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Museo Rosenbach

LEGANERD 047117

La nostalgia non rientra nel mondo del Museo. Che progressive sarebbe? Alberto Moreno

Il progressive in Italia

Di progressive aveva già parlato @giuseppino in un articolo di quest’estate, dedicato ai Biglietto per l’inferno, citando anche i Museo Rosenbach.

Quindi, non allungando il brodo e dilungandomi in preamboli che potete trovare qui, dico solo che il prog e gli ideali che lo muovono arrivano in Italia nella seconda metà degli anni ’60 veicolati da programmi alternativi a quelli propinati dalla RAI, eccezion fatta per quelli condotti da Arbore e Massarini e destano grande attenzione nei musicisti nostrani.

I primi esempi di prog si possono far risalire, sebbene non ne contenga elementi nella musica, all’album del 1968 Senza orario, senza bandiera dei New Trolls con testi di Fabrizio de André, primo concept album italiano, formula cara al progressive, al successivo (1970) Dies Irae, dei Formula Tre, che accompagnarono Lucio Battisti in tournée e Sirio 2222 del Balletto di Bronzo.

Tuttavia, causa anche censura (che colpì, loro malgrado, gli stessi Museo Rosenbach) da parte della RAI, come nel caso dell’album datato 1969 Follia, di Fabio Celi e gli infermieri.

Il 1971 è l’anno della “svolta”, e il prog italiano, legato comunque a quello d’oltre manica, assume la dignità dovuta, anche all’estero, principalmente con Collage dei Le orme, e con gruppi come I Giganti, Delirium, Panna fredda, Il Roevescio della medaglia e PFM.

Il bienno successivo segna la definitiva affermazione del genere, che assume, causa il clima di tensione dell’epoca, connotazioni politiche, specialmente con gli Area del mitico Demetrio Stratos (probabilmente il miglior cantante italiano, in grado di padroneggiare anche quadrifonie) e vede l’affermazione di gruppi quali Alluminogeni, Balletto di bronzo, Banco del mutuo soccorso, Buon vecchio Charlie (ove militava il buon vecchio Richard Benson, ormai tristemente famoso solo per le sue performance trash, comunque, IMO, meritevoli di plauso), Perigeo, I Teoremi e molti altri.

I Museo Rosenbach pubblicano il loro primo lavoro nel 1973, condividendo la scena con, tra gli altri, gli Acqua Fragile, Campo di Marte, Jumbo e i sopracitati Area.

Dal 1974 in poi l’Italia vive un periodo di crisi e di tensione, in cui si sviluppano i movimenti di controcultura, schierarsi diventa quasi un obbligo, chi non lo fa viene disprezzato e sottovalutato, a favore dei gruppi impegnati, come i Dedalus e i comunque straordinari Arti e Mestieri; nel genere vengono introdotti contaminazioni di free jazz, elettronica e folk (vedi Biglietto per l’inferno).

In un clima sempre più violento e ostile che porterà al punk, il prog inizia a dissolversi, scomparendo definitivamente negli anni ’80. Encomio finale per i Locanda delle Fate, capaci di pubblicare, nel ’77, un lavoro delicato e romantico, Forse le lucciole non si amano più.

Museo Rosenbach

A cavallo tra anni ’60 e ’70, Il Sistema, formato dal leader Luciano Cavanna (basso, voce), Enzo Merogno (chitarra, voce), Leonardo Lagorio (flauto, sax, piano elettrico), Floriano Roggero (organo), Luciano Cavanna (basso, voce), Ciro Perrino (batteria, percussioni, flauto, voce), era un gruppo che registrò un solo album, pubblicato solo nel 1991 (quando si riaccese l’interesse del pubblico verso il prog), Viaggio senza andata, la cui qualità è stata deteriorata dal tempo, comunque molto interessante e di transizione tra rock psichedelico e progressive.

Quando poi Cavanna è diventato Testimone di Geova ed ha mollato, il gruppo si è spappolato (come dichiarano i Museo Rosenbach in quest’intervista) e Leonardo Lagorio ed Enzo Marogno formarono, con dei musicisti provenienti dal gruppo sanremese La quinta strada, che suonava cover di pezzi beat stranieri, ovvero Giancarlo Golzi (batterista), Pit Corradi (tastiere), Alberto Moreno (basso) ed il cantante Stefano “Lupo” Galifi, il gruppo Inaugurazione del Museo, che suonava cover e pezzi originali come band di supporto ai concerti di band come i Delirium.

La formazione era quindi così composta:
• Alberto Moreno – basso
• Giancarlo Golzi – batteria
• Pit Corradi – tastiere
• Stefano Galifi – voce
• Enzo Merogno – chitarra

Nel 1972 il gruppo firma con la Ricordi e accorcia il suo nome in Museo Rosenbach.

Il nome era ispirato da quelli dei gruppi prog dell’epoca, come Banco del Mutuo Soccorso, Premiata Forneria Marconi e simili e fu scelto quasi casualmente(come dichiarato in quest’intervista), aggiungendo a Museo (dal quale era stato sottratto Inaugurazione perché “suonava male”) il nome molto suggestivo di un filologo tedesco, Rosenbach (“ruscello delle rose”).

el 1973 viene pubblicato Zarathustra.

Zarathustra

Zarathustra è un concept album interamente dedicato al profeta persiano vissuto tra i secoli V e IV a.C. Zarathustra (Zoroastro), fondatore dello Zoroastrismo e protagonista di Così parlò Zarathustra, di Nietzsche (che lo scelse profeta della filosofia dell’oltreuomo poiché sostenitore di ideologie rivoluzionarie per l’epoca); come è facile intuire dai titoli delle tracce (vedi, ad esempio, Al di là del bene e del male), i testi, risultato di ricerche del bassista Moreno e scritti dal paroliere Mauro La Luce, sono ispirati proprio dall’opera di Nietzsche.
Come già detto, quest’opera si colloca in un periodo in cui chi non si schierava politicamente (verso sinistra), veniva osteggiato e emarginato, tacciato come venduto; Stefano Galifi ha dichiarato, in un'intervista rilasciata a pagine70 d’esser stato scosso dalla guerra in Vietnam e dal massacro di quei giovani innocenti e d’esser stato piacevolmente colpito da Woodstock ma, mosso da passione per la musica piuttosto che da ambizioni politiche aveva deciso di non schierarsi.

La filosofia di Nietzsche, che subì la strumentalizzazione del nazismo che sfruttò una versione delle sue opere falsificata dalla sorella, era vista, all’epoca come di destra; a sostegno della tesi che ritraeva il gruppo come fascista, il busto di Mussolini che spicca nell’artwork di copertina, collage di ritagli di riviste dell’epoca composto da Cesare Monti (e che, come dichiara qui Moreno avevano ingenuamente accettato).

Quindi, fuorviata da quest’immagine e peccando di superficialità la RAI cestina l’album, che, nonostante un buon lancio promozionale da parte della Ricordi sulla quale il gruppo è diviso tra Moreno che se ne dice soddisfatto e Galifi che ammette che, intimoriti dai signori della musica della Ricordi, hanno ceduto su vari punti, è un fallimento commerciale.

L’immagine del retro, realizzata anch’essa da Monti, raffigura due braccia incrociate, una gracile, stretta da un laccio e infilzata da una siringa, e una ben tornita, vestita con la manica d’una giacca elegante e un orologio d’oro, che stritola degli uomini, e sono il simbolo dei vizi che tengono prigioniero l’uomo, come la droga e la sete di denaro.

Tracce

1. Zarathustra
a) L’ultimo uomo (3.55)
b) Il Re di ieri (4.40)
c) Al di là del bene e del male (2.39)
d) Superuomo (6.25)
e) Il tempio delle clessidre (2.52)
2. Degli uomini (4.04)
3. Della natura (8.28)
4. Dell’eterno ritorno (6.18)

La suite Zarathustra che, lunga quasi 20 minuti, occupa il lato A del vinile, è composta da 5 brani; il primo, L’ultimo uomo, si apre con note sussurrate, in un solenne crescendo di suoni e con un breve rullo di tamburi; il mellotron, l’hammond e gli arpeggi di chitarra accompagnano la voce di Galifi, concepita come elemento strumentale (come in Dazed and Confused dei Led Zeppelin nel loro omonimo album nel 1969).
Il titolo fa riferimento alla celebre frase di Diogene ripresa da Nietzsche, «Cerco l’uomo».

[more]Il testo recita:

Volto di luce,mi hanno parlato di te, la tua storia è nell’eco dei monti, troppo in alto per scendere in noi.
Nel tuo eterno cammino quello che insegui non c’è; senza un fine può esistere la vita.

Si completa nell’arco di un giorno.
Misera ombra, vuoto riflesso dell’io non ti serve capire la forza che mi spinge a cercare nel mondo.
Chiara essenza divina già si nasconde in chi sta vivendo il gioco del tempo nell’attesa di un’alba diversa.

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Segue Il re di ieri, introdotto dal pianoforte, che crea un atmosfera distesa e quasi sognante.

[more]Il testo, come ne Dei predicatori di morte, invita l’uomo a diffidare dai predicatori della vita dopo la morte e che Zarathustra invita a sospingerli, col miraggio della ‘vita eterna’, fuori di questa vita! e ad amare la terra, dalla quale nascerà il superuomo ed i piaceri terreni, gli unici che gli uomini possiedono.

No, non continuare il cammino per le strade che non hanno fine; tu già vedi in me quello che mio padre, Dio, ti insegnò. Forse nemmeno tu credi a quello che non ti creò mai. Ama la tua terra, nel suo ventre Dio si formerà.

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La quiete volge rapidamente verso uno stato di tensione, il ritmo cresce e la batteria segna l’inizio di Al di là del bene e del male (titolo del libro che seguì a Così parlò Zarathustra, più aggressiva e ritmata.
[more]Il testo, proprio come il libro, critica la vacuità degli ideali dell’epoca e, in particolare, della morale dell’egualitarismo cristiano e della sua concezione dogmatica.

Tavole antiche, divini voleri hanno diviso nel tempo già il bene dal male. L’uomo da solo lontano da Dio non può costruirsi la propria morale. Fuggi la tua volontà.

Sotto quei veli, falsa saggezza, viene insultata la verità. Dalla morale che tu hai creato niente si innalzerà. Cieco nel dogma della tua fede perdi la scelta di libertà. Grigio tramonto di luci antiche l’ultimo uomo avrà.

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L’aggressività delle chitarre distorte, dell’hammond e del vibrafono lasciano il posto ad un mellotron suonato con dolcezza, che accompagna la voce di Galifi, che danno inizio al pezzo più lungo di questa suite, Superuomo, caratterizzata da riff aggressivi e frenetici di chitarra e hammond, mentre gli assoli di chitarra riprendono il cantato.

[more]Il testo recita:

Ma troppe risposte confondono una vita antica. Mille tradizioni hanno costruito un muro intorno a me.
Solo e senza forze mi perdo nelle mie parole e forse chi cerco ha camminato sempre accanto a me…..
Ecco nasce in me, vivo il Superuomo.
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L’ultimo pezzo, strumentale, fu composto dal sopracitato Il sistema e portato al Museo dal chitarrista Merogno. Il titolo del brano, Il tempio delle clessidre, darà il nome al gruppo in cui milita Galifi.

Degli uomini, il cui titolo rimanda ai discorsi di Zarathustra, è il primo brano del lato B del vinile e, avviato col basso di Moreno, è caratterizzato da assoli e bottleneck di chitarra.
[more]Il testo parla delle guerre di religione, che portano alla distruzione della terra, degli uomini che offrono spade al cielo, calpestando gli altri uomini, senza umanità.

Sangue, comandi, bandiere, città, grida di gioia, dolore…. Perché?
Come l’autunno il mondo vuol sfiorire, offre al cielo spade calpestando la lealtà.
Cresce ed uccide nel tempo la sua umanità.
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Della Natura, prima veloce e sincopata, si ferma in una melodia quasi impercettibile, tappeto del cantato, per poi riprendere vigore nella parte strumentata dove tutti gli strumenti suonano all’unisono scanditi dall’impeccabile sezione ritmica.

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Cade quiete sulla notte, vergine nel proprio manto.

Tace il mondo e in lui rivive l’ansia e la paura che il silenzio con il suo vuoto riaccende, sospetto ed infido nel buio.
Il terrore, gravido com’è di magia fa tornare nella mente il volto della morte.
Vivo invece solo in questa realtà che forte pulsa nella corsa di una stella certa di poter tramontare e in un mare di fontane stanche, nella pace.
Credo e sento: questa è la libertà, un fiume, il vento e questa vita.
Il silenzio è il canto della vera poesia. Un bimbo nasce questa notte: sono io.
I miei occhi sono stanchi, sento ormai che dormirò. L’alba nasce dalla quiete, vergine nel proprio manto, vive e freme già.

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A chiudere l’album, la solenne e riflessiva Dell’eterno ritorno.
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Strani presagi accendono dubbi mai posti! Lego il mio nome alla vita, alla morte, alla gloria?
Purtroppo è destino che io non riceva alcuna risposta, se credo veramente in me.
Vita mi chiedi se io ti ho servita fedele; di fronte alla morte non ho reclinato mai il capo.

Nemmeno per gloria ho reso sprezzante o altero il mio viso.
Ho chiuso degnamente un giorno.
Ma in questo spazio in cui tramonto un altro giorno rinascerà
e Zarathustra potrà trovare le stesse cose qui.
Ma per quante volte ancora lo stesso sole mi scalderà?
Ma per quante notti ancora la stessa luna io canterò?
Non posso più cercare una via poiché la stessa ricalcherò.
Muoio, senza sperare che poi qualcosa nasca qualcosa cambi.
Ormai il mio futuro è già là, la strada che conoscerò porta dove l’uomo si ferma
e dove regna il Ritorno Eterno.

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Dopo Zarathustra

Non avendo riscosso il successo sperato, il gruppo si scioglie e ognuno prende strade diverse. Merogno ha abbandonato la musica dedicandosi ad attività imprenditoriali nel campo farmaceutico, Corradi è diventato architetto, Golzi diventa il batterista dei Matia Bazar, Moreno collabora con questi ultimi sino al 1986, poi diventa un insegnante di filosofia.

Nel 1992 la Mellow Records pubblica dei ripescaggi che sono stati definiti dal gruppo come una disavventura micidiale, a causa della scarsa qualità e degli errori delle registrazioni.
Nel 2000 il gruppo si riunisce senza Corradi, Merogno e Galifi e pubblica Exit.

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Fonti

Rock progressivo italiano | Wikipedia
Museo Rosenbach | Wikipedia
Intervista con… Il Museo Rosenbach | Pagine70
Museo Rosenbach | Italian Prog
Museo Rosenbach: Zarathustra | John’s Classic Rock
Zarathustra lyrics per i testi | Museo.it
Così parlò Zaratrhustra | rodoni.ch

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