Riflessioni sull’interventismo militare: il caso Afghan Star

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Per vedere la vignetta cliccate qui

Lo so, parlare di politica non è mai una buona cosa, tanto meno sulla Lega. Ma, ammetto, che questa vignetta di Stefano Disegni mi ha portato a riflettere su questo tema così scottante ma allo stesso tempo così attuale.

Ogni qualvolta che, volente o nolente, vi è un intervento militare volto a ripristinare la “pace” in qualsivoglia parte del mondo, si alza immediatamente uno schermo di illazioni che ha, come pilastri portanti, temi quali “guerra per economia”, “guerra per interesse” e “guerra per influenza”. In parole povere, chi interviene è immediatamente dipinto come un vile approfittatore, che ha nei propri interessi il proprio principale motivo di azione, fregandosene bellamente della reale situazione del Paese che sta per “invadere”.

Già, nulla da obbiettare, da parte nostra. Ma da parte loro?

Personalmente, non ho ovviamente una risposta globale a questa domanda. Non posseggo le conoscenze adatte e, tantomeno, posseggo sufficienti informazioni per sostenere una delle due tesi. Posso solo riflettere in base a ciò che tengo, preziosamente, nel mio background culturale e, da ciò, sostenere un’ipotesi che potrà essere approvata o meno, ma che comunque di un’ipotesi si tratta.

Il caso che voglio proporvi è proprio quello di Afghan Star, che ho avuto modo di visionare qui all’Università di Oslo, appena qualche giorno fa. Plurivincitore al Sundance Festival 2009 (World Cinema Directing Award: Documentary e World Cinema Audience Award: Documentary), questo documentario tratta della situazione afghana in seguito alla caduta del regime talebano, attraverso un occhio particolare, ovvero quello della televisione e, in questo caso specifico, del talent show. Nel film, che vi consiglio caldamente di vedere, vi è la storia di tre personaggi che competono all’interno di questo programma, precisamente i tre finalisti. Le loro vite vengono esposte in modo oggettivo, così come le loro idee e l’impatto che esse hanno su una società relativamente nuova ma, comunque, ancora ancorata al passato come quella afghana.

Inutile dire che è un documentario che spiazza lo spettatore. In questi anni abbiamo avuto modo di parlare, più e più volte della necessità di intervento degli americani in Medio Oriente ma, osservando le immagini che ci vengono proposte, è difficile non apprezzare la rinnovata voglia di libertà di queste persone che non si stanno semplicemente globalizzando ma che stanno solo riassaporando veramente la propria vita dopo anni di chiusura mentale. Lo show è, infatti, sì internazionale per quanto riguarda il format ma, allo stesso tempo, è assolutamente tradizionale per quanto riguarda i contenuti. Le canzoni al suo interno sono tutte di provenienza regionale, così come le musiche e gli arrangiamenti. É l’Afghanistan a cantare, non l’America per voce sua.

Cosa ho potuto concludere, dopo la visione di questo film? Che ciò che vogliamo noi non è sempre quello che vuole un popolo. Che l’intervento militare sarà anche per motivi che vanno ben aldilà della semplice pace o risoluzione di problemi interni a un Paese, ma a volte è l’unica via che certe persone, certi popoli, hanno per vivere finalmente una vita degna di essere chiamata tale.

Non mi interessa se erano solo un capro espiatorio, non mi interessa se molte altre persone non sono d’accordo a questa nuova ventata di libertà che si respira all’interno del loro Stato. Io, da persona intelligente e amante della civiltà, quella vera, fondata sul rispetto, sulla tolleranza e sulla libertà di pensiero, non posso che sorridere di fronte a questi giovani, coraggiosi e indomiti concorrenti. Che lottano con tutto il cuore in un Paese che, in parte, non li vuole. Che hanno ottenuto tutto questo attraverso l’intervento di qualcuno che, più di tanto, non aveva desiderio di aiutarli veramente. Ma che credono, veramente, in qualcosa di nuovo.

Sono loro stessi, finalmente, solo loro stessi.

Ps. rinnovo le mie scuse nel caso il post non fosse gradito. Mai mi sarei immaginato di scrivere una cosa del genere, sulla lega. Però è stato qualcosa che ho provato dentro, di irrefrenabile. Sono pronto a prendermi tutte le critiche del mondo, non c’è problema. Grazie, in ogni caso, di aver dedicato tempo alla lettura di questo testo.

Ah, no, di solito né leggo né apprezzo “Il Fatto Quotidiano”. Il fatto che la vignetta provenga da lì va ben aldilà delle mie letture abituali. É puro caso.

qua sotto il trailer di Afghan Star.

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Link
Afghan Star official site
Pagina Wikipedia di Afghan Star

Via il fatto quotidiano

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