Cazza la randa, la barca a vela a “motore eolico”

Ero lì, tranquillo come una vacca indù a farmi i fatti miei che t’arriva Code2 a fomentare me e itomi:

Pagliaccioking, serve un post sulla barca a vela perchè:
Mezzo di locomozione + Energia Rinnovabile + Tua specializzazione in vela & co.
Non hai scampo, FALLO!
Ps. Anche Alessandro Randi (randO, n.d.randO) era velista o sbaglio?!

No, Code2 non sbagliava, oltre a conoscere dettagli particolari sulla mia ex, è anche a conoscenza del fatto che io abbia fatto vela nei “gloriosi” anni 80.
Propongo un post a due mani, la mia esperienza velistica passata, intervallata dai dettagli tecnici di itomi.
Dopo l’approfondimento, a voi il risultato di questa fantastica collaborazione:

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Da piccolo, come il 90% dei bambini della mia generazione, ho frequentato un corso di vela.
Abito in una città di mare, città che sembra andare in letargo tutti gli inverni nell’attesa dei primi tedeschi in pantaloncini troppo corti e ciabatte con calzini di troppo, che fanno colazione e concludono pranzo, merenda e cena con un buon cappuccino originale made in italy.
Ma questo è un altro paio di maniche, non calzini, fortunatamente.

Ad ogni modo, ho cominciato piuttosto piccolo questi corsi di vela e, ovviamente, ero nella categoria OPTIMIST, gli optimist quelle simpatiche barchette con la vela trapezoidale e lo scafo indiscutibilmente a forma di vasca da bagno, detto anche “scafo da bagno”, tipicamente rettangolare con chiglia piatta, prendono il nome di barca solo ed esclusivamente perchè, grazie al miracoloso principio di Archimede, non hanno la tendenza ad affondare… ma solo perché questa legge non prevede il ribaltamento (scuffiata, in termine tecnico), altrimenti sarebbero definite come “quei cosi con la Q stampata sulla vela.

CONTRIBUTO DI ITOMI
http://it.wikipedia.org/wiki/Barca_a_vela
http://it.wikipedia.org/wiki/Optimist

Non ho mai amato l’agonismo, ho sempre fatto vela per il puro piacere di guidare un mezzo di trasporto che non facesse dei metri in base al numero di pedalate prodotte dalle mie gambe ed era questa la cosa che piu’ mi affascinava: “sto guidando un veicolo che va senza che io muova circolarmente un paio dei miei arti”.

Occhio al “palloncino” tra l’albero e la randa (vela) e via andare di bolina, lasco, poppa, traverso, le 4 andature della vela.

Finché, un bel giorno, non dovetti fare i conti con la mia prima inevitabile regata.

CONTRIBUTO DI ITOMI
http://it.wikipedia.org/wiki/Regata

Desideravo troppo un optimist tutto mio, quel senso del possesso, che fu prealessandrino, e molto forte nell’infanzia (“mio mio mio”), non mi dava scampo, ma la frase di mio padre “ma perche’ non ti sei scelto uno sport meno ingombrante?” lasciava intuire che mai nella vita avrebbe speso 500.000 lire (parliamo degli anni ’80) per una vasca da bagno che fosse solo mia e non presa in prestito dal circolo velico, enfatizzando il tutto con un conciso “tanto tra un po’ ti stufi anche di questo sport, sarebbero soldi buttati via”.
Ok, grazie per la fiducia.

Così eccomi lì, sul sedile posteriore della Talbot Solara marrone metallizzato di mio padre, a fissare il paesaggio in movimento, fantasticando su come avrei chiamato una barca tutta mia e con una quintalata di peso morale sullo stomaco, sentendolo lamentarsi per l’aver caricato la barca sul portapacchi e dover fare non so quanti kilometri per portarmi alla mia prima regata che avrei sicuramente perso.
Ma, tutto sommato e’ meglio cosi’, meglio di quei padri agonisticamente frustrati che riversano sui propri figli tutte le aspettative competitive, esortandoli, stressandoli, terrorizzandoli nell’eventualita’ di un fallimento.
Io non ero terrorizzato dal fallimento, io ero fallito in partenza.

Bene, veniamo al presente: la regata è composta da due sessioni.
Guardo gli altri e hanno tutti delle barche più moderne della mia, ergo più leggere, ergo più veloci.
Guardo gli altri e hanno tutti la LORO barca alla quale hanno dato il nome che volevano LORO e, i LORO nomi, non hanno nulla a che fare con il nome della mia: GONGOLO.
Gongolo mi fa sentire un povero demente che maledice il fantasista del circolo velico che ha ben pensato di dare i nomi dei sette nani alle sette barche acquistate in blocco nell’ultimo anno per i corsi di vela categoria optimist; muoia nel sonno, metaforicamente parlando.

CONTRIBUTO DI ITOMI
http://it.wikipedia.org/wiki/Biancaneve_e_i_sette_nani

Mi avvicino alla barca giuria, temporeggiano, così decido di farmi un giretto qua e là aspettando la partenza.
Dopo un 40 minuti di virate e strambate in completa anarchia, ecco che vedo sparuti gruppetti di optimist veleggiare in lontananza, decido di avvicinarmi a loro per chiedere quando cominci la regata.
Li raggiungo e in risposta mi sento dire “tu sei pazzo, la regata è cominciata 30 minuti fa, vai subito dalla barca giuria a dirgli che non sei partito, prima che ti squalifichino”.
A riva i miei genitori sono in apprensione, sono dato per disperso, non avendomi visto e quindi registrato alla partenza e ai successivi passaggi di boa.
Ed eccomi qui, frustrato, di fianco alla barca giuria, ad aspettare che finisca la prima parte di due.
Finalmente finisce e sono sulla linea di partenza per la seconda.
Bandierine varie, strombazzate, gente che prende la rincorsa calcolando mentalmente il taglio della linea del traguardo per sincronizzarlo con la partenza, gente che stramba come non vi fosse un domani, gente che stimona come fosse indemoniata, io in mezzo a tutto ‘sto casino con Gongolo. ProntipartenzaviBBEEEEEEEP.

Tutto ok, forse sono ultimo, a metà regata il mare comincia a farsi grosso, il vento sempre più forte, il cielo sempre più greve e sempre meno optimist davanti a me.
Tengo d’occhio le boe e penso che sia impossibile che io abbia fatto l’errore della prima regata nonostante non veda nessuno di fronte a me.
Il mare ora è grossissimo, il vento mi costringe a sporgermi completamente fuori stando con il sedere su bordo, per contrastare l’intenzione del vento di ribaltarmi, punto i piedi sulla carrucola della scotta della randa e soffro, soffro ma è l’unico ricordo divertente che ho della mia esperienza velistica, l’optimist beccheggia, saltella, singhiozza e mi strattona, ma eccomi qui, sorridente, che tengo la scotta aiutandomi con i denti, per cercare di alleviare il dolore alla mano e sfido i due bastardi elementi della natura che si stanno accanendo contro me e la vasca da bagno presa in prestito.
Spero che GONGOLO stia soffrendo come me, più di me.

Sono alla boa, dopo un lasco sofferto ma velocissimo, strambo e torno di lasco (ai tempi la regata si faceva su 3 boe: partenza BOLINA, LASCO, LASCO, BOLINA, POPPA, BOLINA arrivo).

CONTRIBUTO DI ITOMI
http://it.wikipedia.org/wiki/Regata

Riguadagno il vento tra schiaffi d’acqua gelida e denti di carrucola che mi azzannano i piedi ed ecco che mi affianca un gommone della giuria: “ma sei matto??! cosa stai facendo ancora li’???!!”
io: “la seconda regata” e cazzo la randa.
Giuria: “ma noooo, torna a rivaaaaa, si sono ritirati tuttiiii! manchi solo teeee, non vedi che mareeee? sei pazzo??!!”

E così, in quel preciso istante, capisco di aver vinto la mia regata, si sono ritirati tutti, ma io avrei finito il mio percorso, se solo non mi avessero interrotto.

Ho il ricordo vago degli sguardi a riva, alcuni bambini mi guardavano stupiti come “quello che è rimasto fino alla fine”, alcuni che mi chiedono “ma non avevi paura??” e mia madre che “ma perché non sei tornato a riva con gli altri quando ha cominciato a fare brutto?” e la mia risposta, piuttosto semplice, di quella semplicità quasi disarmante tipica dei bambini: “perchè mi stavo divertendo”.

Su una trentina che eravamo, sono arrivato sesto, grazie all’ultima regata.
La mattina seguente, al centro velico, vengo accolto da un applauso, il che mi stupisce più di ogni altra cosa, fino al giorno prima ero lo sfigato indisciplinato che combinava sempre troppi casini, in compensazione al regime dittatoriale che mia madre imponeva in casa, ma qualcuno ha saputo come sono andate le cose e l’istruttore, in mia presenza, spiega a tutti che sono stato coraggioso e che, con il mio spirito, ho un futuro nella vela.
Infatti quello è stato l’ultimo anno nel quale ho frequentato il corso di vela, da lì a tot anni a seguire non avrei più portato una barca a vela.

Molto metaforica questa storia, molto metaforica.”.

CONTRIBUTO DI ITOMI
http://it.wikipedia.org/wiki/Metafora

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L’avete veramente letta tutta?!
Bambini, ora ringraziamo tutti itomi per il suo contributo: “graaaazieee itooomiiii”.

ps:”il primo che fa una battuta tra “cazza” e “cazzo” e tra “randa” e “rando”, vince un buono pasto di emorroidi di pazqo”.

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M'illumino di meno
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