10 popoli in cerca di indipendenza

Pubblico questo :bazinga: di Akiyama, interamente tradotto da un articolo inglese da lui stesso. Direi che con questa si merita l’ingresso nel mondo autori, me lo auguro fortemente…al Capo la decisione ;)

Ecco una lista di 10 tra le più rappresentative “aspiranti nazioni” che reclamano la loro indipendenza sulla base di argomenti a volte più che giustificati, a volte completamente campati in aria:

Scozia
La Scozia è stata annessa formalmente all’Inghilterra sin dal 1707, quando le due nazioni sciolsero i loro rispettivi Parlamenti e si unirono per formare il Regno Unito. Tuttavia, anche dopo secoli e secoli sotto il giogo di Londra, gli scozzesi si considerano ancora un paese a parte e periodicamente premono per ottenere l’indipendenza.
Lo Scottish National Party (SNP), che sostiene la piena indipendenza dall’Inghilterra, fu fondato nel 1934 ed ottenne il suo primo seggio in Parlamento nel 1967. Nel 1999 la Scozia elesse il suo primo Parlamento dopo ben 300 anni (nonostante la Regina Elisabetta II ne apra formalmente la sessione di inizio lavori – tanto per ricordar loro chi comanda). Il Parlamento scozzese controlla la politica interna della Scozia, mentre Westminster gestisce tutto il resto. Per questa ragione la Scozia può proibire di fumare nei luoghi pubblici, mentre il resto del Regno Unito continua a fumare indefessamente ovunque. Lo SNP ha vinto le elezioni parlamentari nazionali scozzesi nel 2007 ed ha periodicamente incitato la Scozia ad indire un referendum sin da allora. Anche se il referendum riuscisse a passare, però, non sarebbe vincolante fintantochè non fosse approvato dal Parlamento britannico.

I Paesi Baschi
Quando diverse regioni vengono unite insieme come in un colorito patchwork per formare una nazione è spesso merito di un governante dal pugno di ferro. Nel caso della Spagna moderna l’uomo che riuscì nell’impresa fu il dittatore Francisco Franco, che dettò legge in Spagna dal 1939 al 1975. Una delle sfide più ardue del suo governo fascista fu quella di sottomettere definitivamente le aspirazioni di indipendenza delle varie comunità linguistiche presenti nella penisola iberica, in special modo la Catalogna e i Paesi Baschi. Nel 1959 il governo di Franco bandì ufficialmente l’uso del basco, in modo da iniziare a soggiogare il popolo a cui spesso si fa riferimento come alla “prima razza indigena in Europa”. (Il basco non ha nessun collegamento diretto con altre lingue parlate nell’Europa occidentale). Franco inoltre proibì i concili per la semi-autonomia dei baschi e la loro potestà esattoria. Il risultato di questo provvedimento fu che un nuovo agguerrito movimento per l’indipendenza iniziò a farsi strada: per questo nacque il gruppo terrorista dell’ETA (Euskadi Ta Askatasuna = Paese Basco e Libertà). Agendo fuori dal territorio basco, per di più nel nord-est della Spagna, l’ETA non si è fatta nessuno scrupolo a piazzare ordigni che in mezzo secolo di attività hanno ucciso oltre 820 persone. Fortunatamente, la repulsione della gente nei confronti dei loro atti fece far loro marcia indietro, visto che contrastava con la loro idea di nazionalismo basco, quindi dichiararono il “cessate-il-fuoco” nel settembre del 2010, promettendo di perorare la causa dell’indipendenza basca attraverso i pacifici mezzi democratici a disposizione in Spagna.

Tibet
Sulla base di antichi registri imperiali Pechino sostiene che la sovranità cinese sul Tibet sia da ricercare secoli fa, nonostante queste fonti siano molto dubbie secondo alcuni storici e nazionalisti tibetani. Nel 1950 le truppe cinesi invasero la regione, sbaragliando la fragile armata tibetana ed obbligando il governo del Tibet a siglare il famigerato 17-Point Agreement, che affermava la sovranità della Cina sul Tibet, garantendo, però, una certa autonomia ai tibetani. Alcuni membri del Consiglio di Stato Tibetano, comunque, affermarono di non aver mai accettato il suddetto accordo. Una violenta repressione nel 1959 sui ribelli tibetani portò alla fuga del 14° Dalai Lama in India, dove dichiarò l’invalidità di quel documento, in quanto la firma a quel documento fu estorta con la forza dal suo popolo.
Il Dalai Lama ha trascorso i 50 anni e più del suo esilio chiedendo alla Cina la libertà per la sua terra natale. Invano.

Ossezia del Sud
Gli ossezi sono i discendenti degli Alani, una tribù un tempo rinomata per la loro abilità di arcieri a cavallo. L’Ossezia del Sud, invece, è il prodotto di tempi più recenti: separata dal Nord Ossezia per favorire i brogli elettorali moscoviti (secondo la pratica del gerrymandering), fu poi sussunta dal nuovo stato indipendente della Georgia dopo la caduta dell’URSS. Ciò non piacque molto agli ossezi, i quali combatterono l’ingiustizia verso la fine del 1990, il che causò circa 1000 morti. Una tregua fu dichiarata nel 1992, calmando un po’ gli animi ed abbassando la tensione, ma una rapida escalation (provocata dal bombardamento di una città del Sud-Ossezia da parte dei georgiani) porto allo scoppiò di una vera e propria guerra nel 2008, con le truppe russe ad aiutare sia gli ossezi che i separatisti dell’Abkhazia, un’altra repubblica de facto indipendente dalla Georgia. Nonostante abbiano ottenuto sul campo il riconoscimento nominale come nazione, nè l’UE nè gli USA riconoscono come valida la loro emancipazione dalla Georgia.

Kurdistan
Dopo la caduta dei grandi imperi e la nascita di nuove molteplici nazioni nella zona compresa tra l’est europeo ed il Medio Oriente, si può certamente sostenere che il Kurdistan fu trattato iniquamente. Infatti, esso fu “divorato” dai confini di Iran, Siria, Iraq e Turchia. Ad oggi, la maggior parte della popolazione del Kurdistan(circa 30 milioni di anime) vive in questi territori contigui tra loro, ma appartenenti a Stati diversi, rappresentando una minoranza etnica in ognuno di essi. In un vano tentativo di rimuovere l’idea di identità nazionale curda, essi furono etichettati dalla Turchia come “turchi di montagna” e proibirono l’uso della lingua curda fino al 1991. Un gruppo di ribelli curdi, il PKK (partito di lavoratori curdi), sollevò una pesante e sanguinosa rivolta negli anni ’70 che portò ad oltre 30.000 morti. Recentemente le ostilità tra i due popoli sono quasi del tutto scomparse, ma la tensione rimane. I curdi iracheni hanno avuto più fortuna: in seguito all’invasione americana del 2003 il Kurdistan iracheno (già sostanzialmente autonomo da Baghdad dalla fine della Guerra del Golfo nel 1991) ha vissuto una relativa stabilità e persino un boom economico.Forse con grande dispiacere dei nazionalisti curdi più radicali, il più grande sponsor della regione è attualmente proprio la Turchia.

Quebec
Il Quebec finì sotto il controllo degli inglesi nel 18° secolo, ma la nostalgia per il suo passato francese è rimasta, e non soltanto nel famoso motto della provincia francese: “Je me souviens” (trad. “io mi ricordo”). Nel Quebec, infatti, praticamente tutti parlano francese: secondo il censimento del 2006 l’85% dei suoi abitanti ha indicato il francese come propria lingua madre (a differenza delle altre province canadesi dove il 90% indica l’inglese). Gli abitanti del Quebec furono molto vicini ad ottenere l’indipendenza quando nell’ottobre del 1995 una differenza di appena 53.000 voti (su 7.5 milioni di voti in totale) impedì ai secessionisti di ottenere il mandato per l’indipendenza. Attualmente, il movimento ha perso molto della foga che l’aveva animato negli anni ’90, più che altro grazie alla potente spinta del “Bloc Québécois” in Parlamento. Il partito resta il più popolare del Quebec, ma adesso si limita a promuovere e garantire gli interessi della popolazione francofona, proteggendola dalle ingerenze degli anglofoni, abbandonando quasi ogni vezzo di secessione dal Canada.

Sahara dell’Ovest
L’ex-colonia spagnola è un territorio scarsamente popolato (meno di 500.000 anime) che si estende tra la Mauritania ed il Marocco. Nel 1979 il Marocco aveva già progressivamente annesso tutto il Sahara dell’Ovest, ignorando le proteste di un solido gruppo di indipendentisti, alla cui testa vi era il Polisario Front. Nelle decadi che si sono succedute da allora, dei significativi presidi militari marocchini hanno tenuto in scacco i guerriglieri di Polisario; i secessionisti controllano soltanto una striscia di terreno, per lo più inabitata nell’est del Sahara dell’Ovest. Un “cessate-il-fuoco” fu ordinato dall’ONU nel 1991, aprendo le porte per un referendum nell’intero paese, ma le votazioni devono ancora iniziare, dovendo vincere la resistenza del Marocco, che intende mantenere la sovranità su quel territorio. Tuttavia, molti sahariani vivono in pessime condizioni sotto il dominio marocchino. Nel novembre del 2010 c’è stata una rivolta in un campo di circa 12.000 sahariani: secondo i resoconti almeno una persona è morta in seguito all’intervento marocchino volto a sedare la rivolta.

La Repubblica di Cascadia
La Repubblica di Cascadia unirebbe in una sola nazione il Washington State, l’Oregon e la British Columbia. I fautori di questo improbabile nuovo Paese (che ha pochissime chance di diventare realtà) sostengono che i circa 14 milioni di residenti di Cascadia dovrebbero richiedere l’indipendenza dal governo oppressivo di Canada e USA, questo è quello che scrivono nel loro sito ufficiale: “Per troppo tempo il nostro popolo ha sopportato l’indifferenza delle grandi sedi del potere”. I promotori di questa bizzarra secessione si rifanno alle parole di Thomas Jefferson, che apparentemente non aveva intenzione di includere quei 3 Stati nel suo progetto di unione degli Stati Uniti d’America. Cascadia è piena sia di risorse naturali che industriali, visto che ospita grandi aziende com Microsoft, Amazon, Starbucks e Nike e ha l’Holliwood del Nord a Vancouver, quindi sicuramente prospererebbe senza problemi. Dal punto di vista socio-politico sarebbe uno degli Stati più liberali del mondo: mentre i conservatori sono molto presenti nell’est contadino di Washington State e Oregon, i liberali occupano tutte le grandi metropoli come Seattle, Portland e Vancouver, dove tutto ciò che è eco-friendly ed organico regna supremo. Inoltre, sempre negli USA, un movimento molto più conservatore spinge per far dichiarare l’Alaska, territorio vastissimo e remoto, un paese indipendente.

Padania (sigh!)
Nonostante Roma sia molto antica, l’Unità d’Italia avvenne soltanto nella seconda metà del 19° secolo. Le differenze regionali sono rimaste, dunque, immutate: uno dei gruppi di attivisti più affiatato è quello della Lega Nord, un partito politico fondato nel 1991 da quel secessionista di Umberto Bossi. L’Umberto sostiene che il Sud povero non è altro che un peso per il più ricco ed industrializzato Nord, secondo lui la Lega Nord guarda, sia letteralmente che figurativamente, dall’alto verso il basso tutto il resto dell’Italia. :facepalm:
Nel 1996 Bossi si azzardò addirittura a dichiarare la Padania una repubblica indipendente; la dichiarazione non sortì alcun effetto giuridico, ma adesso esiste una squadra di calcio padana (NON riconosciuta dalla FIFA). La secessione potrebbe sembrare eccessiva a chi guarda la cosa dall’esterno, ma al giorno d’oggi l’estremamente aggressiva Lega Nord insiste con la sua politica anti-immigrazione e chiede sempre più autonomia, il famigerato “federalismo fiscale”, facendosi forza sul discretamente vasto consenso elettorale (ahimè). Bossi, alleato del primo ministro Silvio Berlusconi, continua, ad oggi, a guidare il partito.

Vermont del Sud
Formatasi nel 2003 su iniziativa del professore emerito alla Duke University Thomas Naylor, la Seconda Repubblica del Vermont si autodefinisce come “una rete di cittadini non violenti” che ha come obiettivo l’indipendenza per il Vermont e la dissoluzione dell’Unione. Questo in opposizione alla “tirannia dell’America lobbista e del governo degli USA”. In questo modo, come Naylor disse a Time nel 2010, il popolo del Vermont non sarebbe stato “forzato a partecipare all’uccisione di donne e bambini nel Medio Oriente”. Il gruppo vorrebbe che il Vermont indipendente si auto-sostenesse grazie alle numerose fattorie ed ad un sistema economico interno, in modo da non dover dipendere da nessun altro. Il disegno della loro bandiera si basa su quella di un movimento secessionista del Vermont nel 18° secolo.

Fonte: The Time

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