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L’ Antropofagia, i Mangiatori di Uomini

E disser: “Padre, assai ci fia men doglia
se tu mangi di noi:tu ne vestisti
queste misere carni, e tu le spoglia”.

Poscia, più che ‘l dolor, potè ‘l digiuno.

Tutti grazie al meglio cinema siamo a conoscenza del fenomeno dell’antropofagia. Chi non conosce la figura del dottor Hannibal Lecter, il sadico genio criminale che si nutre di carne umana?
Oggi il termine cannibalismo tende a sostituire quello di antropofagia, venendo accettato come generalizzazione corretta; in più è molto più diffuso, e usato in contesti diversi, non solo fisici, ma per la scienza il termine più corretto rimane il primo.
Nell’etologia il termine viene anche indicato in quei casi in cui un animale divora un suo simile, per questo ha una diffusione maggiore nell’immaginario comune, oltre ad un suono meno ostico.

Chi si ciba di Esseri Umani?

Innanzitutto dobbiamo ricordarci che l’uomo non sempre è in cima alla piramide alimentare: molti predatori ancora oggi cacciano, uccidono e mangiano gli esseri umani come se fossero qualsiasi altra preda.
Nelle aree non urbane, immersi nella natura selvaggia, l’uomo non ha alcun tipo di privilegio, ed essendo composto da carne come tutte le selvaggine più prelibate, può essere facile preda di altri carnivori. Anche se può sembrare così banale, in realtà non lo è affatto; siamo oggi talmente sicuri di noi stessi di essere la specie dominante che non ci sfiora la mente il pensiero che da soli e a mani nude valiamo meno di una scimmia; niente artigli, nessuna difesa, una grande paura.
L’uomo in condizioni normali ( o speciali, voi che ne dite?) potrebbe trovarsi in seria difficoltà con chi lotta per sopravvivere, come leoni, tigri, puma, leopardi, orsi, lupi e insetti.
[more]Alcuni casi degni di nota sono quelli dei leoni “Mangiatori di uomini” dello Tsavo, dove due maschi randagi cacciarono e divorarono una quarantina di operai addetta alla costruzione di un ponte, oppure il mangiatore di uomini di Mfuwe, un altro esemplare che un secolo dopo divorò almeno 6 persone, oppure casi documentati di lupi, come quello della bestia di Cusago, che uccise una decina di bambini, o la bestia del Gèvaudan, ignoto canide che uccise e ferì un centinaio tra uomini e animali; sappiamo poi di casi di attacchi di leopardo in india, 17 nel 1996 e 19 l’anno seguente, e i dati si sprecherebbero per evidenziare quanti predatori pericolosi abbiamo ancora oggi! Scherzi a parte, non esiste nessuna ragione per creare inutili allarmismi pseudoscientifici, visto che esistono già i media per questo, come accade a Vancouver, dove sono stati registrati una decina di attacchi di Puma dall’inizio del secolo scorso a oggi, eppure la tragedia risalta incredibilmente come “l’incredibile minaccia di questi animali mostruosi” [/more]

I casi umani

Fin dall’antichità la nostra cultura “occidentale” addita violentemente i casi di popoli dediti al consumo di carne umana: Erodoto ne parla ne le Storie, descrivendo i popoli degli androfagi e dei massageti, popoli asiatici vicino agli sciti; Plinio il vecchio in Storia Naturale e Talete in Introduzione Geografica riportano osservazioni di episodi in Irlanda, dell’altopiano iraniano, nelle regioni dell’alto Nilo e nel cuore dell’Africa nera. In seguito Marco Polo parlerà dell’isola di Sumatra, del Giappone, delle isole Andamane nell’oceano indiano. Cristoforo Colombo in seguito sarà il primo a riportare il termine “cannibale”, derivante dal nome delle popolazioni additate dai nativi americani come uomini dediti all’antropofagia, i Cannibi o Caribi, da cui il termine Caraibi. Le segnalazioni in seguito si sprecano, anche per dimostrare le barbarie di uomini inferiori, senza civiltà, indegni di essere uomini, nell’epoca del grande colonialismo.

Il grande tabù viene poi riscoperto ed usato come arma nel corso del novecento, per screditare il comunismo in tutte le sue forme, come con gli episodi dovuti alla carestia russa del 1921, o a quella ucraina del 1932; collocando il tabù in un contesto continentale, il disgusto è incredibile, e tralasciando gli aspetti della fame, immediatamente l’associazione comunisti-mangiatori di bambini fu immediato.

E il novecento scoprirà infine un nuovo cannibalismo, quello criminale, che ogni tanto partorirà nuovi mostri, insospettabili o meno.

La totale estraneità dalla nostra cultura odierna rende questi episodi macabri e raccapriccianti, e critiche vengono spinte da antropologi che non ritengono logico condannare aspetti di culture che non possiamo apprendere appieno.

Il cannibalismo Ancestrale

I predecessori dell’uomo hanno avuto esperienze di cannibalismo, come dimostrano reperti di 800000 anni fa rinvenuti a Gran Dolina, in Spagna: le ossa presentano segni di morsi umani, di macellazione, di scorticamento; Anche durante il periodo dell’Homo Neandertalhensis (200000 anni fa) pare vi fosse la pratica, e gli storici commentano le prove collegandole a motivazioni magico-rituali, collegate anche a casi di semplice soppravvivenza.

Il cannibalismo Rituale

Nell’Africa più nera è od era molto in voga la pratica del cannibalismo per scopi magici: mangiare un prigioniero di un clan nemico era un gesto che mirava all’impadronirsi delle energie del nemico, come documentato sia in casi di scontri in epoca coloniale, che in periodo postcoloniale nei conflitti in Congo, Liberia, Uganda e Ruanda. Le radici sciamaniche tramandate da una cultura orale sono ancora diffuse, come ad esempio la credenza dei poteri dei guaritori, che fanno mangiare ai pazienti organi umani dai poteri magici come nei casi di persone particolari come capotribù, grandi guerrieri caduti od uccisi e nel caso ancora più particolare degli albini.
Oltre ad impadronirsi della forza attraverso il cannibalismo, il significato rituale può essere inteso come atto di appartenenza; la setta degli Uomini Leopardo era nota per chiedere ai propri adepti come atto di iniziazione quello di uccidere un proprio parente stretto, e in seguito di cannibalizzare ogni vittima.
Un altro significato ancora è quello del rito funebre, dove cioè il clan si riunisce e divora l’uomo venuto a mancare, in un grande e intenso banchetto affinchè il suo spirito viva in eterno dentro al proprio clan.

Credenze simili le troviamo anche nel sudest asiatico, come i poteri magici derivanti dai feti, o del nutrirsi del fegato dei nemici uccisi in guerra, come testimoniato dalla guerra civile cambogiana in tempi ben più recenti; I Khmer rossi reintrodussero la pratica di asportare la cistifellea a persone ancora vive per guarire ogni tipo di malattia, o di berne la bile, prima di ucciderli.

In india nei pressi del Gange, molti coltivano ancora la credenza che divorare i corpi spinti dalla corrente depositati sul fiume sia un modo per allontanare la vecchiaia.

Il continente americano presenta moltissimi esempi sopraccitati, compresi contatti con lo spirito del defunto, offesa per tribù nemiche e dominio sul proprio clan.
Gli Uroni erano soliti torturare per tutta notte i nemici imprigionati e ucciderli all’alba del giorno seguente, offendendo la tribù nemica e acquisendo forze dal caduto.
Presso la tribù dei Tupinamba un reietto doveva essere giustiziato pubblicamente, e le vecchie del villaggio erano le prime che potevano leccare il sangue dalla vittima mentre ancora sgorgava, e veniva concesso alle donne del villaggio di bagnare i propri capezzoli per
trasmettere anche ai figli il potere derivante da questo rito.
Gli Aztechi avevano un credo religioso basato su un mondo che ciclicamente veniva rinnovato, tra catastrofi e rinascite, e a loro modo sacrificavano e si nutrivano di uomini per placare divinità e assecondare il ciclo vita e morte.

Il cannibalismo obbligato: carestie e soppravvivenza

Oltre agli scopi rituali, sicuramente alla base del cannibalismo esiste un fattore comune a tutte le specie: la sopravvivenza. In un esempio trovato in rete, si parla di come ipoteticamente un gruppo di 10 persone si sia ritrovato senza cibo, e la soluzione è una sola: qualcuno dovrà morire. In questo caso due elementi verranno sacrificati, e molto probabilmente saranno stati i più deboli: in questo caso oltre al pericolo d’inedia, possiamo notare come i migliori si siano salvati, in quanto più furbi, più forti e più tenaci.

Ogni epoca che conosce una crisi alimentare in seguito presenta dei casi di cannibalismo più o meno diffusi, limitati dal peso della cultura, dall’appartenenza ad un culto, dal ripudio del proprio bagaglio civile.

Ai sopraccitati casi di carestia in Russia del 1921, frutto della guerra civile, e Ucraina, nata dalle politiche economiche di Stalin, aggiungo la grande carestia derivata dall’assedio di Leningrado del 1941, dove si registrava una media di 1000 arresti al mese per accuse di cannibalismo.

Probabile carestie colpirono anche i misteriosi Anasazi, tribù scomparsa nel nulla dell’ area del Colorado, dove nuove teorie sostengono che un periodo prolungato di siccità abbia di fatto distrutto ogni raccolto e reso poco reperibile qualsiasi tipo di cibo. Compensando il tutto con il numero degli abitanti, è molto probabile la direzione verso l’antropofagia.

Altro episodio famoso, soprattutto nel mondo dell’arte è quello del naufragio dei superstiti della fregata Medusa, che spinti alla deriva nell’oceano per poter sopravvivere arrivarono a mangiare i propri compagni: su 147 superstiti iniziali se ne salvarono solo 15.

Altro caso emblematico fu quello dell’ isola di Nazino, dove 6000 individui furono praticamente lasciati al loro destino dopo esser stati deportati su un isola lontana 900 chilometri dai centri abitati, sulle acque del fiume Ob.

In tempi più recenti l’incidente che ha coinvolto una squadra di Rugby precipitata sulle Ande rimase isolata per ben 72 giorni dal resto del mondo, e la drammatica decisione per sopravvivere fu quello di nutrirsi dei cadaveri dei propri compagni.

Il cannibalismo criminale

Ma i casi che ancora oggi ci colpiscono di più sono quelli legati non alle popolazioni, ma alle singole persone che per disturbi psichici o per particolari perversioni, uccidono per nutrirsi della propria vittima, senza nessun bisogno particolare, se non l’appagamento per aver compiuto il gesto.
Il più curioso dell’ epoca attuale fu senza dubbio il caso di Issei Sagawa, che uccise e mangiò una ragazza da cui era fortemente attratto a Parigi.
Invitata per ripassare materie scolastiche, venne uccisa da uno sparo senza sospettare la natura di Sagawa: dell’accaduto ci rimane la traccia incisa su nastro, dove è udibile la voce della ragazza e poi all’improvviso un colpo di fucile.
Sagawa ne mangiò poi il cadavere, fino a quando fu scoperto dalla polizia: al processo venne considerato inabile, e grazie all’influenza del ricco padre in seguito verrà estradato in Giappone, dove dopo soli cinque mesi riuscirà a tornare libero, e a scrivere la propria autobiagrafia, diventando un bizzarro elemento dello star system nipponico. Durante il processo infatti in patria troverà molti ammiratori per l’atteggiamento sprezzante e strafottente che terrà nei confronti delle autorità, e per la sua calma nel descrivere l’accaduto, come se fosse stata una cosa banalissima.

[spoiler]Nota dell’ autore:
Purtroppo, per esigenze di post, non ho volutamente scritto molti dettagli della pratica dell’antropofagia in sè, dando più risalto ai vari esempi nel mondo e nella storia. Siccome inizialmente volevo affrontare anche il discorso del cannibalismo zoologico in un altro post, credo che prossimamente potrei fare una seconda parte di questo articolo, che potrebbe soffermarsi sugli aspetti meno sensazionalistici ma più “tecnici” dell’atto in sè, oltre a tutte le accezioni del termine nella cultura odierna.
[/spoiler]

Fonti:
Via
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Sono un cannibale

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