The Artist

Ieri sera, con colpevole ritardo, sono riuscito finalmente ad andare a vedere The Artist al cinema.
Sala semivuota, forse anche a causa dell’orario, sicuramente in buona parte a causa del film. Dieci persone in sala, che per me vuol dire essere in buona compagnia, perché quelle dieci persone sicuramente capiscono di cinema.

Tornando al film credo che più o meno tutti sappiate di cosa sto parlando. Per chi non lo sapesse, si tratta di un film francese che circa una settimana fa ha sbancato gli Oscar portandosi a casa tutte le statuette più importanti, fra cui ovviamente miglior film, regia e attore protagonista.

La particolarità che rende unico questo film, almeno ai giorni nostri è quella di essere muto. Ebbene sì, trattasi di film muto in bianco e nero girato in 4:3. Nel 2012? Sì, proprio nel 2012, anzi a dire il vero sarebbe del 2011 ma fa niente dettagli.
Vi dirò di più, questo film a mio avviso vince 3-0 a tavolino contro quasi tutta la produzione Hollywoodiana degli ultimi 30/40 anni.

Perché? Perché emoziona. E lo fa nella maniera più semplice possibile, raccontando una storia, senza bisogno di dialoghi, utilizzando il linguaggio più puro del cinema: immagini e musica.

Personalmente ho sempre ripudiato chi criticando un certo tipo di cinema mi diceva: “Eh vabbé che palle, al cinema bisogna andare per divertirsi?” NO! CAZZATA! Al cinema bisogna andare per provare emozioni, il divertimento può essere una di queste, ma non l’unica grazie a dio. Ecco The Artist mi ha regalato una così ampia gamma di emozioni che non ricordo neanche da quanto tempo non le provavo uscendo da una sala.

La storia è semplice ed abbastanza lineare ma sia la bravura di chi la racconta che la maestria di chi la interpreta fanno si che non si riesca mai a distogliere lo sguardo dallo schermo restando completamente assorti da una serie di silenzi che dicono tutto anche senza dire niente. La bellezza di un film del genere sta proprio nel come riesca a costringere lo spettatore ad immaginare o a creare proprio di sana pianta i dialoghi fra gli attori in quanto anche i pochi cartelli esplicativi sono scarni e lasciano molto spazio all’immaginazione.

Dal punto di vista tecnico Michel Hazanavicius ha realizzato un vero e proprio tributo al cinema d’altri tempi, non solo grazie al bianco e nero, al formato e alle transizioni. Anche la regia è ben studiata, inquadrature prolungate, montaggio meno serrato possibile e una fotografia volutamente molto retrò. I più attenti riconosceranno diverse inquadrature che richiamano non solo il film muto ma anche la Hollywood Wellesiana, in particolare la scena dell’asta.
La colonna sonora, letteralmente vera e propria colonna portante del film è davvero stupenda ed è stata ovviamente premiata anch’essa con la statuetta (battendo anche un mostro sacro come John Williams).

I protagonisti sono veramente da premio non che azzeccatissimi per i ruoli. A partire da John Goodman, che ha per così dire il giusto phisique du role per interpretare il produttore di inizio novecento. Bérénice Bejo, la splendida co-protagonista è un fiore, vedendola al naturale non avrei mai detto che sarebbe riuscita a trasformarsi diventando una perfetta diva anni 30, invece applausi.

Discorso a parte per il protagonista, Jean Dujardin. Come Hollywood non si sia accorta prima di lui rimane per me un mistero. Di sicuro state attenti perché il viale delle stelle ha scoperto la classica gallina dalle uova d’oro. Potrei mettere la mano sul fuoco che fra non molto il telefono del suo agente diventerà a dir poco rovente. La capacità di tenere la scena anche da solo è quella dei grandi attori e francamente non vedevo un’espressività così marcata e variegata dai tempi del primo Jim Carrey.
Da non sottovalutare poi che ha un sorriso assolutamente d’altri tempi, particolare che agli uffici marketing e pubblicità delle case di produzione fa sempre molto comodo. Il ruolo di George Valentin in questo film gli è stato veramente cucito addosso, ma lui lo interpreta magistralmente passando da comicità a dramma attraverso balletti scene d’amore e quant’altro. Praticamente la gamma completa di sfaccettature attoriali.
Bisognerà vederlo alla prova recitativa sonora, ma non ho alcun dubbio che non deluderà di certo.

Per concludere consiglio vivamente a tutti gli amanti del bel cinema di andare a vedere The Artist, non su Pc, di andare in sala a vederlo perché merita davvero. Certo c’è da dire che il cinema di oggi dovrebbe interrogarsi se un film del genere (bianco e nero, muto etc.), riesce a regalare allo spettatore più emozioni di quanto non riescano a fare i film odierni. Moderno è sempre meglio? Forse si ma non del tutto a quanto pare.

Un’ultima cosa. Prendendo i biglietti ho notato che alle casse del cinema era appeso un cartello che recitava più o meno così: “Attenzione, The Artist è un film muto con sottotitoli. Non si effettuano rimborsi.”
Ora, francamente mi sarebbe davvero piaciuto vedere l’idiota che torna alla cassa del cinema per farsi rimborsare il biglietto del film. Ho provato vergogna ed imbarazzo per lui, perciò faccio un appello personale: “Gentile utonto medio, la prossima volta anziché andare al cinema stai a casa a guardare Panariello, però nel caso per favore evita di riprodurti, l’umanità tutte te ne sarà grata, grazie.”

2011, anno di grandissimi film, Drive e poi The Artist. :res:

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