Titoli di testa di “Un tranquillo posto di campagna”

In questo film, del 1968, il regista mette in scena il dramma di un pittore ‘pop’, interpretato da Franco Nero, che ad un certo punto prende coscienza d’essersi lasciato sordidamente condizionare dal mercato artistico e si troverà drammaticamente a conoscere la morte dell’idea romantica di arte.

Per la realizzazione di questo film Petri si avvalse della collaborazione dell’artista pop statunitense Jim Dine, il quale realizzò i quadri del pittore protagonista.

Dalle parole del regista: «Ad ispirarmi questo film furono le opere esposte alla Biennale del ’64. Rimasi molto colpito dal significato rivoluzionario della cultura ‘pop’». L’artista pop rappresenta secondo il regista l’ultima frontiera della rivoluzione artistica ed insieme il disperato tentativo di tornare alla realtà per mezzo degli oggetti; gli stessi, probabilmente, che sono motivo di allontanamento dall’arte e allo stesso tempo emblema del benessere: nuovo orizzonte nell’interesse della gente.

Altra componente che ritroviamo nel film è quella di ghost-story; Elio Petri fin dal suo esordio non è estraneo a temi macabri che richiamano alla mente Hitchcock, solo come riferimento esteriore.

Fin dai titoli di testa immagini e musica immergono in un clima a tratti psichedelico dove protagoniste sono le arti visive e la musica. I titoli di testa sono inglobati in una grafica minimale che contrasta con le immagini colorate delle opere d’arte. Protagonisti sono anche elementi che ricollegano direttamente e concretamente al cinema: vediamo scorrere dei numeri neri, ingranditi, come il ‘time stamp’ cinematografico, ma anche lettere dell’alfabeto; il tutto scorre molto velocemente si scorgono alcuni di questi elementi per pochi frame il che ricorda le immagini subliminali dei messaggi pubblicitari.

Fra il succedersi di fotografie di dipinti e i titoli degli autori in grafica minimale si inserisce come elemento di raccordo lo scorrere di una pellicola che ad un primo sguardo sembra essere danneggiata e sporca. In realtà rallentando le immagini si vede che su questa pellicola sono stati condotti interventi pittorici: pennellate di colore azzurro, rosso, nero (gli stessi colori utilizzati nella grafica dei titoli). Col pennello ed il colore bruno è anche ricostruito l’effetto di bruciatura della pellicola.

Interventi pittorici sul materiale cinematografico dato dalle tracce di pennello, strumento principe del pittore, su di un supporto diverso dalla tela di un quadro: un incontro tangibile tra arte pittorica e arte cinematografica.

Per il film Morricone chiamò a collaborare il ‘Gruppo di improvvisazione Nuova Consonanza’. La musica che sentiamo sembra essere utilizzata in funzione di “anti silenzio”, una rievocazione dell’accompagnamento musicale delle sale del cinema muto. Anche se in realtà qui i suoni che si sentono sono piuttosto inquietanti, quasi fastidiosi; essi sottolineano “l’aritmico” scorrere delle immagini e attivano lo spettatore di fronte al passaggio veloce di alcuni frame.

Dal sonoro emerge un effetto cacofonico disorientante, quasi “un’ouverture di rumori”: si sentono note isolate al pianoforte, suoni di ancia, rintocchi, riverberi; insieme ad un costante bisbiglio si sentono rumori amplificati come di nastro adesivo e di materiali diversi, mentre in sottofondo si ode un fischio, un sibilo, come di un segnale acustico distorto elettronicamente.

La sperimentazione musicale che si libera in Un tranquillo posto di campagna non è fine a se stessa ed è in sintonia con i contenuti del film.
Morricone e Petri decisero di lasciar correre la musica secondo improvvisazione: musica ed effetti dovevano dare l’idea della progressiva perdita della realtà da parte del protagonista.

I titoli di testa di questo film certo introducono al clima del racconto, ma sono anche un intenso capitolo a parte: diventano un’esperienza autonoma e introduttiva, una sinfonia avanti l’opera, un’esperienza audiovisiva di forza propria che avrebbe senso anche se decontestualizzata.

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La musica di Ennio Morricone nel cinema di Elio Petri: intertestualità in “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”

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