Il bambino delle barrette Kinder

A parte che i dolci non sono mai stati una mia passione, e il Kinder Cioccolato è entrato in casa mia di rado, portato da qualcun altro, io della celebrità sono stato orgoglioso solo all’inizio, per scherzare con i miei compagni di scuola, poi basta. Mi faceva sorridere quando qualche cassiere di drogheria mi riconosceva. Poi per fortuna sono cresciuto e cambiato. I miei mi hanno educato a essere modesto e discreto, alla mia privacy ci tengo”.
E solo gli amici d’infanzia sapevano la verità, lui non l’aveva mai raccontata a nessuno, neppure alla moglie Evi né ai figli Johannes e Florian. Si era fatto una propria vita normalissima, che ha compreso vari mestieri, dall’autista al commesso viaggiatore, dal tecnico delle luci appunto al cameraman. E anche un tumore, dieci anni fa. Curato e vinto: “Ho sempre avuto fortuna, nella mia vita. E la malattia mi ha reso anche un po’ più saggio”, dice sorridendo dello stesso sorriso che ha convinto i bambini di tutto il mondo per decenni.
E’ stata anche questa seconda vita che gli è stata regalata dal destino a convincerlo a raccontare la prima. Cioè quella seduta fotografica a cui la madre, che lavorava nella pubblicità, lo portò perché tutti dicevano che era un bambino bellissimo (“cosa che odiavo: mi davano del bambolotto, mi dicevano che avevo le ciglia lunghe e io me le tagliavo”). Una seduta quasi traumatica: “Mi facevano in continuazione sorridere, e mentre lo facevo tra me e me insultavo più pesantemente che potevo il fotografo. E’ la prima cosa a cui pensavo sempre quando mi rivedevo sulle confezioni Kinder”.
Il compenso, 300 marchi tedeschi: “Tutti pensano che sia diventato ricco. E in effetti lo ero, quei soldini alla mia età non erano pochi. Mia madre me li mise in banca fino alla maggior età, ma li usai per pagare delle multe prese in motorino. Avrei potuto chiedere che mi fossero riconosciuti tutti i diritti sull’immagine, ma non mi importava”. Dal libro.

Ha sorriso ai bambini italiani e di mezzo mondo negli ultimi 42 anni.
Adesso Günter Euringer non sorride più. Il bambino del Kinder Cioccolato, le classicissime barrette al latte della Ferrero, è cambiato: l’azienda di Alba ha ridisegnato la confezione nel 2005 cambiando il bambino immagine.
Addio al caschetto anni Settanta, addio a quella camicina a righe bianco-rosse un po’ fanè, addio agli occhioni blu, addio al faccino pulito da cocco di mamma: adesso c’è un ragazzino cacacatso di Bologna dal viso pienotto, la polo arancione e il sorriso un po’ da castoro.
All’epoca la scelta gestionale della Ferrero creò una mezza rivolta su internet; vennero bombardati di email (alle quali ha risposto parlando di “volontà di conferire una maggiore dinamicità e modernità alla confezione”), nacquero dibattiti e un trafficatissimo blog messo in piedi da due adolescenti campani.
Alla fine uscì allo scoperto anche “il bambino che fu” (“E’ un caso se lo faccio adesso, davvero: semplicemente, sento che finalmente c’è sufficiente distanza tra quel bambino e me. Una distanza interiore, intendo”) e pubblica una sua autobiografia, Das kind der schokolade (quindi non del tutto a caso…).
Günter Euringer ora è un 47enne di Monaco.
Nella vita fa il cameraman, lavora in uno studio nella capitale della Baviera e in molti programmi televisivi, dall’Ispettore Derrick agli spot pubblicitari.

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