Legge 133 e Onda Anomala: 3 anni dopo


La scuola è appena ricominciata e non posso non ricordare le tante cose successe in questi ultimi 3 anni: riforma dell’Istruzione, il movimento studentesco (noto anche come Onda Anomala), le assemblee infinite, le lezioni tenute all’aperto (anche a Montecitorio), le manganellate coi celerini… e per tutti quelli che erano troppo grandi (o troppo piccoli) per interessarsi alla questione della “riforma” universitaria (le virgolette sono d’obbligo, vista l’attuale critica situazione) voglio provare a darvi un’idea generale di quello che è stato con poche pennellate di colore.

Nel 2008 il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini propone la sua “riforma” dell’Istruzione e immediatamente (giusto il tempo di capirne il testo) numerosi schieramenti studenteschi e non rievocano le parole di Piero Calamandrei, fin troppo profetiche:

Ci siano pure scuole di partito o scuole di chiesa. Ma lo Stato le deve sorvegliare, le deve regolare; le deve tenere nei loro limiti e deve riuscire a far meglio di loro. La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito.

Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. Credo che tutti qui ve ne ricordiate, quantunque molta gente non se ne ricordi più. Lo abbiamo sperimentato sotto il fascismo. Tutte le scuole diventano scuole di Stato: la scuola privata non è più permessa, ma lo Stato diventa un partito e quindi tutte le scuole sono scuole di Stato, ma per questo sono anche scuole di partito. Ma c’è un’altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime… Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico”
- discorso pronunciato al III Congresso in difesa della Scuola nazionale a Roma l’11 febbraio 1950

(Ora non so se conoscete (anche a grandi linee) cosa prevede la riforma scolastica messa in atto nel 2008 ma non mi dilungo a chiarirne gli aspetti più critici perché online se ne trovano spiegazioni molto migliori di quelli che io potrei riassumere qui in poche righe. Qui, su wiki, trovate tutto quello che vi serve per capire le parole di Calamandrei).

La questione che si cercava di sollevare è riassumibile con queste poche parole: l’istruzione pubblica italiana ha molti problemi, e questo lo sanno tutti, ma una riforma come quella proposta non si limita a minare il nepotismo e l’incompetenza; distrugge tutto senza distinzione: invece di tagliare il tagliabile (professori incapaci, operatori che non operano, etc) la falce si abbatte su ordinari, ricercatori, studenti, personale di servizio.. E come se non bastasse la riforma strizza l’occhio all’opportunità di mettere l’Istruzione pubblica in mano ai privati (cosa INAUDITA fin’ora in Italia).

L’Onda Anomala (anche detta semplicemente “Onda”) iniziò come un movimento studentesco a-politico e a-partitico volto solo a sensibilizzare tutti gli strati della società nei confronti di un problema che, anche se non interessava in prima persona i loro membri, avrebbe senz’altro interessato il futuro dei loro figli o nipoti: storico a tal proposito rimane uno striscione apparso sotto palazzo Madama (sede del senato della repubblica) che recava scritto “Poliziotti, stiamo manifestando anche per i vostri figli” (dato che, come tutti spero sappiate, ogni manifestazione civile è ampiamente seguita e incanalata in percorsi prestabiliti e presieduti da decine di camionette dei celerini in assetto antisommossa.. non si sa mai, no?)

Le manifestazioni pacifiche andarono avanti per un bel po’ prima di assistere al primo scontro, a piazza Navona a Roma, le cui dinamiche restano molto oscure dato che nessun organo ufficiale si è degnato di spiegare come sia potuto accadere: io impiegai circa 20 minuti per raggiungere una delle due entrare “libere” alla piazza, ovvero non presiedute dalle forze dell’ordine, mentre circa un’ora dopo arriva in piazza un bel furgone carico di bastoni avvolti nel tricolore che i ragazzi di Blocco Studentesco non esitarono ad impugnare:

Memorabile anche una dichiarazione del buon mortacci sua Cossiga (o Kossiga, come amava definirsi lui stesso):

Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interni. Gli universitari? Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. Le forze dell’ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli a sangue e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano. Non quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì.

Non so a voi, ma a me fece venire i brividi questa dichiarazione (tanto più sapendo DA CHI era stata pronunciata)…

Insomma trascorsero un paio d’anni senza raggiungere mai picchi di violenza esagerati, finché l’anno scorso non successe a Roma quello che tutti ricordiamo (a chi non lo ricorda, gli rinfresco la memoria):


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I primi due commenti di un video analogo a questo mi hanno colpito e li pubblico, così evitiamo di farli ripetere:
Commento (1)
Guarda io sono daccordo che con il paese che va a puttane le proteste (pacifiche) è giusto farle. Ma perchè si devono uccidere i poliziotti?? infondo loro fanno solo il loro lavoro per poter sfamare il proprio figlio che sta a casa, ma se a questo figlio gli uccidono il papà poliziotto chi lo mantiene? la madre deve anche pagare le tasse bollette ecc.. Se tu avessi un papà che fa il poliziotto diresti ancora ” i poliziotti gli dovrebbero uccidere?” non credo proprio….
Commento (2)
uno dei soliti chiaccheroni che non ha mai partecipato ad una manifestazione in vita sua.
dato che non ci sei mai stato ti spiego come funzionano in breve:
1) corteo pacifista
2) dopo un po’ gruppetti col passamontagna agli estremi del corteo iniziano a dar fuoco ai cestini e a spaccare qualche vetrina
3) il corteo li fischia, la polizia li ignora
4) la polizia si dispone con le camionette, i violenti scompaiono
5) la polizia carica il corteo pacifista
6) la tv fa il resto
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Ci sono stati 2 anni di movimenti pacifici, poi è arrivata la proverbiale “goccia” che fa traboccare il vaso.. e cos’è successo? NIENTE: il governo ha continuato sulla sua strada sbattendosene i coglioni di tutte le voci che si erano levate (e unite) per cercare di contrastare questo sfacelo (considerate solo che con il fantastico “blocco del turnover”, ovvero un nuovo docente assunto ogni CINQUE che vanno in pensione, quest’anno la facoltà di filosofia della Sapienza non possiede la cattedra di Etica, né quella di Logica, nè quella di Storia della filosofia Medievale perché due di questi professori sono andati in pensione e uno è morto).

Per sapere chi era contro e chi a favore di tale discutibilissima “riforma” ecco qua un piccolo elenco: wiki

Riflessioni Finali

Se ad un popolo non sta bene quello che il suo governo fa (pensiamo per un momento ad una situazione in cui la maggior parte della popolazione sia contraria all’operato del governo in carica) cosa si può fare per “farsi sentire”? I movimenti pacifisti sono bellissimi, e riescono ad ottenere anche l’appoggio dei vari strati sociali che non vengono apparentemente toccati dai vari provvedimenti (un ricordo indelebile è quello degli automobilisti imbottigliati nell’ingorgo causato dalla manifestazione che, col sorriso, aprivano i finestrini e applaudivano).. ma all’interno di Montecitorio, cazzo, come ci si entra se non si è già parte della schifosa macchina politica italiana? Come fare a farsi sentire decisi e uniti, consapevoli? I movimenti violenti cosa portano? Tanta distruzione, purtroppo, ma qualcosa la smuovono: quando un politico teme che “gli bruciano la casa” se osa mettere le mani sulla sanità pubblica, sull’istruzione pubblica, sulla parità dei diritti civili, etc.. non credete che venga frenato in qualche modo da premere il fottuto bottone al momento del voto? Questo modo di pensare, che ricalca il modo di pensare brigatista (facevano proprio questo i brigatisti) purtroppo ha fallito in passato e credo anch’io che il bene che faccia sia di troppo inferiore al male che allo stesso tempo provoca… quindi:

Come ne usciamo?

L’idea che per poter cambiare le cose (in primis il modo di fare politica) in Italia si debba per forza fondare un partito e “entrare in politica” mi sembra troppo un paradosso: è come voler spiegare ad un extraterrestre che la sua lingua è incomprensibile e che, per farlo, io decida di impararla a dovere per comunicargli la mia convinzione nel migliore dei modi.. a quel punto lui mi dirà: “Ma come fa ad essere incomprensibile se tu l’hai imparata?”
non so, vi sembrerà una cazzata, ma a me suona più o meno nello stesso modo.

Qualche informazione in più la trovate qua sotto:
Riforma Gelmini,
Onda Anomala,
Piero Calamandrei

Game of ElecThiones
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