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Don Bluth – tra animazione e leggenda

Eccoci ad un’altra euforica puntata di Brad & Durango’s Retrogaming Adventures (hell, yeah! NdD)!
I Bovabyte della Lega oggi saltano sulla fida DeLorean e si fiondano nei gloriosi anni 80.

Del buon vecchio Don ne aveva già parlato qui il nostro Zano, che è un Nerclubber e quindi fichissimo per definizione (cum inferioribus credo gloriari, maddafackah! NdD), che ci terrà compagnia in questo post con le sue Note di Zano!

Don Bluth è un pioniere ed un gigante dell’animazione: iniziò la sua carriera in Disney negli anni 60, dove ha messo insieme un curriculum che guai (animatore per The Rescuers, 101 Dalmatians, The Fox and the Hound, e aiuto regista in Sleeping Beauty e The Sword in the Stone; inoltre ha animato Robin Hood, The Many Adventures of Winnie the Pooh e Pete’s Dragon fino a The Small One), e nel 1979 ha fondato la Don Bluth Production insieme a Gary Oldman (lasciare la Disney alla fine degli anni 70 può voler dire due cose: Numero A sei un pazzo visionario squinternato straconvinto delle tue capacità (e Don Bluth lo era); Numero B hai la vista lunga in quanto hai già capito che gli anni 80 non saranno anni di “poffarbacco e perdindirindina disneyani” ma saranno anni cupi e dark come i cartoni che Don produrrà in quel periodo NdZ).

Lo studio non sbaglia un colpo, inizia con la parte animata di quel capolavoro che è il musical Xanadu, con Olivia Newton-John e gli ELO (qui si vedono gli anni eh NdVFC) dopo il successo di Banjo the Woodpile Cat, dove emerge prepotentemente il tratto di Bluth e di tutta la sua produzione.

Questo manipolo di eroi romantici, capitanati da Bluth, vuole riportare l’animazione allo spirito delle origini e distaccarsi dall’approccio di mamma Disney ormai conservatore ed industriale. E mieloso. E orientato al profitto. E senz’anima. E stucchevole (eccheppalle NdVFC).

Il primo lungometraggio è stato The Secret of NIMH (dove si vedono colpi di genio tipo la retroilluminazione dei cels, oltre a tecniche di animazione innovative NdB), e poi con Steven Spielberg inizia una collaborazione che porta come frutti An American Tail e The Land Before Time (la differenza sostanziale tra i lavori di Bluth e la Disney è l’atmosfera. Bluth infatti riesce a donare ai suoi lavori un tono di maggiore serietà, toni cupi e dark, se vogliamo in parte più “vicini” alla realtà. Atmosfere che la Disney aveva sfiorato solo con “La bella addormentata” e in parte con “Il libro della giungla” NdZ).

Finita la collaborazione con Spielberg, esce All Dogs go to Heaven. Modesti risultati al botteghino, nel mercato home diventa un successo assoluto ed entra prepotentemente tra i cult (ne esiste una versione Amiga, su TGM ai tempi se non ricordo male prese qualcosa come 29% e fu considerato uno dei giochi peggiori di sempre. Ma era prima dei Pokemon).

La voglia di cambiare, sperimentare e non adagiarsi sugli allori in una confortevole ripetitività portano a Rock-a-Doodle (hail to the King, baby! NdD), Thumbelina, A Troll in Central Park e The Pebble and the Penguin, che però non ottengono il successo delle produzioni precedenti [la splendida colonna sonora Rock ‘n’ Roll di Rock-a-Doodle è stata interpretata in Inglese dal cantante Glenn Campbell, mentre la versione italica delle song vede alla voce nientepopòdimenoche Bobby Solo (LOLZ NdD) NdZ].

Don Bluth nel 1997 insieme a Fox tira fuori dal cilindro Anastasia, che si scontra con Disney nel territorio dei più triti luoghi comuni ma ne esce vincitore.

Bluth si lancia in Titan A.E. che – ovviamente – essendo geniale e innovativo non ha il successo garantito ai prodotti per pecore (ma è ficherrimo NdB). L’ultimo film prodotto per la Fox Animation prima della chiusura degli studi è Bartok the Magnificent, spin off di Anastasia e unico sequel diretto da Bluth. I poster dei film li trovate nel More.

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In tempi recenti, tra il video musicale Mary per Scissor Sisters e qualche lavoro minore, si mormora di un suo nuovo film.

Che potrebbe essere Dragon’s Lair (e qui ci sta tutto un: VUTTANA! NdD) (ci sta anche un Great Scott! NdB).

Ed ora i videogiochi, alcuni già opportunamente presentati sulla Lega qui e qui da un autore fichissimo.

Nel 1983 Dragon’s Lair sconvolge completamente il mondo dei videogiochi. Fino ad allora si viveva di pixel grossi come mele e quando era lusso 16 colori, e da un giorno all’altro il giocatore si ritrova a interagire con un livello grafico uguale (superiore? superiore NdB) ai film d’animazione che si vedevano al cinema (l’home video non era proprio mainstream allora). Un po’ come passare da una carrozza allo Shuttle (magari non il Challenger. ahahahahah. ehm… NdB) (ecco sei sempre il solito NdVFC).
Space Ace (1984) e Dragon’s Lair II: Time Warp (del 1991, non Escape from Singe’s Castle che era del 1987) ricalcano lo stesso gameplay: sequenza animata – input del giocatore (movimento del joystick e/o fire) – sequenza successiva (se l’input è corretto e nella finestra di tempo giusta sequenza di gioco successiva, altrimenti sequenza di morte).

E qui lo scisma: chi adora l’aspetto grafico totale anche per gli standard odierni, e considera la giocabilità da scimmia ammaestrata un problema secondario; e chi lo apprezza esteticamente ma lo preferirebbe banalmente come animazione senza dover interagire qui e là (e il vostro Durango, da buona scimmia ammaestrata, preferisce giocarselo, morendo ogni volta NdD).

Poco importa, si tratta comunque di una pietra miliare.

E per voi fedeli lettori dei vostri paradossali Brad & Durango, ecco a voi il video completo con tanto di scene tagliate di Dragon’s Lair! (E poi dicono che non siete buoni! NdVFC)

Sono state rilasciate varie versioni, anche su Blu-ray (oltre che su iPhone… gh!) (si, le ho NdB).

Le conversioni per macchine domestiche dimostrano l’ottimismo e il coraggio dei tempi. La versione Amiga (su una valanga di dischetti) era quanto di più simile si sia visto fino alle versioni su supporto ottico (anche per il Jaguar della Atari!). Lo swapping era peso. Ma la sensazione era unica (ricordiamo anche la versione home console per NES, un side-scroller ben diverso dal gioco originale, considerata uno dei giochi più bastardi di SEMPRE e di certo impossibile da terminare senza aver scomodato divinità d’ogni credo. Basti provare a giocare il primo screen per la prima volta, vi assicuro morirete perlomeno 6-7 volte prima di riuscire ad abituarvi ai comandi e alle piccole cattiverie dei programmatori, come la famosa “morte per aver toccato una porta”. Sosterrò sempre che per Demon’s Souls questa cartuccia sia stata di grande ispirazione NdD) (Grande filologia vedoludica, chapeau NdB).

Che dire? Che a breve arriverà un post dei vostri insostuibili Brad & Durango sui laser games degli anni 80 (evviva!!! NdVFC).

Hype hype hype!

E Kimberly e Daphne saranno sempre nei nostri cuori.
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Coolness
B&D
I Bovabyte della Lega & Zano special guest

Fonti:
Una biografia del nostro Don
La scuola di animazione per i più coraggiosi (ci sono anche dei tutorial sul tubo
Una vita a guardare animazione
IMDB
Una vita a videogiocare
Zia Wiki
Appassionati

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