La “Grand Strategy”, ovvero il divertimento secondo Paradox

Paradox oggi è un publisher affermato, di nicchia, ma affermato, con un modello di business decisamente alternativo ma che, nel mondo PC, spacca il culo ai passeri. Scusate il francesismo. Fare pompini alla Paradox è un’attività che ogni buon giocatore PC dovrebbe praticare almeno 4-5 volte al giorno, come la preghiera per i musulmani, tuttavia non è ciò che voglio fare in questo articolo.

Paradox infatti, prima di diventare il publisher illuminato che conosciamo oggi, era una software house, sviluppatrice di propri videogiochi. Quasi tutte le sue produzioni hanno notevoli punti in comune, un approccio al divertimento e alla realizzazione dei videogiochi totalmente originale che, negli anni, ha preso il nome di “Grand Strategy”, termine utilizzato da loro stessi per categorizzare i propri prodotti.

In questo articolo non vi parlerò di singoli videogiochi ma bensì del genere intero, poiché oltre ad essere profondamente di mio gusto con quasi un migliaio di ore giocate complessive su EU2, EU3 e Vic2, ritengo che possa essere estremamente interessante per qualunque nerd umanista, anche non appassionato di videogiochi.

Questo genere va a toccare i vari punti G intellettuali di chiunque li approcci e nel corso dell’articolo capirete perché. Ci sono preponderanti elementi di storia, geografia, sociologia, scienze politiche e strategia militare che andranno ad eccitare i diversi centri nerditudinali del vostro cervello per portarvi a copiosi orgasmi cerebrali che imbiancheranno la vostra scatola cranica (a meno che non vi esca dalle orecchie, motivo per cui cerco di non tenere mai oggetti di valore ai miei fianchi mentre gioco).

Come si caratterizza quindi il “Grand Strategy”? Partiamo dal significato del nome, termine militare per indicare un coordinamento ad alto livello delle strategie d’azione. Questo perché in tutti i giochi Paradox sarete al comando di intere nazioni, quasi sempre giocando sulla mappa del mondo reale.

La peculiarità di questo misto tra gioco gestionale e strategico risiedono principalmente nel grande numero di meccaniche che si intersecano fra loro, come succede ad un vero regnante/capo di stato. Dovrete curarvi degli aspetti produttivi, commerciali, militari, religiosi, diplomatici e politici, oltre spesso all’organizzazione di spedizioni coloniali.

Un’altra caratteristica tipica saranno le battaglie automatizzate: il gioco è di strategia, non di tattica. Non avrete controllo diretto sulle unità ma le sposterete semplicemente sulla mappa del mondo, di provincia in provincia e in caso incappino in un esercito ostile, gestiranno l’attacco autonomamente. Questo avviene con varie gradazioni di complessità che vanno dai 3 tipi di unità con pochi bonus e malus di Europa Universalis, alle numerose unità e complicate alchimie di Hearts of Iron.


Il Fascistissimo Impero d’Italia
I vari titoli singoli declinano la stessa formula in base al periodo storico in cui sono ambientati, che vanno dall’antica roma di Europa Universalis: Rome, alla seconda guerra mondiale con Hearts of Iron, passando per il rinascimento di Europa Universalis 2 e 3, l’epoca vittoriana di Victoria I e II, l’epoca Sengoku di Sengoku (sì, i nomi non sono il loro forte) e il medievo europeo di Crusader Kings.

In ognuno vengono rimescolati gli elementi di cui abbiamo parlato prima, dandogli peso diverso a seconda di ciò che si vuole esaltare: in Europa Universalis avremo un buon bilanciamento di tutte le componenti, essendo il titolo principale del genere che cerca di inglobare il meglio di tutti gli altri e rimanere approcciabile da tutti.

In Victoria 2 però, ad esempio, ci sarà un grado di simulazione molto più alto, dove ogni singolo individuo nel mondo verrà simulato (si sconsiglia l’uso a calcolopatici e deboli di processore), con meccaniche economiche, politiche e sociali molto dettagliate e credibili. Questa è l’epoca dei nuovi movimenti politici, della sociologia, della rivoluzione industriale e della formazione di molti stati nazionali, tutte cose che percepirete a pieno nello svolgersi delle vostre partite.

O ancora, prendendo HoI3, avremo un gioco decisamente sbilanciato verso la componente strategica, militare e diplomatica, dove potremo dettagliare maggiormente la nostra strategia sul campo, schierando unità diverse a seconda del contesto.

All’interno del “Grand Strategy” si possono individuare due sottocorrenti abbastanza chiare: quella gestionale e quella ruolistica. Esatto, alcuni dei titoli in questione implementano oltre alla marea di funzionalità già presenti, un approccio da gioco di ruolo. Invece di impersonare un’entità astratta, la nazione, impersonerete un individuo alla volta.

Crusader Kings e Sengoku sono i due esempi più riusciti. Oltre a gestire il feudo o il regno di cui sarete a capo, dovrete anche gestire un intricatissimo sistema di relazioni personali e familiari, spesso pure sin troppo complesso ed autoreferenziale. Qui non saranno simulati tutti i vostri cittadini come in Victoria II, ma, ed è altrettanto impressionante, saranno simulati tutti i regnanti di ogni feudo, sindaci, cardinali, vescovi, cortigiani e relativo parentado, ognuno con le sue statistiche, le sue proprietà, i suoi titoli e la sua rete di relazioni.

Dovrete far sposare i vostri figli o farli educare da altre persone, dovrete accontentare tutta la cerchia familiare trovandogli posizioni adatte, gestire eredità, diplomazia con gli altri regnanti e una marea di altre cose. Vostro figlio potrebbe venirvi a chiedere di servirvi come Maresciallo delle vostre armate, oppure di trovargli una moglie. Per ogni situazione ci saranno molte soluzioni possibili e la libertà di scelta è quasi totale. C’è un vostro vassallo che scalpita? Potete andare a mazzuolarlo con le vostre armate, potete assassinarlo, potete dargli il culo di vostra figlia (non fiatano mai)o minare la fiducia dei suoi vassalli verso di lui, rinforzando quella nei vostri confronti.

Spero di avervi dato una panoramica esauriente di che cos’è il Grand Strategy ma c’è qualcosa che la semplice descrizione su carta non può far intuire facilmente, ovvero perché è bello giocare questi giochi. C’è infatti un elemento magico, su cui si dibatte spesso nei forum specializzati, che dà una marcia in più a questi titoli.


L’Impero della Lunga Corea
Spesso gli strategici rappresentano una sfida di logica, dove dovrete tenere a mente centinaia di variabili per avere la meglio sul computer o su altri giocatori. Questo c’è ovviamente anche nei giochi Paradox, e in maniera decisamente consistente, ma ciò che li rende veramente speciali è un’altra cosa.

Tanti giocatori, me compreso, testimoniano la capacità dei giochi Paradox di essere immersivi, come un gioco di ruolo dove vi identificate con il vostro avatar. Questo è dovuto a tanti fattori e per ognuno è un’esperienza speciale ed unica. Sicuramente contribuiscono la grafica scarna e poco descrittiva, l’alto grado di realismo, il contatto diretto con epoche storiche, luoghi ed eventi di cui sappiamo molto anche al di fuori del contesto di gioco.

Qualunque che siano le motivazioni, dopo aver giocato a lungo, vi ritroverete ad immaginare. Immaginare cosa sarebbe successo nel mondo reale se quello che state vedendo sullo schermo, fosse successo davvero. Svedesi che invadono gli USA, armate di africani reclutate dai conquistatori indiani che combattono una guerra contro la Cina, contadini armeni che si chiedono perché cazzo ci siano dei cavalieri Irochesi nel loro villaggio, operai costretti alla fame nelle vostre città per sostenere lo sforzo bellico contro l’invasore Padano(no, nel gioco originale non potrete creare la Padania, serve una mod che ho sviluppato io).

L’immaginazione, in questa forma, è estremamente difficile da trovare nei videogiochi moderni, tutti grafica, azioni frenetiche e storie inconsistenti. L’immaginazione è un valore che nella società di oggi non ha spazio ed i giochi mainstream rispecchiano questa dimensione. Vi invito quindi a concepire i videogiochi come libri bianchi in cui dar sfogo alla vostra fantasia, quella più curiosa ed infantile, più difficile da riportare alla luce, ormai sepolta sotto le macerie lasciate dal bombardamento multimediale a cui siamo sottoposti ogni giorno.

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