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Il Valore dell’Istruzione – Parte III

Pensavate di esservi liberati essere esperti della teoria dell’istruzione con soli due post?

Bene non è così, eccoci quindi a un’altra puntata di roba che non serve nella vita vera il quarto d’ora di economia di dubbia utilità

Oggi per spiegare perché se fai arte non trovi lavoro sperando di fare cosa gradita andremo ad analizzare cosa succede una volta che ho preso un titolo di vario genere e vado a cercare lavoro.
Cercheremo inoltre di stabilire come mai, nonostante il 90% dei lavori potrebbe venir fatto da delle scimmie ammaestrate, una laurea in letteratura ti da accesso privilegiato a servire panini.

Ci sono dei rimandi agli altri 2 post qui e quo (soprattutto per degli approfondimenti), non è comunque necessario averli letti.

La Selezione Avversa

Uno dei maggiori problemi delle aziende è quello della cosiddetta selezione avversa.
Con selezione avversa intendiamo il rischio di assumere gente buona solo a pulire i gabinetti laureati in architettura o più generalmente incapace di svolgere il compito per cui si candida.
La selezione avversa è frutto dell’asimmetria informativa una cosa che gioca a favore di noi che cerchiamo lavoro.
In pratica, io lavoratore so quanto valgo, l’azienda no, l’azienda è costretta a “fidarsi” che io abbia davvero le caratteristiche che dico di avere e, più in generale, sia in grado di svolgere il compito per cui mi presento.

I danni dell’asimmetria informativa li può vedere chiunque entri in un ufficio postale.
Chiunque di voi lavori sa benissimo che ci sono decine di persone cui uno si chiede: “ma come hanno fatto a farsi assumere?”.

Combattere la Selezione Avversa

Come fanno le aziende a proteggersi da orde di fattoni semi-analfabeti?
Tralasciamo la casistica della retribuzione legata alle performance, è un tema interessante ma meriterebbe un articolo a parte e, soprattutto, in Italia è praticamente inesistente in quanto la retribuzione è legata ai contratti nazionali.

L’azienda ha fondamentalmente 2 armi: il periodo di prova e le credenziali, e vedremo come queste due cose possano in parte essere sovrapposte attraverso la teoria dell’educazione come segnale.

NOTA: in questo post prenderemo in considerazione la modellizzazione legata al primo impiego o comunque ai primi impieghi dove il fattore “istruzione come segnale” è determinante.

Periodo di Prova

Con periodi di prova si intende un generico periodo di lavoro in cui la risorsa percepisce una frazione della retribuzione, se la risorsa supera questo periodo di prova essa viene assunta e percepisce la retribuzione piena.
Esiste una vasta letteratura su come stabilire durate, stipendi e benefit dei periodi di prova (vasta letteratura bellamente ignorata in Italia), qui ne faccio una trattazione ridotta.

Ipotizziamo di riassumere tutto a 2 periodi, nel primo si è in prova e si guadagna w1, nel secondo si è assunti e si guadagna w2 (va da se che w1 < w2). Il mio obiettivo è settare questi w in maniera tale da attirare i bravi e cacciare i fattoni. Essendo che ognuno conosce le sue potenzialità, ognuno dovrebbe sapere a che stipendio può ambire. Se io mi sono fatto una triennale in teatro kabuki so che potrò ambire al massimo a uno stipendio wu (basso) se io mi sono fatto un dottorato in gestione dei flussi stellari so che posso ambire a uno stipendio ws (alto). Mettiamo insieme un bel modello per capire quanto offrire, ricordiamoci che il nostro obiettivo è attirare i dottorandi in flussi stellari e cacciare gli attoruncoli da strapazzo. Ecco le due disequazioni: w1 + w2 > 2ws

w1 + (P)w2 + (1-P)wu < 2wu

La prima mi serve ad “attirare i bravi”, ossia al primo periodo guadagnano w1, al secondo w2, la somma dei due deve essere maggiore di quanto guadagnerebbero se andassero subito a cercarsi un lavoro che li pagasse ws.

La seconda serve a “cacciare gli scarsi”: idealmente nel primo periodo guadagnano w1, nel secondo periodo sarebbero cacciati perché non hanno passato il periodo di prova (ha fatto 5 anni di arte? le faremo sapere), quindi vanno a cercarsi un lavoro adatto a loro e guadagnano wu.
La somma (w1 + wu) deve essere minore di 2wu ossia devo spingerli a evitare di provarci e andarsene subito da McDonald a cercare un lavoro più adatto a loro.

(Nota che wu potrebbe anche essere 0, ossia rimanere disoccupati).

Non voglio tenere troppo alta la suspense quindi spieghiamo anche la P, la P è la possibilità che il fattone di turno passi il periodo di prova nonostante io lo tenga d’occhio.
Questo ovviamente complica e di molto le cose, come faccio a sapere che probabilità ha il mio neoassunto di sembrare adatto pur non essendolo?
Mistero.
Ci sono ovviamente dei sistemi (banalmente dargli compiti che provino le sue capacità) ma il rischio sussiste ed è più concreto di qaunto si creda.

Risolviamo zuppidà zuppidà ed ecco il risultato ossia le w1 e w2 ottimali:

w1(opt) = ((1+P)* wu – 2P*ws) / (1-P)

w2(opt) = (2ws – (1+P)* wu) / (1-P)

Questi sono gli stipendi da settare nei due periodi.

Lasciate stare le formile tanto nessuno le usa mai, il concetto però che esprimono è il seguente: se cresce P ossia la probabilità di assumere fattoni io devo abbassare w1, questo però poi comporta che io alzi molto w2 perché devo ricompensare quelli bravi che si sono fatti il tombino durante w1, altrimenti nemmeno si presentano.

Pensateci bene, chi di voi accetterebbe 1 anno a 100 euri al mese con la promessa che, se passi il periodo di prova, poi avrai 1200 euro di stipendio? Nessuno, vado a cercarmi un lavoro da 1000 euro.
Ma se invece l’offerta fosse: un anno gratis in prova, poi se passi 10.000 euro al mese, bhe se io fossi bravo in quel lavoro un pensierino ce lo farei.

Analizziamo ora P, da cosa dipende? In massima parte, oltre che dai sistemi di controllo che posso attuare, soprattutto dalla tipologia di lavoro, più il lavoro è semplice più P è alto, è difficile simulare di essere bravi chirurghi mentre è facile fingere di essere bravi addetti alla fotocopiatrice.

Tutto bellissimo tranne che tutto questo ambaradan ha un costo.
Devo sobbarcarmi le spese del periodo di prova, devo sobbarcarmi le spese di (w2-ws) che è alto se il periodo di prova è complesso, devo perdere tempo a fare controlli, rischio di avere persone che passano comunque, devo ricominciare a spiegare il lavoro da zero ogni volta che prendo qualcuno in prova perché quello prima non ha passato la selezione etc.

Non c’è un modo di delegare tutto questo a qualcun altro? Magari non pagandolo, magari fornendo al contempo formazione? Magari così dopo pago solo ws (o spesso wu)?

Bhe si, c’è un ente che si occupa di tutte queste cose, e pure gratis (gratis per me azienda), questo ente si chiama: istruzione superiore (volgarmente detto università, formazione post-diploma, master, dottorato etc.).
Per comodità di qui in avanti userò il termine “laurea” e “università” per sottendere ogni forma di istruzione superiore.

Istruzione come Segnale

Immaginate un periodo di prova che dura 5 anni, in cui non solo non vengo pagato, ma devo pagare io.
Nel quale contemporaneamente ottenete una serie di capacità.
Un periodo di prova che posso non passare se è troppo complesso per me.
Questo è il modo in cui l’azienda vede l’università.

Dal punto di vista dell’azienda chi ottiene una laurea ha speso effort (tempo e denaro, riguardare i primi due post nel caso serva una rinfrescata), se l’ha fatto è perché a lui conveniva, ossia l’ha fatto perché è abbastanza bravo che il costo di conseguire una laurea è inferiore al guadagno che otterrà con tale laurea.

Graficamente perchè solo a parole si capisce troppo (il grafico l’ho fatto io con le mie manine sante per quello fa schifo):

Sulle ascisse abbiamo gli stipendi w(s=1) è lo stipendio che mi viene offerto se ho una laurea, w(s=0) è lo stipendio offertomi se non la possiedo.

Sulle ordinate abbiamo i costi di acquisire S, sono evidenziati 2 casi S = 0 o S = 1, S sta per signaling, ossia io segnalo al mercato del lavoro se ho preso la laurea o meno.

ah è l’abilità di quello bravo e al è l’abilità di quello scarso.

k è il costo di acquisire il segnale, ossia di laurearmi, il costo è uguale in assoluto ma è diverso relativamente alla mi abilità, se io sono bravo spenderò di meno, se sono scarso spenderò di più (rimando agli altri 2 post per la spiegazione), di conseguenza si misura k/a.

a, b, c, e x sono lettere.

La persona “brava” spende meno a comprare k di quanto poi guadagnerà avendo S = 1, e quindi si laurea dimostrando al mondo di “essere bravo”, la pesona meno brava spenderebbe più k ad acquistare S = 1 di quanto poi guadagnerebbe e quindi lascia stare.

Quindi la laurea sta li a dire “io sono bravo perchè il costo per ottenere questa laurea per me è stato basso al punto che l’ho presa”.
Bam!
Ecco qui fatta la mia selezione, se io assumo qualcuno con una laurea “difficile” so che quella persona è brava per il semplice fatto che gli è convenuto investire in istruzione al posto di andare a lavorare subito (rimando sempre ai post precedenti se l’affermazione non è chiara).

Vi ricordate dello stipendio “promesso” nel caso io aumenti le mie conoscenze?
Eccolo spiegato qui, le aziende pagano meglio un laureato (che può voler dire più soldi ma anche solo un lavoro più sicuro) perché il laureato con il suo foglio sta dicendo loro “io sono bravo, l’università ha già fatto per voi il grosso del lavoro di selezione”.

Benché su parametri molto diversi la laurea può essere vista come un periodo di prova, come un segnale appunto, un segnale che spinge il mercato del lavoro a preferire un laureato a un diplomato, anche se magari il diplomato è migliore, anche se magari per il lavoro che si deve fare la laurea non serve.
Ed è lo stesso motivo per cui preferisce un ingegnere a un letterato anche per compiti in cui la conoscenza specifica non serve.

Ma è anche il motivo per cui McDonald pullula di filosofi, ossia di persone che, sapendo di avere scarse possibilità di passare i periodi di prova più complessi (ad esempio una laurea in una materia tecnica) abbandonano la competizione e puntano a ottenere lo stipendio wu ossia lo stipendio basso.

Ovviamente non è solo questo una laurea, ma per moltissimi lavori che potrebbero essere tranquillamente svolti e con profitto da dei diplomati si tenderà ad assumere dei laureati, se devo rischiarmi una P, meglio puntare sul cavallo sicuro, ossia sul cavallo che è già stato testato per cinque anni.
Volgarmente: se devo inserire numeri in un computer sono certo che un laureto possa farcela.

Conclusioni

A parte le trollate :troll: il concetto di istruzione come segnale è una variabile estremamente importante nel mercato del lavoro, soprattutto in quello italiano.
La laurea come segnale acquisisce maggiore importanza fondamentalmente per 2 motivi: il primo è che le aziende non possono permettersi di sbagliare, estremizzando: una volta offerto un contratto a tempo indeterminato indietro non si torna, se ho preso un fattone mi tengo un fattone.
Il secondo è che non esiste la possibilità di retribuzione differita essendo la retribuzione basata sui contratti nazionali e legata principalmente all’anzianità più che alle performance (di conseguenza non solo se mi prendo un fattone me lo tengo ma lo pago anche come uno bravo).

È giusto? È sbagliato?
Non sta ai modelli dirlo, quello che i modelli ci dicono è che se le aziende sono costrette a scegliere senza possibilità di tornare indietro punteranno sempre alla maggior sicurezza (quindi alla laurea) senza dare possibilità a persone magari brave ma incapaci di dimostrarlo (persone ottime per quel compito ma che non hanno investito in istruzione perchè per loro sconveniente) meglio prendere qualcuno sovradimensionato per un compito stupido che rischiare su uno che potrebbe essere adatto ma anche no (soprattutto se il mercato degli stipendi me lo permette).
Ci dice quindi che saranno richiesti laureati anche per lavori per i quali non sarebbe necessario esserlo, semplicemente per poter dare “in outsourcing” la scrematura dei possibili candidati (facendola fare alle università).
E ci dice anche che in una situazione simile la “corsa alla laurea“ spingerà a prendere in ogni modo il pezzo di carta riempiendo i McDonald di filosofi e di fatto annacquando il sistema (e rovinado il mio panino!).

Con questo non voglio assolutamente dire che il mercato del lavoro deva essere più flessibile (cioè in realtà si ma il discorso è molto più lungo e implica che sia anche più sicuro oltre che più flessibile) perché ogni volta che si vira verso una maggiore flessibilità in realtà il mercato spinge a sfruttarla in maniera meramente utilitaristica, ad esempio usando i periodi di prova come surrogato all’assunzione e non come reale periodo di prova, non risolvendo il problema e penalizzando i lavoratori.

Quello che ci dicono questi modelli è che finché il mercato considererà la laurea come segnale e che questa considerazione supererà l’analisi delle capacità individuali allora ci sarà una corsa alle lauree.
Ai tempi dei nostri genitori bastava essere laureati e il lavoro era certo; ai nostri tempi devi essere laureato e in qualcosa che conta; in futuro dovrai essere laureato, in qualcosa che conta, e con un voto ottimo, e tutto per avere sempre lo stesso lavoro.

In questa corsa ci rimettono ovviamente quelli che non possono permetterselo, ossia quelli che vengono scartati da lavori per cui la laurea non è necessaria (la maggior parte) ma che è diventata una richiesta imprescindibile alla quale non possono ottemperare.

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