Ad oggi quante armi esporta l’Italia?

LEGANERD 035392

E’ cosa vecchia e risaputa il fatto che la FIAT anni fa (neanche troppi) vendesse le mine antiuomo all’Israele e le ambulanze alla Palestina, un modo che personalmente associo al “Prima te li facciamo saltare e poi li ricoveriamo”.
Ma oggi, che l’azienda costruttrice di automobili italiana per eccellenza non produce più mine, quante sono le armi che esportiamo?

Nel 2009 l’Italia è stata, per il quinto anno consecutivo, il primo paese al mondo per esportazioni di “armi da fuoco” (firearms) di tipo non militare. Brasile(186.000.000) , Germania (127.000.000) e Stati Uniti (114.000.000) son stati preceduti dalla nostra amata “penisola calzaria”, con un ammontare di ben 250.000.000 (duecentocinquantamilioni) di armi da fuoco esportate fuori dal proprio territorio.

I dati son stati forniti dal registro dell’Onu sul commercio internazionale (UN Comtrade) che alla voce SITC Rev.1 – Selected commodities: 89431 (Firearms, excluded military weapons) fornisce i dati relativi alle esportazioni e importazioni mondiali di questa particolare tipologia di prodotti.
Una riflessione: Per chi guarda questa statistica è ovvio che gli Stati uniti abbiano la maggior parte del fatturato interno delle armi, li sono legali, qui parliamo di esportazione.
Continuiamo.

Ovvio che i dati potrebbero essere inesatti, in quanto i paesi son soliti non fornire all’ONU dati realistici ma possiamo comparare con degli altri dati: Quelli delle munizioni vendute.
Se nello stesso database (citato prima con la sigla) compariamo un’altra categoria (HS 93) cioè quella che riguarda “armi e munizioni, loro parti e accessori” (Arms and ammunition; parts and accessories), notiamo che l’Italia risulta al secondo posto (640Milioni$) dopo gli Stati Uniti (3,4 miliardi$). Tenete sempre ppresente che negli Stati Uniti la vendita di munizioni è legale per ovvi motivi. Al terzo posto c’è il Regno Unito (con 591 milioni $), poi seguono Germania e Federazione russa, rispettivamente con 554 e 495 Milioni di $.

Per quanto riguarda le munizioni italiane anche l’ISTAT ha confermato questi numeri
registrando esportazioni dal Belpaese di oltre 943 milioni di euro: si tratta di un record ventennale, che si aggiunge a quello per gli armamenti di tipo militare.

Per quanto riguarda le “armi da fuoco” (escluse quelle militari) riportate dal registro Onu (SITC Rev.1 – 89431) il maggior acquirente (si parla sempre del 2009) fu proprio l’America, o meglio: Gli Stati Uniti, con oltre 104 milioni di dollari, seguiti da Francia (23) e Russia(20) che ufficialmente ha comprato da “noi” 19.192 armi.
Seguono Regno Unito, Germania, Spagna e Grecia e poi si trova la prima sorpresa: la Libia che con oltre 6 milioni di dollari ($ 6.136.275) e 3.706 armi per un peso complessivo di oltre 10mila chili è l’ottavo acquirente di “firearms” italiane (CIT.).

Nello stesso anno in Libia “abbiamo” venduto quasi 11 milioni di dollari di “arms and ammunition” (HS 93): un dato confermato dal database dell’Istat che, per lo stesso anno, riporta oltre 8 milioni di euro di esportazioni di “armi e munizioni”.
Da notare che nel 2006 queste esportazioni non superavano i 1.394 euro; a me vien da pensare che i venditori libici di armi sportive, da difesa e da caccia abbiano trovato nell’Italia (viste le date concedetemi: di questo governo) un nuovo e quanto mai disponibile fornitore.

Gli Emirati Arabi Uniti: nel 2009 hanno importato quasi 2 milioni di dollari ($1.897.850) di “armi da fuoco”, ma secondo l’Istat sono oltre 28 milioni di euro le esportazioni di “armi e munizioni” verso Abu Dhabi nell’ultimo biennio.

Calcolando che quest’anno c’è stata una recente proposta di modifica della legge 185 del 1990 che intenderebbe “rendere le norme più consone alle mutate esigenze del comparto per la difesa e la sicurezza sia istituzionale che industriale”, la mia domanda è: ha senso, o meglio: è etica questa strategia commerciale?
A voi la parola.

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