Videogiochi e arte: il Giappone insegna, l’occidente impara (’95-’00)

Il viaggio continua. Attraverso le due epoche precedenti, abbiamo osservato la crescita e l’evoluzione in ambito culturale del videogioco. Ci ritroviamo così nel lontano 1995, nel pieno degli anni novanta. L’epoca del grunge stava per volgere al termine ed una miriade di boyband iniziavano ad invadere la società come mai prima di allora. Ma, ovviamente, non è questo ad interessarci.

Ciò che ci interessa, come per quanto riguardò la musica, è il netto taglio tra gli anni precedenti e quelli immediatamente successivi, taglio che si può inserire in una precisa data: il 3 dicembre del 1994, ovvero la nascita della Playstation.

Tutto cambiò, dalla diffusione, all’approccio, fino ad arrivare alla vera e propria concezione di videogioco. Il mercato non si espanse semplicemente, ma esplose, portando i propri detriti, i propri resti, nei meandri più sconosciuti e nascosti della società “extra-videoludica”. Lara Croft e Crash Bandicoot, giusto per fare qualche esempio, divennero le nuove icone di quest’epoca così sfarzosa ma volutamente (perché di volontà si trattava) commerciale.
Certo, il divertimento rimase alto, è innegabile. Ma lo sfarzo della grafica tridimensionale aveva fatto dimenticare come un videogioco necessitasse ben più di tanta bella azione e di ottime scene coreografate. I contenuti divennero merce rara.

Fortunatamente, non tutti la pensavano così. Consci delle potenzialità delle macchine dell’epoca e approfittando dell’enorme spazio concesso dal supporto CD-ROM, alcuni programmatori verterono verso una direzione che ancora oggi molti altri videogiochi inseguono: il concetto di “Movie Inside a Game”.

Ecco allora apparire, davanti ai nostri occhi, veri e propri capolavori capaci, per la prima volta nella storia, di dare vita ad un filone, ad uno stile di videogioco, che tutt’ora non si è esaurito, evolvendosi invece in qualcosa di sempre più complesso e sempre più vicino ai grandi film del passato e del presente.

Interessante notare come questa spinta venisse da una particolare regione, cioè il Giappone. Gli JRPG hanno vissuto veramente la loro epoca d’oro durante l’era Playstation, apice forse mai più raggiunto. Gli americani, invece, erano troppo occupati a contare i soldi ricavati dalla vendita dei propri action adventure testosteronici per poter scrivere più di due righe dotate di qualsiasi profondità emotiva. Fortunatamente le piccole case indipendenti si fecero valere come non mai, rivalutando successivamente l’intero ambiente occidentale.

Gli esempi più vividi sono i seguenti:

Final Fantasy VII (1997)

Unico capitolo capace di tenere testa al sesto della serie, FFVII è ricordato per varie caratteristiche, ovvero storia, personaggi e, soprattutto, i bellissimi filmati in CG. Fu il primo a comprendere come quest’ultimi potessero veramente spingere il giocatore, anche quello occasionale, a rimanere letteralmente incollato allo schermo anche solo per vedere il video successivo. Ma non era semplice esibizione: la trama, infatti, finiva con l’essere esaltata, non oscurata. I contenuti potevano passare anche attraverso un’ottima regia, convivendo perfettamente, senza rinunciare all’una o all’altra indistintamente. C’è su PSN, non fatevelo sfuggire.

Final Fantasy VIII (1999)

Altro capitolo, altra poesia. Malgiudicato in passato, FFVIII è invece una perla incontrastata della saga, che chiude ottimamente un periodo davvero d’oro per la serie. Dotato di una delle colonne sonore migliori che l’ambiente interattivo ricordi, aveva veramente tutte le carte in regola per diventare una vera e propria pietra miliare. Aveva però un difetto: L’essere nato dopo Final Fantasy VII. Oggi lo si può rispolverare in modo decisamente più oggettivo, con il cuore finalmente liberato dalla storia precedente raccontata da Cloud e compagni. Anche lui è su PSN, volete fare una cosa giusta? Scaricatevi prima questo, poi il settimo. Valuterete tutto in un’ottica decisamente migliore.

Xenogears (1998)

Non muoviamoci troppo, non è il momento, restiamo invece in casa Squaresoft. Ingiustamente sottovalutato, Xenogears è l’altro campione tra gli JRPG dell’epoca. Dotato di una trama di prim’ordine e affiancato da alcuni dei personaggi meglio caratterizzati della storia videoludica, egli è ciò che possiamo definire un vero e proprio anime interattivo. Peccato aver perso buona parte di quanto Xenogears aveva proposto. Oggigiorno, trovare titoli simili è davvero sempre più difficile.

The Legend of Zelda: Ocarina of Time

É il punto di riferimento della saga. Questo basta a farci capire il grande valore di questo titolo. Grafica, storia e musica sono tutti allo stesso livello. Difficile trovare altri esempi in ambito videoludico. Un modello perfetto, da giocare e rigiocare più volte, rimanendo sempre affascinati ed incantati come non mai. Se non ci avete mai giocato, tra poco uscirà per 3DS. Sicuramente un acquisto obbligato.

Oddworld: Abe’s Oddysee (1997) e Exodduss (1998)

Finalmente ci spostiamo dall’ambiente nipponico, per vertere su questo titolo di stampo occidentale. Qua, a dire il vero, la trama ha davvero ben poco a che fare. L’originalità di Abe risiede sicuramente nell’atmosfera, oppressiva, sporca e soffocante, ma allo stesso tempo sapientemente ironica. I vari stage da affrontare, divertenti e cervellotici, sono affiancati da un design di prim’ordine. Per essere famosi non è necessario essere belli. In tal caso, questa regola funziona.

Kula World (1998)

Design design design. Prendete una palla, mettetela dentro una serie di percorsi, mano a mano più difficili e date sfogo al vostro cervello. Ricordato per aver fatto venire la nausea a ben più di un giocatore, Kula World è semplicemente geniale. PSN anche per lui, da non provare sotto l’effetto di sostante psicotrope. Peggiora solo la situazione.

Infine, i campioni dell’epoca:

Half-Life (1998)

Prima di lui, nessun videogioco aveva mai immaginato un tale livello di coinvolgimento. Half-Life si discosta completamente dal concetto di immersione cinematografica che abbiamo riscontrato fino ad ora. In Half-Life il giocatore è il gioco, non un semplice burattinaio che controlla un personaggio all’interno di un’ambiente virtuale. Un’esperienza unica, soprattutto se vista con gli occhi dell’epoca. Gli ottimi script e un’elevata intelligenza artificiale dei nemici chiudevano il cerchio. Menzione d’onore a Gordon Freeman, il primo a mostrare che i nerd sarebbero gli unici a salvarsi in caso di catastrofi extradimensionali.

Metal Gear Solid (1998)

Cosa si può dire che non sia stato già detto su questo videogioco? Il taglio cinematografico di Kojima è evidente, ogni cut-scene, ogni dialogo, ogni azione è costruita e realizzata veramente alla perfezione. Emotivamente toccante in più occasioni, è stato il primo videogioco che è riuscito a farmi scendere qualche lacrima(Sniper Wolf, sniff…). Un gioco così grandioso da riuscire a far passare inosservato il tremendo doppiaggio in italiano che aveva subito. Non ci farete caso, sarete troppo rapiti per notarlo. PSN pure per lui, comprate comprate comprate!

Citazioni speciali: Baldur’s Gate, Silent Hill, System Shock 2, Deus Ex, Heart of Darkness, Legacy of Kain: Soul Reaver, Resident Evil, Castlevania: Symphony of the Night, Vagrant Story, Panzer Dragoon.

Qui si conclude questo terzo capitolo, scusate per la lunghezza, ma certi giochi meritavano davvero ben più di due righe. Prometto che la prossima volta sarò decisamente più sintetico!

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