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Elliott Smith

LEGANERD 044741

I’m just writing songs about how I feel or about how people I know feel.

Elliott Smith, pseudonimo di Steven Paul Smith. Nacque ad Omaha nel 1969. Si suicidò a Los Angeles il 21 ottobre 2003 all’età di 34 anni.

Il primo album

I want to hurt him
I want to give him pain
I’m a roman candle
my head is full of flame.
(Roman Candle)

Figlio di divorziati, Smith si avvicinò molto presto alla musica cominciando a suonare il pianoforte all’età di 9 anni, passando poi al il clarinetto ed infine alla chitarra acustica a 13 anni. L’inizio della sua carriera risale al 1994, anno in cui cominciò la produzione solista separandosi dalla band Heatmiser e dando vita al suo primo album “Roman Candle”. Da ascoltare: Roman candle, Drive all over town e No Name #1.

”Elliott Smith”

It seems a long time gone
maybe the whole thing’s wrong.
What if she thinks so but just didn’t say so?
You drank yourself into slo-mo
made an angel in the snow
anything to pass the time
and keep that song out of your mind.
(Clementine)

Nel 1995 uscì il secondo album, “Elliott Smith”. L’album è principalmente acustico e lo stesso Smith disse in occasione della pubblicazione: “Personally can’t get more dark”. Da ascoltare: Needle In The Hay e Clementine.

Il capolavoro

I could make you satisfied in everything you do
all your ‘secret wishes’ could right now be coming true
and be forever with my poison arms around you
no one’s gonna fool around with us
(Angeles)

Nel 1996 finalmente il capolavoro: con Either/Or Smith riprese il titolo di un’opera di Kierkegaard (titolo in danese Enter-Eller), che ruota attorno al quesito “Come dovremmo vivere?” approfondendo appunto l’ aut-aut tra vita edonistica e vita etica. Da ascoltare: Alameda, Between The Bars, Say Yes e Angeles.

Il successo

Nel 1998 Elliott Smith venne definitivamente consacrato come artista di successo grazie all’album “XO” ma soprattutto grazie al pezzo intitolato Miss Misery che gli valse la nomination all’oscar, utilizzato da Gus Van Sant nel suo film Will Hunting – Genio Ribelle. In quel periodo l’uso di psicofarmaci e droghe ma soprattutto la dipendenza dall’alcol di Elliott, raggiunse il picco.

Nel 2000 uscì “Figure 8”, molto più pop e piuttosto lontano dai lavori precedenti. Elliott Smith si suicidò 3 anni dopo con due coltellate al cuore. Il successivo “From a basement on a hill”, album a cui stava lavorando Elliott prima di morire, è stato pubblicato nel 2004, per volere della famiglia e della fidanzata.

Considerazioni

Lo stile cantautoriale è il fare musica che forse mi affascina di più in assoluto per la sua dimensione “intima”. In Elliott Smith questa intimità del cantautoriale è fortissima: il suo cantare è uno smascheramento. Non è il mostrarsi di un narcisista consapevole del proprio genio, ma un lasciarsi guardare di chi, la propria genialità, non l’ha nemmeno intuita. Di chi si trova spiritualmente nudo di fronte ad un pubblico quasi per sbaglio. Sì, per sbaglio. Elliott Smith non era una star. Con quella faccia da americano qualunque, quel portamento trasandato e sciatto. Non lanciava particolari messaggi, non era profetico, non era illuminante, non era un maestro. Raccontava storie comuni. Storie di altri ma soprattutto la sua: una storia normale di una persona normale con una fine normale. Una normalità narrata semplicemente e mai esasperata. E’ in questa normalità che risiede l’eccezionalità di Elliott Smith. Nessuna genialità. Nessuna bellezza esaltata, se non quella impalpabile e sommessa dei perdenti. Ascoltando la sua musica, si ha questa impressione. Che Elliott fosse un individuo solo e senza difese. Un uomo scoperto a sé e al mondo. Le sue canzoni non sono confessioni ma un intimo raccontarsi, con le proprie scoperte, i desideri, le paure. Testi semplici, nostalgici, univoci. Melodie ossimoricamente di delicata schiettezza. Non c’è masturbazione creativa dietro gli accordi, non ci sono calcoli, non c’è finzione. Una produzione nel complesso di un’umiltà e una sincerità spiazzante.

Secondo me No name #5 è il pezzo che più lo rappresenta.

Got bitten fingernails and a head full of the past
and everybody’s gone at last
A sweet, sweet smile that’s fading fast
because everybody’s gone at last
and you don’t get upset about it
no, not anymore
There’s nothing wrong
that wasn’t wrong before
had a second alone with a chance let pass
and everybody’s gone at last
well, I hope you’re not waiting
waiting around for me
because I’m not going anywhere
obviously
Got a broken heart and your name on my cast
and everybody’s gone at last
everybody’s gone at last

[more]To: Elliott, From: Portland è un tribute album uscito nel 2006 che contiene 15 cover dei pezzi più famosi di Smith eseguiti da musicisti di Portland. Molti degli artisti conobbero Elliott e suonarono con lui. Da ascoltare The decemberists che coverano Clementine, Amelia che covera Between The Bars, The Helio Sequence che coverano Satellite e The Thermals che coverano Ballad Of Big Nothing.

I Subsonica nel 2007 hanno pubblicato questa bellissima cover di Angeles.[/more]

Wikipedia
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[P&T Sounds] è la rubrica musicale a cura di @taldeital, @pazqo, @chopinhauer e @Xenakis che racconta la musica fuori dal coro che valga la pena ascoltare.

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