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Storia di un carnefice

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Mentre ieri sera stavo guardando “Robin Hood – L’Uomo in Calzamaglia”, di fronte alla scena dell’impiccagione mancata, mi sono chiesto a cosa servisse il cappuccio indossato dal condannato. Dopo una breve ricerca, mi sono imbattuto in questo documento – malamente tradotto. Un’intervista molto, molto interessante a un carnefice malese.

Sei condannato a morte per impiccagione!

Il verdetto è terribile per il condannato. Ma ci si è mai chiesti che cosa provi il boia nel compiere l’esecuzione?

Per Samuel (non è il suo vero nome), che ha preso parte all’esecuzione di 103 detenuti del braccio della morte, sia uomini che donne, tutto rientra in un giorno di lavoro.

E’ stato arruolato per questo “incarico speciale” 20 anni fa. Ha fatto parte della squadra delle esecuzioni capitali che ha operato, anche in alcuni casi molto noti, nelle prigioni di Pudu, Kajang e Taiping.

Il suo lavoro più recente è stato l’impiccagione di un nigeriano, circa 3 anni fa, per un crimine di droga.

Non è facile porre termine alla vita di qualcuno

ha affermato questo 48enne, vice-sovrintendente delle prigioni, che ha servito il dipartimento per quasi 30 anni.

Per Samuel, lavorare per il Dipartimento delle Prigioni è un onore; sia suo padre che suo nonno avevano anch’essi lavorato per lo stesso dipartimento.

Durante una recente intervista esclusiva di 2 ore con l’agenzia giornalistica Bernama presso la Prigione di Kajang, Samuel ha parlato del suo lavoro di boia e delle esecuzioni che ha portato a termine.

 

I tratti del carattere del carnefice

Per Samuel l’incarico speciale è come un qualsiasi altro lavoro, ma certamente meno “attraente.”

Scelgo sempre i compiti più impegnativi e nella prigione ce ne sono due – quello di colui che frusta e quello del boia. Se hai svolto questi due, vuol dire che sei arrivato al top, è come se avessi ottenuto una laurea”[/quote] ha dichiarato.
Ha parlato di alcuni tratti caratteriali che gli consentono di espletare l’incarico del boia.
Uno – ha affermato – è quello di non essere mai stato un piagnone, nemmeno da bambino, e l’altro è quello di riuscire a superare il dispiacere molto rapidamente.
Come ha dichiarato, [quote]“non si può avere un cuore fragile per svolgere questo compito ma allo stesso tempo, non ci si deve vantare di ciò che si sta facendo.

Selezione meticolosa

Molte guardie carcerarie sono vogliose di assumere questo incarico speciale, ma il processo di selezione è meticoloso.

Coloro che inoltrano domanda hanno una sola possibilità. Se falliscono, non ce n’è una seconda. Secondo Samuel, su 30 candidati, forse 3 o 4 possono farcela, ma talvolta nessuno supera la selezione.

Prima del colloquio, viene analizzata la nostra storia lavorativa ed anche la nostra situazione finanziaria. Per fare questo lavoro, dobbiamo sempre avere una mente lucida. Saper mantenere un segreto è anche cruciale, in quanto il boia viene a conoscenza dell’incarico in anticipo: una settimana prima.

Samuel ha dichiarato che i consiglieri lo hanno esaminato minuziosamente prima che lui fosse finalmente arruolato per i compiti nella stanza della morte.

L’impiccagione non avviene tutti i giorni ma da una a tre volte in un anno. Quello è il momento in cui andiamo nella stanza della morte. Non c’è un corso particolare da fare, ma occorre molta pratica e addestramento diretto

ha aggiunto.

I primi anni

Samuel, che ha portato a compimento la sua prima esecuzione a Pulau Jerejak Penang, dove frustava pure i detenuti, ha dichiarato che “la perfezione sul lavoro” non può realizzarsi da un giorno all’altro.

Nei primi anni, gli fu fatto solo osservare il modo in cui le esecuzioni venivano effettuate.

Sono stato un osservatore con il team delle impiccagioni dal 1986 e sono diventato assistente soltanto nel 1989

Da assistente, incontrava il condannato e lo/la portava fuori dalla cella d’attesa, proprio accanto alla stanza della morte.

Ha confessato che nei primi giorni, aveva avuto problemi di insonnia a causa del suo lavoro.

E’ normale avere la sensazione che qualcuno ti stia svegliando dal sonno, talvolta per chiederti una sigaretta o un permesso per andare a casa. E’ la stessa cosa accade quando metti piede nella stanza della morte, quando provi una strana sensazione: come di qualcosa che ti stia passando accanto. (…) Dopo 10 anni e con più coraggio, mi sono detto che ‘l’uomo morto non racconta più storie’. Quando un uomo muore, come potrebbe tornare a disturbarmi?

ha dichiarato Samuel in tono scherzoso.

La forza mentale e fisica è importante per coloro che compiono le esecuzioni, in quanto dovranno affrontare uno stress prolungato.

Per quanto riguarda Samuel, si mantiene in forma andando in bicicletta.

 

Il primo passo verso l’esecuzione

Alla Prigione di Kajang, i detenuti del braccio della morte sono incarcerati nell’Abadi Block fino al momento dell’esecuzione.

Passano quasi 23 ore al giorno nella propria cella, a meno che non abbiano il permesso della guardia responsabile di lasciare la cella per qualche motivo.
I detenuti del braccio della morte passano anni dietro le sbarre fino a quando non hanno esaurito tutte le vie legali, che comprendono la Corte d’Appello, la Corte Federale e la Commissione statale per la Grazia.

Quando l’appello presso la Commissione statale per la Grazia è respinto, la Corte Federale emette un mandato di esecuzione.

Il mandato contiene alcuni dettagli personali del condannato e l’ora dell’esecuzione stessa, che poi è sempre tra le 5:30’ e le 6:30’ del mattino.

Ci viene dato un intervallo di un’ora nel quale dobbiamo portare a termine l’esecuzione. Per i condannati musulmani, l’esecuzione avviene di solito di venerdì, dopo le preghiere dell’alba (subuh). Per i condannati non musulmani, l’ora è più o meno la stessa, ma il giorno può essere diverso

Dopo che il mandato è stato emesso, il condannato è portato nell’ufficio del direttore della prigione, dove l’ordine di impiccagione gli viene letto.

Qui il team di carnefici osserverà il carattere del condannato ed il suo livello di accettazione, poiché tutte queste informazioni sono essenziali nel portare a termine il lavoro.

 

Destino segnato

Normalmente, il detenuto del braccio della morte conoscerà il proprio destino nel momento i cui viene ammanettato e portato fuori dalla sua cella, sotto scorta completa

Mentre il condannato è portato dal direttore della prigione, i membri della sua famiglia arrivano alla prigione per un ultimo incontro pieno di lacrime.

Al condannato viene fatto scegliere un ultimo pasto da 7,50 ringgit (circa 2,30 euro).
Nel periodo in cui il condannato incontra la propria famiglia per l’ultima volta, la squadra degli esecutori, che include “ogni eventuale nuovo candidato all’incarico speciale”, si dirige verso la stanza della morte.

Trascorrerà lì da tre a quattro ore, preparando la stanza e anche scegliendo il nodo scorsoio più appropriato.

 

Il capestro

Il cappio è fatto con la migliore iuta, avvolta da pelle morbida. Un cappio di importazione costa tra 4.000 e 5.000 ringgit (tra 1.200 e 1.500 euro) (Su Ebay anche meno NdTorakiki).

Il cappio, non appena preso in consegna da un agente, verrà provato impiccando per 72 ore un manichino che pesa intorno ai 90 kg.

Ogni cappio ha un numero di serie ed è classificato come arma, e di conseguenza tenuto al sicuro.

Di ogni cappio viene specificata la capacità di carico, ma noi facciamo i nostri calcoli e consultiamo il manuale. Ci sono quattro tipi di cappi da cui scegliere, a seconda del peso del condannato.

Un’importante caratteristica del cappio è un anello di ottone che agevola lo scorrimento della corda che spezza il collo della persona condannata.

Chiederò a tutti i componenti della mia squadra una valutazione del condannato. Soltanto allora sceglieremo il cappio

Il giorno dell’esecuzione

Secondo lui, la maggior parte dei detenuti del braccio della morte hanno accettato il proprio destino con sollievo, poiché sono stati incarcerati per un periodo considerevolmente lungo.

Quelli che pregavano tanto, non importa di quale religione fossero, rimanevano calmi nell’attesa dell’esecuzione. Soltanto pochi erano aggressivi durante gli ultimi momenti (…) Alcuni condannati ci hanno addirittura detto che stavano meglio di noi, perché sapevano quando sarebbero morti. Ci hanno anche ringraziato quando li abbiamo portati al patibolo, in quanto non sopportavano più l’attesa

La maggior parte delle volte – ha detto – i condannati chiedevano una penna e un foglio per scrivere le loro lettere d’addio.

“Non siate come me” erano le parole scritte da un condannato prima di essere giustiziato, che Samuel ha ricordato.

I condannati possono anche scegliere i vestiti da indossare nel loro ultimo giorno.

Alcuni detenuti musulmani volevano morire indossando la maglietta e i pantaloni della preghiera. Ce n’erano altri che sceglievano giacca e cravatta. Uno ha persino indossato un paio di scarpe da 300 ringgit. ‘Perché non morire con stile,’ mi ha detto il condannato scherzosamente.

L’impiccagione avrà luogo soltanto quando tutte le parti, inclusi il direttore della prigione e il medico, saranno soddisfatti dello stato di salute del condannato nel giorno prescelto.

Il detenuto è ammanettato da dietro ed ha la testa coperta da un cappuccio. I carnefici guideranno il condannato da dietro.

Nella maggior parte dei casi, il corpo del detenuto si irrigidisce, spesso trema e dobbiamo usare molta energia per portarlo nella stanza della morte

Quando si apre la botola

La botola sul pavimento della stanza della morte, su cui sta in piedi il condannato, si apre quando la leva, denominata dai carnefici ‘il dispositivo’, viene tirata. C’è un vuoto di 5 metri sotto la botola.

Quando la botola si apre, il rumore riecheggia per tutta la prigione nel mattino attonito, mandando un agghiacciante messaggio specialmente a coloro che stanno nel braccio della morte.

Nell’impiccagione giudiziale, la morte del condannato è dovuta alla dislocazione delle vertebre cervicali.

Tutto il procedimento dell’esecuzione, dal momento in cui il condannato arriva nella stanza della morte fino al momento in cui il direttore dà al boia il segnale di tirare la leva, si svolge in appena 15 secondi.

Tutto è stato cronometrato per assicurare che l’esecuzione di svolga rapidamente, in quando qualsiasi ritardo non farebbe altro che tormentare ulteriormente il condannato.
Samuel ha dichiarato che la morte avviene tra i 30 e i 60 secondi e che l’impiccato viene tirato giù e sistemato su un carrello dopo circa 30 minuti.

Ricordo sempre ai miei assistenti di rispettarne il corpo, in quanto il condannato ha già scontato la sua punizione. Se facciamo ciò, non avremo alcuna conseguenza negativa (…) Per quel che mi riguarda, solitamente guardo il viso del condannato morto e porto la mano sul petto. Questo è un consiglio che mi è stato dato dai miei precedenti capi.

Samuel ha anche riferito di alcuni indimenticabili episodi nel corso del suo incarico speciale, in uno dei quali un condannato aggressivo lo aveva attaccato.

Dopotutto, a modo suo, è un brav’uomo, no?
Fonte

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