La Penicillina

Lunga e difficile è la via della ricerca, ma alla base di tutto c’è l’amore.
– Vincenzo Tiberio

Della penicillina sulla lega si è già parlato, qui, per sottolineare che alle radici della sua scoperta ci fosse un medico italiano, molisano per la precisione, di nome Vincenzo Tiberio (i cui studi pionieristici in materia sono ancora largamente sconosciuti fuori e dentro la comunità scientifica).

Nella storia della scienza, si sa, può succedere che dei risultati -per quanto corretti- non attirino l’attenzione della comunità scientifica e che quindi la scoperta “ufficiale” venga poi attribuita allo scienziato (o agli scienziati) che poi riceverà (riceveranno) il premio nobel in merito.. colpa di qualcuno? No, semplicemente O i lavori erano troppo pionieristici (e quindi non si avevano ancora gli strumenti concettuali per capirne la portata rivoluzionaria) OPPURE il primo scopritore mancava di fondi/appoggi/conoscenze/etc.. per fare sufficiente pubblicità alla propria scoperta.. cose che capitano. :(

Altra particolarità della storia della scienza: quando si verificano due scoperte del tutto simili, una a ridosso dell’altra, non è affatto scontato che una delle due parti abbia “copiato” l’altra! Una cosa che è bene tenere a mente quando si parla di scoperte scientifiche sottolinea che di tanto in tanto l’attenzione della comunità scientifica (di un determinato settore) cada su un particolare fenomeno e allora decine (centinaia?) di centri di ricerca in tutto il mondo inizino a concentrarsi su quello stesso fenomeno arrivando più o meno agli stessi risultati.. qualcuno ha copiato? No: quando gli chiedevano come sarebbe andato il mondo se lui non avesse scoperto la relatività, Albert Einstein rispondeva semplicemente che ”i tempi erano maturi” perché si arrivasse a quelle conclusioni: se la scoperta non l’avesse fatta lui, l’avrebbe fatta qualche altro scienziato poco dopo.. (“Solo 3 cose sono infinite: l’universo, la stupidità umana e la stima che nutro nei confronti di quest’uomo!” para-cit. :res: )

Tutto questo per dirvi che è giusto (e bello) andare a rintracciare i precursori di una determinata scoperta (scientifica e non) ma che questo non riduce affatto l’importanza che hanno avuto i “veri” scopritori diventati poi famosi (il discorso vale SOLO nel caso in cui non si stia parlando di plagio, ovviamente).

Torniamo a noi, dopo questa lunga (ma spero non noiosa) introduzione.

Alexander Fleming aveva un forte raffreddore che durava da parecchi giorni: decise allora di prelevare un campione delle proprie secrezioni nasali e di incubarli su piastre per la coltura batterica, al fine di valutare l’eventuale crescita di qualche colonia batterica.
Il giorno seguente, mentre stava analizzando le colonie dei batteri cresciuti, una sua lacrima cadde inavvertitamente sulla piastra di coltura: all’inizio Fleming non diede alcun peso all’accaduto, e dopo aver compiuto le sue osservazioni ripose la piastra.

Il giorno dopo, riprendendo in esame la medesima coltura, si accorse con molto stupore che i batteri erano cresciuti ovunque, tranne che in un punto, dove si poteva scorgere chiaramente un’area tondeggiante e chiara, proprio dove il giorno precedente era caduta la lacrima. Pensò allora che nella lacrima potesse esserci una sostanza ad azione antibiotica naturale, responsabile della morte dei batteri o dell’inibizione della loro crescita: in effetti verificò in seguito che si trattava di un enzima capace di distruggere le cellule batteriche e lo battezzò, lisozima, a causa della sua caratteristica attività che cercò di sfruttare per la cura delle malattie infettive.

Purtroppo però il lisozima, che è normalmente presente nelle lacrime, presenta solo una blanda attività antimicrobica e non è in grado di uccidere i microrganismi patogeni più aggressivi e resistenti, quali sono ad esempio quelli responsabili delle infezioni suppurative: l’idea di trovare un antibiotico efficace venne perciò per il momento accantonata.

Nel 1928 Fleming divenne titolare della cattedra di batteriologia e, durante l’estate dello stesso anno, mentre stava svolgendo ricerche sul presunto agente patogeno dell’influenza (che solo in seguito si scoprì essere di natura virale e non batterica), si assentò dal suo laboratorio per un breve periodo di vacanza di circa tre giorni, dimenticando di distruggere alcune colture di Staphilococcus aureus.
Al suo ritorno, il 3 settembre, riprese in mano le colture che aveva preparato prima di partire e che avrebbe dovuto gettare via tre giorni prima e, con un ”That’s funny…” (“è buffo…”), espresse al collega Pryce tutta la propria meraviglia nel constatare che in una piastra di Petri c’era un alone chiaro inusuale: in quella zona, vicino a colonie fungine contaminanti (in seguito identificate come colonie di Penicillium notatum) le colonie di Staphilococcus aureus non erano cresciute.
L’inibizione della crescita batterica in una limitata porzione della piastra assomigliava al fenomeno che aveva osservato sei anni prima e che era stato provocato dalla lacrima caduta casualmente sulla piastra di coltura: questa volta, però, al centro dell’area più chiara non c’era una lacrima, ma una muffa, contaminante.

Fleming intuì subito l’importanza della sua osservazione e la collegò a quella fatta anni prima e invece di eliminare la coltura contaminata, fece ulteriori esperimenti.
In seguito dichiarò: ”Se non fosse stato per la mia precedente esperienza, avrei subito buttato via la piastra perché contaminata, come molti batteriologi devono aver fatto prima di me. E’ molto probabile che altri ricercatori abbiano visto in una coltura gli stessi cambiamenti che ho osservato io, ma, in assenza di un interesse particolare per le sostanze antibatteriche naturali, le colture andate a male siano state immediatamente gettate. Invece di eliminare la coltura contaminata, io feci alcuni esperimenti”.

Il merito di Fleming fu di riconoscere ed interpretare adeguatamente osservazioni frutto di circostanze fortuite, aprendo in questo modo le porte allo sviluppo della moderna terapia antibiotica, permettendo di iniziare ad affrontare malattie che per lungo tempo erano risultate molto gravi ed in alcuni casi mortali: la tubercolosi, le broncopolmoniti e le infezioni suppurative postoperatorie.

Ora una domanda per i più attenti: c’è un grossolano errore in questo articolo, l’avete notato? (prima di rispondere, andatevi a rileggere la definizione di serendipity —> qua)
[spoiler]Definire questa scoperta “serendipica” è errato: Fleming stava studiando proprio questi fenomeni! Il fatto che, comunque, la scoperta abbia una grande componente casuale è senz’altro vero, e lo riconosce lo stesso scienziato quando afferma che ”Ci sono migliaia di muffe differenti e ci sono migliaia di batteri differenti, e che la sorte abbia messo la muffa giusta nel punto giusto è stato come vincere alla Irish Sweep” (ovvero la grande lotteria irlandese abbinata alle corse dei cavalli) ma questo non fa della sua scoperta un fenomeno di serendipity. ;)
E allora perché qatso ho scritto questo articolo? Perché spesso si associano le due parole “penicillina-serendipity” e per sottolineare che farlo non è corretto. :p

”il classico esempio di serendipità e la scoperta della Penicillina. Bastava cercare Serendipità su Wikipedia”
– commento dell’utente @zorzo all’articolo di apertura di questa rubrica.

[/spoiler]

Via: minerva.unito.it

Approfondimenti:
Qui, per un’infarinatura su come la scoperta della penicillina (soprattutto i mezzi e i modi della sua scoperta) abbia rivoluzionato la scienza dando vita al moderno modo di fare scienza: in equipe e squadre in cui, ormai, è difficile riconoscere i meriti del singolo.
Quo per saperne di più su “quale aria tirava” quando avvenne questa scoperta: una specie di cornice di sfondo alla questione.

[Serendipity] è la rubrica a cura di @abbo che si occupa di scoperte accidentali.

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