XKCD e la filosofia: Platone e il mito della caverna

Socrate si sarebbe potuto risparmiare un sacco di problemi se solo avesse comprato una torcia elettrica, una pistola sparatranquillanti, e qualche imbragatura di salvataggio.

(Vignetta e quote by sabas!)

Chi possiede anche solo una leggera infarinatura di filosofia, dovrebbe averla capita al volo e lollare di gusto, ma può darsi che non tutti posseggano le conoscenze adatte!
E qui entro in gioco io :D

Che cos’è il Mito della Caverna?
È la più famosa “parabola” di Platone, filosofo greco vissuto tra la seconda metà del 400a.C. e la prima metà del 300a.C. Il mito si trova nel libro settimo de La Repubblica, uno dei più importanti testi filosofici e politici di sempre.
Copio spudoratamente la trama da Wiki, che è scritta breve e comprensibile:
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Si immaginino dei prigionieri che siano stati incatenati, fin dall’infanzia, nelle profondità di una caverna. Non solo le membra, ma anche testa e collo sono bloccati, in maniera che gli occhi dei malcapitati possano solo fissare il muro dinanzi a loro.
Si pensi, inoltre, che alle spalle dei prigionieri sia stato acceso un enorme fuoco e che, tra il fuoco ed i prigionieri, corra una strada rialzata. Lungo questa strada sia stato eretto un muricciolo, lungo il quale alcuni uomini portano forme di vari oggetti, animali, piante e persone. Le forme proietterebbero la propria ombra sul muro e questo attrarrebbe l’attenzione dei prigionieri. Se qualcuno degli uomini che trasportano queste forme parlasse, si formerebbe nella caverna un’eco che spingerebbe i prigionieri a pensare che questa voce provenga dalle ombre che vedono passare sul muro.
Mentre un personaggio esterno avrebbe un’idea completa della situazione, i prigionieri, non conoscendo cosa accada realmente alle proprie spalle e non avendo esperienza del mondo esterno (si ricordi che sono incatenati fin dall’infanzia), sarebbero portati ad interpretare le ombre “parlanti” come oggetti, animali, piante e persone reali.
Si supponga che un prigioniero venga liberato dalle catene e sia costretto a rimanere in piedi, con la faccia rivolta verso l’uscita della caverna: in primo luogo, i suoi occhi sarebbero abbagliati dalla luce del fuoco ed egli proverebbe dolore. Inoltre, le forme portate dagli uomini lungo il muretto gli sembrerebbero meno reali delle ombre alle quali è abituato; persino se gli fossero mostrati quegli oggetti e gli fosse indicata la fonte di luce, il prigioniero rimarrebbe comunque dubbioso e, soffrendo nel fissare il fuoco, preferirebbe volgersi verso le ombre.
Allo stesso modo, se il malcapitato fosse costretto ad uscire dalla caverna e venisse esposto alla diretta luce del sole, rimarrebbe accecato e non riuscirebbe a vedere alcunché. Il prigioniero si troverebbe sicuramente a disagio e s’irriterebbe per essere stato trascinato a viva forza in quel luogo.
Volendo abituarsi alla nuova situazione, il prigioniero riuscirebbe inizialmente a distinguere soltanto le ombre delle persone e le loro immagini riflesse nell’acqua; solo con il passare del tempo potrebbe sostenere la luce e guardare gli oggetti stessi. Successivamente, egli potrebbe, di notte, volgere lo sguardo al cielo, ammirando i corpi celesti con maggior facilità che di giorno. Infine, il prigioniero liberato sarebbe capace di vedere il sole stesso, invece che il suo riflesso nell’acqua, e capirebbe che “è esso a produrre le stagioni e gli anni e a governare tutte le cose del mondo visibile e ad essere causa, in certo modo, di tutto quello che egli e suoi compagni vedevano”.
Resosi conto della situazione, egli vorrebbe senza dubbio tornare nella caverna e liberare i suoi compagni, essendo felice del cambiamento e provando per loro un senso di pietà: il problema, però, sarebbe proprio quello di convincere gli altri prigionieri ad essere liberati. Infatti, dovendo riabituare gli occhi all’ombra, dovrebbe passare del tempo prima che il prigioniero liberato possa vedere distintamente anche nel fondo della caverna; durante questo periodo, molto probabilmente egli sarebbe oggetto di riso da parte dei prigionieri, in quanto sarebbe tornato dall’ascesa con “gli occhi rovinati”. Inoltre, questa sua temporanea inabilità influirebbe negativamente sulla sua opera di convincimento ed, anzi, potrebbe spingere gli altri prigionieri ad ucciderlo, se tentasse di liberarli e portarli verso la luce, in quanto, a loro dire, non varrebbe la pena di subire il dolore dell’accecamento e la fatica della salita per andare ad ammirare le cose da lui descritte.
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Prima di spiegare brevemente che significato ha questo mito, vorrei introdurvi alla filosofia di Platone.
Platone è il filosofo delle idee: la verità e l’essere, risiedono nel concetto, nelle idee e non nelle cose terrene.
Tuttavia, i suoi scritti parlano di cose molto concrete, materiali: politica principalmente; questo perché, così come il suo maestro Socrate, era convinto che la filosofia dovesse essere saggia, pratica: era la scienza che coniugava il fare e il sapersi servire di ciò che si fa.

L’evento che condizionerà tutta la vita e il pensiero di Platone è la morte del suo grande maestro, Socrate, il primo martire della libertà di pensiero, condannato a morte per via delle sue idee “rivoluzionarie” sull’etica e sulla conoscenza che minavano i cardini della società ateniese del tempo (ma questo è un altro discorso, sull’Internet trovate come sempre molto materiale). Questa morte brutale e incomprensibile agli occhi del giovane Platone farà sì che egli contrapponga un piano ideale, che è il solo vero e reale, di valori (giustizia, virtù, bene) a quello della realtà dei fatti tangibili, che è invece illusoria. Insomma, una sorta di Morpheus di Matrix: la verità non è ciò che vediamo, ma quello aldilà di ciò che percepiamo con i sensi.
Ecco quindi il netto predominio dell’anima sul corpo, della mente sui sensi.

Domanda fondamentale che si pone Platone è: “Che cos’è la giustizia?”. Ma prima di stabilire la conoscenza della giustizia, bisogna imparare a conoscere! Socrate era convinto della continua ricerca della conoscenza (il famoso “So di non sapere”) e si era quindi incagliato (passatemi il termine) senza trovare una risposta. Platone supera questa situazione di stallo, concependo la conoscenza come ricordo: “Conoscere è ricordare”.
Ma ricordare cosa? Ciò che si è vissuto nel mondo delle idee! L’anima infatti proviene da questo mondo delle idee, dove ha già conoscenza delle idee di virtù, di bene, di male, etc. Quando “cade” sulla terra, si dimentica di queste idee finché non le ritrova, ovvero di fronte a un atto di coraggio capisce, grazie al ricordo, che quella è virtù! L’anima ha delle predisposizioni alla conoscenza che non sono determinate dai sensi ma che si manifestano al contatto con l’esperienza, con le cose, e che ci fanno ricordare la verità; questa è una grande novità nel mondo greco, dove non esisteva il concetto di anima immortale.

Finalmente eccoci alla spiegazione del Mito : siccome siete nerd intelligenti, già dovreste aver capito che Platone identifica Socrate in quel filosofo a cui, conosciuta la verità, nessuno crede, e anzi addirittura rischia la morte.
Ovviamente però la storia non vuole essere solamente un richiamo alla vicenda socratica, ma anzi una summa delle idee platoniane: questa immagine spiega bene i vari significati:


A sinistra trovate i vari soggetti (ombre, cose, fuoco etc), nella prima colonna di sinistra vi è l’interpretazione della realtà cioè: ombre-immagini (arte e sogni), oggetti fisici-cose, fuoco-sole, cose riflesse nell’acqua-enti matematici e geometrici, natura-idee e infine Sole-idea del bene. L’ultima colonna a destra raccoglie i significati in base al tipo di conoscenza.

Purtroppo la mia “lezione” di filosofia finisce qua, sennò non finiamo più e ci incastriamo in lunghe spiegazioni che non possono essere riassunte. Spero di essere stato chiaro e comprensibile, e sopratutto di non aver commesso errori (mica sono laureato in filosofia, lol).

Lo sapevate? Nell’affresco La Scuola di Atene di Raffaello, Platone è al centro, a sinistra, con la barba lunga, e con un dito che indica il cielo, il mondo delle idee, superiore, che racchiude la verità. Sapevatelo!
Lo sapevate? Nello stesso affresco, in basso a destra, ci sono due tizi appoggiati scompostamente a una colonna, uno dei quali sta prendendo appunti. Ebbene, sono i due protagonisti dei due album dei Guns n’Roses Use your Illusion. Sapevatelo!

Approfondimenti:
Platone
Socrate
Mito della caverna
– Vignetta originale su XKCD.

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