuliano allo scopo di constatare se portasse la cotta di maglia sotto gli abiti. Giuliano per sua sfortuna lasciò nella sua abitazione la protezione a causa dei malori.

Una volta arrivati, ebbe inizio la funzione. Ma proprio quando tutti furono inginocchiati, ecco scatenarsi la furia dei congiurati: Lorenzo venne ferito di striscio e riuscì a fuggire nella sacrestia, accompagnato da suoi fedelissimi come Poliziano, mentre Giuliano veniva ferito mortalmente. Le cronache riportano una inumana furia, tanto che il cranio riesumato di Giuliano riporta una profonda frattura al cranio.

Lorenzo era vivo, Giuliano non più. Firenze si ritrovò nel caos. I Pazzi, convinti di avere la situazione in mano, cercarono di guidare un manipolo di uomini in Piazza della Signoria, guidati da Jacopo de’ Pazzi, gridando “Libertà”, ma ciò non fece altro che scatenare la popolazione contro i congiurati, in una devastante caccia all’uomo che terminò con l’impiccagione dei principali congiurati e con la distruzione della famiglia dei Pazzi.

 

Epilogo

Le truppe, osservando i cadaveri degli impiccati sulle mura della città, capirono che Firenze si era tutt’altro che ribellata ai Medici, e decisero saggiamente di non attaccare.

Lorenzo non calmò in nessun modo la furia popolare, lasciando così che si compisse la vendetta, e successivamente fu impegnato nel ripristino dei rapporti con gli Stati Italiani. Infatti a causa dell’impiccagione anche dell’arcivescovo Salviati, Firenze venne scomunicata, e messa sotto attacco da una alleanza di Stati.

Il Magnifico decise così di conferire in prima persona con il Re di Napoli Ferdinando, in un viaggio pericoloso. Il suo carisma e la sua cultura influenzeranno il re a tal punto da convincerlo delle sue ragioni, tanto da fare da intermediario fra Lorenzo e il papato, con una successiva riconciliazione. Inizierà così il ruolo di “ago della bilancia” che Lorenzo assunse in Italia, che porterà ad un ventennio di splendore e di relativa pace gli stati della penisola, ma che ricadranno nell’individualismo dopo la morte del mecenate fiorentino, nel 1492, aprendo così la via a quel lungo periodo di lotte chiamato “Guerre d’Italia”.

 

 

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