Sea Typhoon ?

Quanto potrebbe essere grande il mercato per un nuovo velivolo multiruolo navale?
Quante marine hanno una concreta esigenza di un nuovo aereo da combattimento imbarcato?
Domande legittime alla luce della novità del momento emersa al salone Aero India svoltosi a Bangalore dal 9 al 13 febbraio: L’Eurofighter “Typhoon” navale.

La storia dimostra che cercare di realizzare un velivolo comune per impiego a terra e/o su portaerei è in genere risultato in un fallimento con la classica eccezione che conferma la regola, costituita da un aereo non pensato in origine per essere impiegato anche su terra come il McDonnell F-4 “Phantom II”.
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Le macchine di nuova generazione disponibili oggi per operare su portaerei sono solo due: lo statunitense F-18 “Hornet” ed il francese “Rafale”, entrambi con le limitazioni specifiche dovute al ruolo, in particolare il peso dovuto alla struttura ed al carrello necessariamente più robusti.

Non è un caso che per i due aerei (senza dubbio ottime macchine in termini di capacità operative) seppur per motivi diversi, le prestazioni di punta e la capacità di ulteriori sensibili sviluppi risultino piuttosto penalizzate.[/more]

Il futuro vedrà il debutto dell’ F-35 (o JFS) in questo ruolo, anche se nessuno è oggi in grado di dire come e quando.

[more]L’F-35B, la versione a decollo corto e atterraggio verticale sembrava la soluzione ideale per sostituire gli “Harrier” in tutte quelle marine dotate di navi portaerei di dimensioni contenute, ma dopo la decisione britannica di rinunciarvi e i seri problemi tecnici riscontrati nel corso delle prove a cui è sottoposto negli U.S.A., questa versione del JSF potebbe essere definitivamente cancellata se tra due anni non dimostrerà di essere realizzabile con prestazioni ed a costo ragionevoli.

Anche l’F-35C, la versione a decollo convenzionale, sebbene appaia meno complessa da sviluppare , non convince comunque appieno la marina americana: monomotore, carico bellico relativamente ridotto e comunque impossibilitato a utilizzare armamento antinave a meno di non rinunciare alla sthealtness frontale che caratterizza l’intero progetto, sostanziale “doppione” dell’attuale F/A-18E considerato più flessibile dal punto di vista operativo.[/more]

La catapulta è l’elemento caratterizzante delle portaerei.
Sono costose da operare,pesanti ed impongono alla struttura della nave una serie di condizionamenti progettuali non indifferenti.
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La nuova classe di portaerei indiane in fase di realizzazione che affiancheranno l’ex sovietica Adminral Gorshkov non hanno catapulta ma un classico sky-jump , lo stesso dicasi per la nuova portaerei italiana Cavour, per quelle spagnole Principe de Asturias e Juan Carlos I, mentre quella brasiliana è una portaerei convenzionale.

Il primo target per il “Sea Typhoon” è la marina indiana, che già schiera i MIG-29K ordinati in Russia per la portaerei ex-sovietica, inoltre anche altri pretendenti partecipano a questa “gara” d’appalto, come l’F/A-18, “Rafale”, “Gripen” e il già citato MIG-29K. [/more]

Tornando al discorso iniziale, le marine potenzialmente interessate ad un nuovo aereo imbarcato sono poche: Regno Unito, Italia, India, Spagna e Brasile.
150 aerei in tutto, forse meno.

Con questi numeri impossibile pensare a sviluppare una nuova piattaforma tanto più che, come detto, il Regno Unito sta pensando all’F-35C (anche se comincia a registrarsi un certo dibattito interno a favore del “Sea typhoon”) e che l’Italia, sempre se tutto andrà bene, nonostante le sue limitazioni operative, continua a scommettere sull’F-35B.

E con questo “stretto” businnes potenziale ecco che torna in auge l’idea di un Typhoon navale.
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Un esame del progetto aveva mostato sin dall’inizio che con limitati interventi strutturali (che non porterebbero che risibili aumenti di peso) un carrello ed un gancio d’arresto più robusto, la macchina sarebbe stata perfettamente in grado di operare sul mare, con il grande vantaggio inoltre, rispetto ai velivoli convenzionali, di avere problemi di corrosione ed esposizione all’acqua di mare notevolmente ridotti grazie alla struttura realizzata per l’85% in composito.

In pratica, realizzare un “Sea Typhoon” è possibile, relativamente semplice, non implica investimenti di particolare entità e porterebbe alla realizzazione di un velivolo da portaerei di caratteristiche superiori in termini operativi e soprattutto senza richiedere l’uso di una catapulta per il decollo anche cobn il pieno carico di 23 tonnellate costituito dal velivolo, anche con serbatoi ausiliari e un pesante carico bellico costituito da due missili antinave o armi stand-off a lungo raggio della classe dello “Storm Shadow”,senza rinunciare ovviamente alla suite air-to air composta da 4 missili a medio raggio e 2 a corto raggio.[/more]

Il “Typhoon” è ben noto per il suo eccezionale rapporto spinta-peso e non avrebbe alcun problema a decollare da un normale sky-jump anche a pieno carico.

In atterraggio un aereo con ala a delta può essere più problematico da portare con precisione sul ponte di una portaerei senza alcuni accorgimenti quali: una variazione del sistema di controllo del volo e sopratutto l’adozione della spinta vettoriale per i motori EJ200 che consente la riduzione della velocità di avvicinamento.

[more]L’ EJ200 con ugelli a spinta vettoriale è già stato provato al banco con successo, dimostrando tra l’altro una piena capacità di essere integraro nel sistema di controllo del volo dell’aereo.

Il peso aggiuntivo si aggira sui 70 kg in totale, praticamente quello che serve a compensare il minor peso del radar AESA rispetto all’attuale radar meccanicosul muso dell’aereo.

Senza contare che con la spinta vettoriale l’aereo avrebbe migliori caratteristiche di supercruise (volo di crociera supersonico), di agilità, di range e la possibilità di operare con maggiore semplicità con carichi asimmetrici.

La navalizzazione del “Typhoon” è inoltre facilitata dalla struttura particolarmente robusta dell’aereo, progettata sin dal principio per elevatissimi carichi dinamici, fattore che contribuisce a minimizzare gli interventi di irrobustimento della struttura.

Questo comporta un beneficio aggiuntivo: la notevole similitudine tra la versione terrestre e quella navale della macchina.

Parti di ricambio, sistemi, addestramento, logistica possono essere condivisi tra aeronautica e marina.

Sensori e sistemi d’arma possono essere comuni e inoltre in comune possono essere condotti i programmi di aggiornamento e di sviluppi ulteriori, riducendo costi e tempi. [/more]

Il “Sea Typhoon” è un’opzione concreta e l’incerto futuro delle versioni navali del JSF potrebbe anche aprire a questo progetto mercati oggi impensabili come quello britannico, italiano e spagnolo ad una soluzione ragionevole ed adeguata alle esigenze operative e con grandi vantaggi in termini di costi di acquisizione e di impiego.

Fonte: Aeronautica&Difesa

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