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I soldati fantasma

Con il termine soldati fantasma giapponesi o resistenti giapponesi (in inglese Japanese holdouts o Japanese stragglers) si indicano i membri dell’esercito e della marina nipponica che non obbedirono all’ordine di resa imposto dagli Alleati, formalmente entrato in vigore il 2 settembre 1945. Il termine giapponese per riferirsi a loro è zan-ryū Nippon hei (残留日本兵, soldati giapponesi lasciati indietro?).
Wikipedia.it

I motivi per cui tali soldati non si arresero possono essere molti: partendo dal Bushidō (il codice etico che considerava la resa un disonore), continuando con il fatto che credettero falsi gli ordini di resa trasmessi via radio dalla base, fino ad arrivare a coloro che rimasero tagliati fuori dalle proprie unità d’assalto e trovarono rifugio su atolli disabitati.

Shoichi Yokoi

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Il 2 settembre del ’45, a seguito dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, ci fu la resa dell’Impero giapponese e le truppe dislocate nel pacifico ricevettero l’ordine di consegnare le armi, ma qualche soldato non ricevette questo dispaccio.

E’ il caso di Shoichi Yokoi (ne abbiamo parlato qui) che si trovava nell’arcipelago delle Marianne sin dal ’43, combattendo nella zona fino al 1944: anno in cui gli americani sconfissero il suo battaglione prendendo il controllo dell’isola di Guam. Per salvarsi la vita si rifugiò nella giungla insieme a nove compagni, con la ferma convinzione di seguire il Bushidō fino alla morte.
Dopo qualche tempo, per essere meno rintracciabili, i soldati decisero di separarsi e tutti i suoi commilitoni morirono di stenti.

Come un animale notturno Yokoi imparò a cacciare al buio, come un uomo primitivo “tessette” dei vestiti con le foglie, come un vero soldato si costruì un giaciglio sicuro e non visibile dalle tanto temute truppe nemiche, sopravvivendo per 28 anni.
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Nel ’72 dei pescatori di passaggio lo avvistarono mentre pescavano nel torrente Talofofo, e lo trascinarono letteralmente fino alla civiltà, ove fu accolto con i massimi onori alla quale rispose con la frase: “Con vergogna, ma sono tornato”.

Yokoi visse come un disadattato (o forse sarebbe meglio definirlo come una persona scioccata dalla guerra) e morì il 23 settembre 1997 dopo aver scritto un libro con le sue memorie.
[more]Il primo taglio di capelli di Yokoi dopo 28 anni


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Yokoi a 82 anni


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Hiroo Onoda

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Ci fu chi resistette di più, è il caso di Hiroo Onoda, che sopravvisse in solitudine a Lubang fino al 1974.
Nel ’45 riuscì a scappare da un attacco statunitense ritirandosi nella giungla, ove risiedette con la ferma convinzione di non far avanzare il nemico anche a costo di morire.

A differenza di Yokoi Onoda ricevette gli ordini ma li credette un trucco dei nemici per uccidere più giapponesi. Il Bushidō non ammetteva neanche lontanamente la concezione della resa da parte della propria partia.

Così per trent’anni Onoda continuò la propria “guerra inconsapevole” finchè nel ’74 un suo compatriota, Norio Suzuki, lo trovò confermandogli la fine della guerra. Nulla da fare, il militare non cedette e richiese la presenza di un suo superiore che gli confermasse la fine delle ostilità.
Il “soccorritore” prese delle foto come prova e tornò in Giappone, rintracciò un ex militare che all’epoca era un superiore di Onoda (attualmente faceva il libraio) ed insieme partirono per Lubang così da informarlo ufficialmente della resa avvenuta 29 anni prima.

Dopo l’ordine impartito dall’ex-maggiore Onoda consegnò armi da fuoco, da taglio, divisa, munizioni ed addirittura alcune granate per poi rientrare in patria.
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Purtroppo dopo esser tornato rimase negativamente colpito da ciò che il Giappone era diventato: trovava scomparsi i valori per la quale aveva combattuto per trent’anni, quindi si ritirò in Brasile dove vive tutt’ora col fratello e la moglie.
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Hiroo Onoda oggi.
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Teruo Nakamura

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Dopo sette mesi fu rintracciato in Indonesia (per la precisione a Morotai) un ulteriore soldato fantasma: Teruo Nakamura.

L’isola di Mortai fu conquistata dai Marines nel ’44 ma una quindicina di soldati la difesero a colpi di arma da fuoco, finchè non morirono tutti verso la metà degli anni ’50. Tutti tranne Nakamura, che continuò la sua guerra fino al 1973, data in cui decise di arrendersi alle autorità locali consegnandogli il fucile (conservato in un panno imbevuto di olio e benzina) e cinque proiettili.

Egli non era nipponico, bensì nato a Taiwan, non sapeva nè l’idioma giapponese nè quello cinese, ed era un soldato semplice anzichè graduato.
Giappone ed Indonesia si contesero le questioni sui rimborsi ed eventuali risarcimenti, e purtroppo quattro anni dopo il ritrovamento Nakamura morì, risolvendo di fatto la disputa.

Per una mera questione di denaro egli, pur essendo vissuto trent’anni in una capanna nel mezzo della giungla, non ricevette gli onori che probabilmente avrebbe meritato.
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Noubo Sangrayban

Nel 1943 Noubo Sangrayban combatteva a Mindoro (Filippine) contro i Marines statunitensi. Nel ’44 morirono tutti i suoi compagni di reparto e anch’egli fu costretto a ritirarsi nella giungla ma a differenza dei soldati citati precedentemente venne “adottato” dalla tribù dei Mangyan appendendo la divisa militare, ma non il proprio giuramento.

Di tanto in tanto, tra una battuta di caccia ed una di pesca, andava ad attaccare con frecce e pietre le pattuglie filippine, riuscendo sempre a scappare, fino a quando negli anni cinquanta decise di smetterla con quell’assurda guerra. A volte anche il Bushidō cede.

Nel ’97 alcuni esploratori visitarono il villaggio dei Mangyan trovando “il vecchietto” che gli raccontò con estrema innocenza la propria storia dicendo di non voler tornare più in Giappone, sottolineandolo con fermezza alla vista di alcune foto delle moderne metropoli.
Nel 1999 Noubo Sangrayban era ancora vivo e felice padre di quattro figli.

Secondo il ministero della sanità giapponese, tutt’oggi risultano ancora ufficialmente dispersi dalla seconda guerra mondiale 437 giapponesi: 24 militari e 413 civili impiegati in appoggio di unità dell’esercito.
Chissà se c’è ancora qualche militare dalla pelle gialla e l’età pensionabile, con la giungla intorno e gli occhi rivolti verso il cielo alla ricerca di aerei americani da abbattere…

Fonti:
dimensioni.org
wikipedia.org
historiatestistemporum
wapedia
storiain.net
paperblog.com

Approfondimenti:
Un po’ di storia
bushidō

Bibliografia:
– Japan at War : An Oral History, by Haruko Taya Cook, Theodore F. Cook – Paperback Reprint edition (October 1993)
– Okinawa : The Last Battle of World War II by Robert Leckie Paperback Reprint edition (July 1996) Penguin USA (Paper);
– Pacific War, Nineteen Thirty-One to Nineteen Forty-Five : a Critical Perspective on Japan’s Role in World War II by Saburo Ienaga, Frank Baldwin Paperback (August 1979) Random House (Paper);
– Strong Men Armed: The US Marines Against Japan by Robert Leckie Paperback – (October 1997) Da Capo Press

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