Videogiocare con la fantasia: riflessioni su un medium in involuzione – Parte 1

Da sempre uno dei perni della cultura nerd, quella vera, non quella degli hipster moderni con il Mac, è sempre stata la fantasia. Una fantasia stimolata dal rifiuto di una realtà opprimente ed insoddisfacente, alimentata da un cervello tendenzialmente più attivo rispetto a quello delle altre persone (perché se non sei intelligente non sei nerd, sei solo sfigato) e coltivata tramite una lunga schiera di attività, diventate simboli di questa cultura. Parliamo di tutti quegli intrattenimenti ormai associati indissolubilmente ad una certa fascia di persone e che fanno della fantasia il cardine su cui far leva per soddisfare l’utente: fumetti, libri fantasy, giochi di ruolo, cartoni, videogiochi… videogiochi? Ma ne siamo davvero sicuri?

L’esigenza di scrivere questo articolo nasce da una considerazione fatta discutendo con un altro videogiocatore in merito alla preponderanza, tipica di alcuni giochi della Paradox Interactive, della componente immaginativa (esiste, ho controllato sul dizionario, non rompete) rispetto alla componente visiva.

In breve: i giocatori si fanno ancora i viaggi mentali? I videogiochi moderni stimolano ancora la fantasia? Ma sopratutto, vogliono farlo? I giocatori sono consapevoli? E se si, è importante questa cosa per loro?

Ovviamente non ho dati statistici in mano e posso commentare solo ciò che ho potuto osservare direttamente in questi anni e la situazione, a mio parere, non è di certo rosea per il nostro fanciulletto interiore.

Partiamo da un punto fermo: il giocatore medio casual, quello di CoD e WoW, di Minecraft e The Sims, difficilmente si immedesimerà nel soldato o nel paladino che sta giocando fino al punto di immaginarsi la loro vita quotidiana, la moglie che li aspetta a casa, magari pure facendogli le corna. Questo perché? Si potrebbe dire che il videogioco moderno cerca di non lasciare troppo spazio all’immaginazione, perché è un’attività poco interessante per il videogiocatore, qualcosa che ricorda troppo da vicino quella dimensione “da sfigato” che avevano i videogiochi fino a qualche anno fa.

La gente vuole un divertimento immediato, spesso e volentieri “a cervello spento”, dove l’unica dimensione di virtualità sia quella delle relazioni intrattenute con le persone con cui si sta giocando. Non c’è spazio né tempo per farsi viaggi mentali, che vengono rifiutati e lasciati a quegli intrattenimenti tipici dei “nerd” di cui parlavamo prima: fumetti, libri fantasy e sci-fi e giochi di ruolo, non ancora socialmente sdoganati al livello dei videogames.

Ma l’industria come la vede questa cosa? Non la vede ed è questo che mi ha lasciato sconcertato. Nelle conferenze di game design, nei testi accademici, nei paper, si parla sempre meno di fantasia, è un termine che sempre più raramente compare e su cui in pochi ormai puntano. Spesso è un effetto collaterale, facilmente raggiungibile quando si creano mondi di gioco molto complessi e molto differenti dal nostro, creando un fenomeno simile a quello di molti libri e film cult, facendo quindi nascere interpretazioni, speculazioni e ragionamenti su piccoli dettagli e riferimenti.

La saga di Ultima, non ha molto da invidiare a “The Wheel of Time” così come Mass Effect può essere al pari di una qualsiasi generica saga sci-fi ispirata a Star Wars. In questi casi si vedono nascere fanfiction, interpretazioni di vari eventi storici del mondo di gioco fino a trattati di mitopoietica che il Silmarillion gli fa una pippa. Tuttavia queste sono mosche bianche e la maggior parte dei titoli, sopratutto tra quelli mainstream, ostracizza la fantasia.

La grafica sempre più immersiva, il dettaglio sempre maggiore delle ambientazioni, il realismo sempre più spinto, i ritmi di gioco sempre più frenetici non lasciano molto spazio al nostro cervello per immaginare tutte quelle cose che non compaiono direttamente sotto i nostri occhi.

Nel mio pensiero, e spero nei commenti possa nascere una discussione in merito, lo spazio lasciato alla fantasia è inversamente proporzionale alla qualità grafica e direttamente proporzionale alla quantità di contenuti e riferimenti resi solo in forma scritta o simbolica.

Per adesso mi interrompo qui perché penso possa nascere un dibattito interessante. Voi siete interessati a giocare in questo modo? L’avete sempre fatto senza accorgervene? Oppure vi dà fastidio farlo e volete un riscontro visuale di ogni minimo dettaglio di ciò che succede nel gioco?

Nella seconda parte dell’articolo racconterò un po’ più in dettaglio quali siano le forme di gioco immaginativo e portandovi alcuni esempi pratici che ho collezionato nella mia carriera di videogiocatore.

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